Cristina Costarelli, preside del “Newton” di Roma e Presidente ANP Lazio, spiega il successo degli istituti scientifici
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I primi dati sulle iscrizioni scolastiche alle prime classi delle superiori 2023-2024 confermano le impressioni della vigilia e i trend in corso da qualche anno. I licei Scientifici dominano sempre più la scena: li ha scelti oltre 1 studente su 4 (il 26,1%), con un ulteriore +0,1% rispetto a dodici mesi fa. Un indirizzo che, di fatto, da solo ottiene quasi lo stesso riscontro di tutti gli Istituti Tecnici messi insieme, che si attestano al 30,9% delle preferenze, comunque in crescita anche loro (per il 2022-2023 attirarono il 30,7% della platea). Più in generale, i licei convincono la maggior parte dei ragazzi, ben il 57,1% (nella precedente tornata furono il 56,6%). L’unico “buco nero” è rappresentato dal liceo Classico, che perde consensi per l’ennesimo anno: l’ha scelto solo il 5,8% degli alunni di terza media (l’anno scorso furono il 6,2%). Così come è palpabile, dopo un periodo in crescita, la discesa degli Istituti Professionali: ora al 12,7% (rispetto al 12,1% del 2022).
Il liceo Scientifico vola, il Classico e i Professionali arrancano
Ma da cosa è determinato questo strapotere del liceo Scientifico? Perché la fiducia nei suoi confronti è ai massimi livelli? Il portale Skuola.net, per capirne di più, ha interpellato Cristina Costarelli, Presidente dell’Associazione Presidi del Lazio ma soprattutto dirigente scolastico del Liceo Scientifico “Newton” di Roma, uno dei punti di riferimento per il settore nella Capitale. Con cui, oltre a sviscerare i segreti del successo del suo percorso, si è cercato di individuare i motivi che, in senso contrario, ancora frenano l’ascesa di Tecnici e Professionali e trascinano giù i licei Classici.
Per l’ennesima volta, dunque, il liceo scientifico è nettamente il percorso più scelto, non solo liceale: a cosa è dovuto il suo successo?
“Il liceo scientifico ha particolare successo perché molte delle professioni del futuro sono adesso spostate sul campo scientifico-tecnologico. Tutto il mondo della multimedialità, del digitale, è quello che offre più possibilità di lavoro rispetto al campo umanistico, che è rimasto fermo a sbocchi nell’insegnamento o nell’ambito del giornalismo, senza veramente aprirsi a nuove professioni”.
Liceo scientifico vs Liceo classico. Il primo ogni anno fa il pieno, il secondo è sempre meno attrattivo: secondo lei perché?
“Nella piccola competizione tra scientifico e classico, la risposta si può ritrovare in questo. Il classico è rimasto molto ancorato al passato, anche se va detto che la formazione umanistica resta molto importante, perché un domani si proietterà anche nelle professioni scientifiche”.
Come fare per “modernizzare” il liceo classico, per renderlo attuale in un mondo sempre più digitale o tecnologico?
“Il liceo classico dovrebbe essere rivalutato ma soprattutto dovrebbe essere meglio presentato agli studenti. C’è ancora questa tendenza di legarlo a un modello ‘gentiliano’, come accade anche per gli altri licei: il classico in particolare ha questo retaggio che lo lega al passato. Invece andrebbe sottolineato il fatto che una formazione di stampo classico-scientifico è un’ottima strada anche per chi un domani vorrà entrare nel settore scientifico. Questo è il punto su cui insistere. Anche lì si fa tanto matematica, fisica e scienze. Dando una solida base anche a chi si dedicherà alla scienza. Bisognerebbe perciò dargli un aspetto più accattivante, magari legato a metodologie di tipo tecnologico-multimediale. In parte lo si fa già, ma non viene ancora percepito correttamente”.
Per chi inizierà le superiori a settembre i giochi sono fatti. Ma, in generale, come districarsi nell’ampia offerta dei licei?
“Ci sono diversi tipi di licei: classico, scientifico, linguistico, scienze umane, musicale, coreutico e artistico. Per fare una scelta corretta bisognerebbe conoscerli bene a fondo tutti quanti. E poi fare in modo che gli studenti capiscano quali sono le proprie attitudini. Troppo spesso i giovani sono molto condizionati dall’impostazione familiare. Nelle scuole superiori lo constatiamo spesso. Un esempio: se in una famiglia si è tutti avvocati si tende a voler tramandare la cultura della professione. Magari il ragazzo ha una propensione diversa come quella verso le discipline tecniche e invece si tende poi a portare i figli verso le strade che si auspicano per loro, anche se non è detto che siano le migliori per loro. E poi c’è un altro preconcetto, cioè quello che i licei danno una maggiore sicurezza, una formazione più completa e aprano alle prospettive dell’università”.
Qual è, invece, la realtà?
“Tutte le scuole superiori permettono di andare all’università, anche gli istituti professionali. Ci sono scuole valide su tutti i percorsi, non ce n’è uno più facile o più difficile di per sé. Questo è un altro ragionamento che spesso si sente fare: chi è bravo deve andare al liceo. Non è detto, perché chi è bravo può fare benissimo - se gli piace e se quelle sono le sue tendenze - un istituto tecnico”.
Le tante iscrizioni al liceo scientifico creano però una certa “insufficienza” di posti disponibili nelle scuole: come si può scongiurare questo rischio?
“Per evitare l’afflusso eccessivo sicuramente si dovrebbe fare un migliore orientamento. Sia per un problema di accoglimento e sia per un problema legato al benessere dei ragazzi. Personalmente lo riporto come dato di fatto: in questi giorni - in cui sto trascorrendo i pomeriggi svolgendo gli scrutini - mi sono resa conto che tutte le classi hanno tra i quattro e i cinque studenti che non dovevano fare un liceo scientifico”.
A cosa si riferisce?
“Non è un discorso selettivo o discriminante: quando un ragazzo presenta gravi insufficienze nelle materie di indirizzo - quindi matematica, fisica, informatica - significa che non è la scuola per lui. Lo dico per lo studente: è il ragazzo il primo a vivere male l’esperienza scolastica. Per limitare i danni tentiamo spesso l’orientamento in corso d’anno ma è estremamente difficile perché tutte le altre scuole sono già al completo e perché cambiare scuola in corsa è davvero complesso. Per questo è importantissimo un buon orientamento prima della scelta della scuola superiore”.
Quando un ragazzo dovrebbe provare a dirigersi, anziché verso il tecnico o il professionale, verso un liceo e viceversa?
“La scelta verso il tecnico o il professionale dovrebbe essere dettata dalle proprie capacità e attitudini. Ed è ottima in questo senso la proposta delle linee guida sull’orientamento legata al PNRR. Perché il discorso dell’orientamento dovrebbe essere portato avanti per tutto il percorso scolastico, in modo tale che lo studente arrivato in terza media possa avere ben chiara la percezione di ciò che riesce a fare meglio”.
I licei hanno come naturale sbocco l'università, ma secondo molti non preparano a sufficienza al mondo del lavoro. Si dovrebbe cambiare qualcosa?
“La formazione liceale è certamente impostata in vista di un’istruzione universitaria. L’istituto tecnico e professionale, invece, aprono più facilmente la strada dell’impiego ma non escludono comunque la possibilità di andare all’università. E’ nella sua natura che il liceo non apra direttamente al lavoro e da questo punto di vista ritengo che non ci sia necessità di cambiamento, proprio perché il panorama è ampio. Se uno è già molto predisposto verso lo studio teorico può fare il liceo ed è anche giusto che quella scuola apra al percorso universitario. Se qualcuno si sente più dubbioso sul proseguire gli studi dopo il diploma magari può fare un istituto tecnico, potendo poi sempre scegliere l’università. Se tutte le scuole formassero al lavoro sarebbe finita la varietà della proposta”.
I luoghi comuni vogliono i licei come le scuole giuste per chi si "applica" di più, mentre i tecnici e i professionali continuano a essere visti come le scelte per gli studenti con i voti bassi. Cosa pensa di questo?
“Purtroppo devo dire che il mondo della scuola contribuisce ancora allo stereotipo dell’alunno bravo al liceo e dell’alunno meno bravo all’istituto professionale. E poi c’è lo zoccolo duro delle famiglie, che spesso trasmettono una visione simile agli alunni stessi. E’ un po’ uno stereotipo radicato culturalmente nelle famiglie, nelle scuole e negli alunni: abbatterlo è faticosissimo, ma è la strada che va percorsa. Lo studente che esce dalle medie con 10 non deve per forza andare al liceo, dovremmo rompere questo automatismo: può tranquillamente iscriversi anche in un istituto professionale. Invece questo viene visto ancora come una cosa negativa, come uno spreco di risorse, ma non è così. Allo stesso modo, lo studente che ha più difficoltà non deve andare automaticamente al professionale ma bisogna capire da cosa sono determinate le sue difficoltà. E, qualora decidesse comunque il professionale, non deve essere per ripiego ma per una scelta che risponde a delle sue attitudini specifiche”.