Per garantire esami standardizzati a livello nazionale anche con il nuovo sistema di accesso programmato per Medicina e Chirurgia - e per gli altri corsi di area sanitaria a numero chiuso - si potrebbero rispolverare i quiz. Ma non è l'unico passaggio controverso della recente riforma
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Alla fine gli aspiranti camici bianchi potrebbero dover fare di nuovo i conti con i test a crocette. Solo che, invece di sostenere le prove prima di immatricolarsi a Medicina e Chirurgia, e “sorelle” - fondamentalmente Odontoiatria e Veterinaria -, le svolgerebbero al termine del semestre filtro e varrebbero come veri e propri esami universitari.
Ad anticipare come potrebbe concretamente realizzarsi la riforma è il portale Skuola.net, grazie al punto di vista di Gianna Fregonara, giornalista del Corriere della Sera e tra le voci più autorevoli in Italia sul mondo dell’istruzione e della formazione.
Come verrà fatto il filtraggio alla fine del primo semestre?
Nessuna gola profonda si cela dietro questa affermazione. Ma leggendo con attenzione la nota ministeriale fornita agli organi di informazione si evince che “ci sarà la graduatoria e l'uniformità di giudizio sarà comunque garantita con la previsione di esami standardizzati a livello nazionale - ovvero tutti hanno lo stesso esame - e l'adozione dei più elevati modelli internazionali di valutazione”.
Esame standardizzato che, guarda caso, può essere definito come “una prova a risposta multipla o a risposta chiusa, che noi chiamiamo esame a crocette. Ci sono anche altri sistemi possibili per garantire una standardizzazione, ad esempio con correzione affidata all’Intelligenza Artificiale, ma chiaramente aumenterebbe la complessità e il rischio di ricorsi. Ricordiamo quello che è successo con il coefficiente di equalizzazione del TOLC-MED”.
Come spiega l’esperta, “la vera novità della riforma, semmai, è che questo assetto sposta sulle università tutta la responsabilità della preparazione in vista dell’ingresso definitivo a Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria”.
Il numero chiuso rimane, è inevitabile...
Per la prima volta, comunque, per proseguire il loro cammino gli studenti dovranno frequentare un semestre propedeutico. Un periodo di studio intensivo, centrato sulle materie caratterizzanti il percorso formativo, come fisica, chimica e biologia, con lo stesso “sillabo” - ovvero il programma di studi - in tutte le università.
L’obiettivo? Uniformare il più possibile la preparazione per superare “quella terra di nessuno tra superiori e università”. Ma attenzione: il numero chiuso resta, la selezione è stata semplicemente fatta slittare in avanti di sei mesi.
Non che si possa fare altrimenti, sottolinea Fregonara, visti i numeri che ogni anno le facoltà registrano: “Oggi, a fronte di 20 mila posti a Medicina, ci sono 70 mila studenti che aspirano a entrare. Un incremento del genere non è gestibile dall’oggi al domani. E poi ci sarebbe uno squilibrio nelle altre facoltà: immaginate se su 300.000 nuove mila matricole universitarie, 70 mila potessero entrare a Medicina”.
Ipotesi Dad per evitare il sovraffollamento degli atenei
Sarà quasi inevitabile, perciò, dover combattere con il sovraffollamento delle aule. Con il ricorso alla Dad che sembra quasi scontato, anche perché “non è certo che nella città dove si frequenta il primo semestre si possa continuare anche nel secondo”.
“Penso - evidenzia la giornalista - si farà in modo tale che molti, specie chi non vive nelle grandi città, frequentino online il primo semestre. In quanto il ‘nomadismo” rappresenterebbe una forte criticità per gli studenti, ma anche per le famiglie, per questioni di gestione dei costi e di organizzazione".
La graduatoria che verrà è ancora avvolta nel mistero
Infatti, gli studenti saranno chiamati a scegliere, in fase di iscrizione, fino a cinque sedi universitarie dove proseguire il percorso in Medicina e affini - con un posto da giocarsi sulla base della graduatoria nazionale - oppure passare a un corso di laurea assimilabile, preferibilmente di area scientifico-sanitaria, in caso di mancato superamento del semestre filtro.
Graduatoria che verrà composta sulla base di un'unica prova o di tre esami distinti per ciascuna materia caratterizzante il percorso formativo (chimica, fisica e biologia), in modo da raggiungere i famosi 18 crediti formativi universitari necessari per l’accesso, da farsi riconoscere eventualmente anche nel corso di laurea in cui si dovrà migrare in futuro.
Per averne la conferma bisognerà attendere gli altri due decreti attuativi previsti dalla riforma, che dovranno essere varati dalla maggioranza di Governo in tempo utile per l’avvio del prossimo anno accademico 2025/26, quando i cambiamenti saranno già operativi. E questa, almeno, è una certezza.
Come è anche una certezza che, pur non avendo superato il numero chiuso, l’intenzione del MUR è quella di aumentare il numero di posti disponibili che, va ricordato, sono passati “dai poco meno di 10 mila di dieci anni fa ai 20 mila attuali”.
Attenzione al rendimento delle università
Di sicuro, questa piccola rivoluzione non farà piacere alle società che attualmente guadagnano con la preparazione ai test d’ingresso a Medicina e compagnia, che dovranno “rifarsi con gli altri TOLC, visto che oggi questo tipo di test standardizzati è usato per determinare l’accesso nella stragrande maggioranza dei corsi di laurea”.
Anche se, tornando ai percorsi di area sanitaria ad accesso programmato, esiste un rischio all’orizzonte: che alcune università diventino più “efficaci” di altre nella preparazione degli studenti, generando un ranking tra atenei e alimentando dinamiche di overbooking.
“Si potrebbe creare un mercato parallelo del semestre propedeutico – avverte Fregonara – dove tutti cercheranno di entrare nelle università con il tasso di successo più alto. E chi vive lontano dalle grandi città sarà penalizzato due volte: prima nello spostamento, poi nella competizione”.