Il dibattito sull’autonomia differenziata investe anche la scuola. Le novità però dovranno innestarsi in un quadro, ben delineato dalle ultime rilevazioni INVALSI e PISA OCSE, che vedono l’Italia marciare a due velocità per quanto riguarda le competenze degli alunni
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La scuola pubblica italiana in un certo senso è già regionalizzata, ovvero funziona in maniera differente nelle varie aree del Paese. Sia le rilevazioni dell’INVALSI che quelle dell’OCSE parlano di una scuola a due velocità. Con alcune regioni, soprattutto al Nord, capaci di battagliare con i mostri sacri delle classifiche se non altro in termini di competenze rilevate dai test standardizzati internazionali. E altre, soprattutto al Sud, lontane anni luce dalla media dei paesi OCSE.
L'autonomia differenziata è già in atto?
Si inserisce in questo scenario il dibattito sulla cosiddetta autonomia differenziata, rilanciata dal Governo Meloni attraverso un ambizioso progetto di riforme che mirano a dotare le regioni di maggiori poteri su alcune materie. Tra queste c’è anche la scuola, forse quella su cui si sono concentrate le polemiche più forti. Per qualcuno, infatti, maggiore autonomia regionale in questo ambito non potrà che portare a un’ulteriore “distanza” tra le regioni storicamente più performanti e quelle che fanno fatica.
Hanno ragione o torto? Solo l’eventuale entrata in funzione del nuovo sistema lo dirà. Ma il dubbio è legittimo, visto che nel campo dell’istruzione una sorta di autonomia differenziata è già in atto da tempo nel nostro Paese. Come evidenzia un’analisi effettuata da Skuola.net, ce lo dicono, su tutti, i dati INVALSI, relativi alle prove a cui vengono sottoposti ogni anno milioni di studenti, in vari momenti della loro carriera scolastica, per valutare le loro competenze di base in alcune materie chiave (Italiano, Matematica, Inglese). Soprattutto due sono gli indicatori chiave, rappresentando altrettanti snodi fondamentali: quelli ricavati dagli alunni di terza media e di quinta superiore.
Dalle prove INVALSI segnali poco incoraggianti
Già il punto di partenza non è dei migliori. Mediamente, infatti, i risultati delle ultime prove INVALSI disponibili ci dicono che poco più della metà degli studenti, sia alle soglie della licenza media sia a un passo dal diploma di maturità, raggiunge livelli delle competenze accettabili in Italiano (rispettivamente 61% e 52%) e in Matematica (rispettivamente 56% e 50%). Mentre in Inglese si assiste a un progressivo tracollo man mano che ci si avvicina al traguardo: nella “lettura” si passa dal 78% tra gli studenti di terza media che possiedono un livello elevato (A2) al 52% di studenti di quinto superiore che si collocano nelle fasce alte (B2); ancora più evidente è il crollo nell’”ascolto””, dove si passa dal 62% di ragazzi di terza media che arrivano all’A2 ad appena il 38% che in quinto superiore raggiunge il B2.
Nord e Sud: due mondi opposti
Ma, come anticipato, all’interno di questo contesto non proprio esaltante vanno evidenziate delle forti differenze tra un territorio e l’altro. E’ come se l’Italia fosse spaccata in due. Nelle regioni del Nord e del Centro, sugli stessi parametri, si viaggia ben sopra il dato generale. In terza media, in tutta l’area, raggiunge i livelli minimi sia in Italiano che in Matematica attorno al 65% degli studenti e si ha una migliore confidenza con l’Inglese; con dei picchi notevoli in Valle d’Aosta, Umbria e Marche. In quinto superiore è soprattutto il Nord a spiccare, attestandosi abbondantemente sopra la media in tutte e tre le aree didattiche analizzate; con regioni come Veneto, Lombardia e, ancora, Valle d’Aosta che emergono sulle altre.
Al contrario, praticamente in tutto il Mezzogiorno, Isole comprese, si resta al palo. In terza media, il 50% degli studenti ottiene risultati molto bassi in Italiano, che diventa il 55%-60% in Matematica, mentre in Inglese si fatica terribilmente. In quinto superiore, gli allievi che non raggiungono il livello base in Italiano superano anche il 60% del totale, che salgono addirittura oltre il 70% nel caso della Matematica, mentre nella Lingua straniera solo una minoranza - tra il 20% e il 40% - arriva a livelli rassicuranti. Quattro, in particolare, le regioni che destano le maggiori preoccupazioni: Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna.
Il rapporto PISA OCSE conferma il ritardo di alcune aree del Paese
Sulla stessa linea si innestano le rilevazioni PISA OCSE. Va detto che le ultime disponibili risalgono al 2018, quindi in età pre-pandemia. Ma la sostanza non cambia. Anche in questo caso il confronto nazionale vede differenze sostanziali tra i risultati del campione - più di 1.100 studenti quindicenni - a livello di macroarea di residenza.
Il test, in questo caso, ha riguardato gli ambiti di Lettura, Matematica e Scienze. Per quanto concerne il primo parametro, legato alle competenze di comprensione di un testo scritto, generalmente gli italiani sono al di sotto della media internazionale di 487 punti, ottenendone solo 476. Il vero problema, però, è che questo punteggio soffre di un divario territoriale molto netto. Gli studenti del Nord-est, infatti, riescono a raggiungere 501 punti, collocandosi addirittura al di sopra della media OCSE. I ragazzi del Sud, invece, ottengono un punteggio molto più basso, pari a 453 punti. Comunque migliore di quello dei ragazzi delle nostre Isole, che crolla a 439.
Per Matematica e Scienze la situazione non migliora. Anche se in Matematica gli studenti italiani raggiungono risultati in linea con quelli degli altri paesi (487 su 489), in Scienze purtroppo sono molto al di sotto (468 su 489). Non solo, pure nelle materie scientifiche si fanno sentire forti e chiare le nette differenze sul territorio. In Matematica, gli studenti del Nord-est acquisiscono ben 515 punti, quelli del Nord-ovest 514. Ottimi risultati che però vanno a scontrarsi con quelli raggiunti dagli studenti del Sud: solo 458 punti nelle regioni del Meridione, ancora meno nelle isole (445). Anche sulle Scienze, in una situazione come abbiamo visto già non ottimale per i quindicenni italiani rispetto ai coetanei esteri, “pesa” il divario regionale: il Nord-est eccelle con 497 punti, subito al di sotto c’è il Nord-ovest con 491. E nel Mezzogiorno? Solo 443 punti, con le Isole ancora una volta fanalino di coda con 430 punti.
Troppi ragazzi del Mezzogiorno non possiedono le competenze di base
A tutto ciò si aggiungono altri dati che possono far comprendere questa dinamica bipolare di certo non ottimale per quanto riguarda la scuola: si tratta delle percentuali, per area, dei low performer, ovvero gli studenti che non raggiungono neanche le competenze di base per il loro livello di istruzione. Per quanto riguarda la Lettura, al Sud si tratta di più del 30% degli studenti, nelle Isole si raggiunge addirittura quasi il 35%, quando nel Nord-est ci si ferma al 15% e al Nord-ovest circa al 16%. Stesso spaccamento in Matematica: se i low performer nel Nord Italia sono circa il 15%, al Sud raddoppiano. In Scienze, infine, al Nord non raggiunge le competenze di base il 15%-20% degli studenti, ma al Sud si arriva addirittura a superare il 35%. Non si può, di certo, non chiedersi se le prossime decisioni politiche non faranno che aggravare un quadro già di per sé compromesso. O, magari, porsi come la soluzione che si stava aspettando.
“Purtroppo la scuola italiana è già regionalizzata, ovvero funziona in maniera diversa da regione a regione in termini di qualità ed efficacia degli insegnamenti. E purtroppo funziona male dove dovrebbe funzionare meglio. Dobbiamo infatti registrare una inquietante correlazione tra gli esiti scolastici degli studenti e il PIL pro capite regionale: le regioni fanalino di coda a livello italiano sono anche quelle dove si registrano i peggiori risultati medi degli studenti, secondo quanto rileva l’INVALSI. Quindi qualsiasi sia la direzione che si deciderà di prendere sull’autonomia regionale nel campo dell’istruzione, bisognerà trovare un modo di ridurre e non aumentare i divari che oggi sono purtroppo presenti ed evidenti”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.