Gli ultimi dati AlmaLaurea forniscono uno spaccato delle differenti possibilità delle giovani donne, rispetto agli uomini, sul mercato del lavoro. Un quadro che sottolinea ancora una volta lo svantaggio delle laureate
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Molto più brave negli studi dei loro colleghi maschi, molto meno valorizzate di questi ultimi una volta entrate nel mondo del lavoro. E’ un percorso a doppio senso quello che, ancora oggi, si presenta davanti alle giovani donne che vogliono scardinare le tradizionali differenze di genere puntando sul titolo accademico.
Lo confermano i dati diffusi dal consorzio AlmaLaurea attraverso il focus Gender Gap 2023. Come sottolinea l'analisi del report effettuata da Skuola.net, in base agli ultimi numeri a disposizione sulla condizione dei laureati italiani emerge infatti come le donne raggiungano il titolo universitario in numero maggiore rispetto agli uomini e con risultati migliori. Senza che questo, però, si traduca in maggiori soddisfazioni lavorative e, soprattutto, retributive.
Le giovani universitarie sono più brave e più veloci nell'arrivare alla laurea
Tra i laureati del 2021, ad esempio, circa 6 su 10 (il 59,4%) erano ragazze. In più, nello stesso anno accademico, le ragazze hanno fatto registrare voti finali più alti: in media 104,2 su 100, rispetto al 102,4 dei maschi. E se ciò non bastasse, molte più femmine sono arrivate al traguardo in tempo, senza andare “fuori corso”: sempre nel 2021 sono state il 63%; tra gli uomini ci si è fermati al 57,9%.
Ma la distanza tra le ragazze e i ragazzi, in favore delle prime, si inizia a scavare ben prima. Già dalle scuole secondarie (medie e superiori). Come segnala il Rapporto 2023 sul Profilo dei Diplomati della “sorella” AlmaDiploma. Tra i diplomati del 2022, il 43,9% delle ragazze alla scuola media inferiore aveva ottenuto un voto d’esame superiore o uguale a 9 (tra i ragazzi lo stesso risultato era stato raggiunto solo dal 31,5% tra i ragazzi).
Si prosegue con lo stesso trend anche durante le scuole superiori. Indipendentemente che si tratti di un liceo, di un istituto tecnico o di un istituto professionale. Qui, il 94,0% delle studentesse non ha mai ripetuto un anno (per i ragazzi il tasso di ripetenza è del 90,0%). E, sempre le ragazze, concludono la scuola secondaria superiore con un voto medio di diploma decisamente più alto: 83,2 su cento, contro il 78,7 dei maschi. In più, il 22,0% delle studentesse compie esperienze internazionali (il 14,3% tra i ragazzi). E, dato importante, sono interessate a proseguire gli studi all’università in misura nettamente rispetto ai maschi: si tratta dell’80,2% delle diplomate rispetto al 64,3% dei diplomati.
Tornando all’università, il quadro si modifica leggermente solo se ci si concentra sull’ambito delle cosiddette materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Qui le donne laureate nel 2021 sono in numero minore: 40,9% rispetto al 59,1% degli uomini. Ma, di nuovo, all’atto pratico le ragazze si dimostrano più brave, con un voto medio di laurea di 104,2 su 110 (in linea col dato generale), rispetto al 102,3 degli uomini. Con il 57,6% delle ragazze che ha concluso gli studi nei tempi previsti, rispetto al 53,0% degli uomini.
Il mondo del lavoro non ripaga degli sforzi negli studi
Poi però, come detto, in uscita dopo la laurea qualcosa si rompe. A dirlo, stavolta, è il Rapporto AlmaLaurea 2022 sulla Condizione occupazionale dei laureati. Che evidenzia, ancora una volta, persistenti e significative disuguaglianze di genere.
Tra i laureati di secondo livello, a cinque anni dal conseguimento del titolo - quando la situazione lavorativa dovrebbe essere abbastanza definita - sono il tasso di occupazione femminile è più basso di 4,2 punti percentuale: l’86,7% per le donne, il 90,9% per gli uomini. Inoltre, i maschi svolgono più frequentemente un’attività alle dipendenze a tempo indeterminato: sempre a cinque anni dalla laurea, sono il 60,1% contro il 52,6% delle donne. AlmaLaurea, però, sottolinea come tale differenza sia in parte legata anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne. Queste ultime, infatti, tendono più frequentemente a inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, laddove dunque è più complesso, almeno nel breve periodo, trovare stabilità.
Un passaggio che, in qualche modo, aiuta a comprendere il vero anello debole della catena: il Gender Pay Gap, la differenza retributiva, particolarmente sfavorevole per le donne. Tra i laureati di secondo livello che hanno iniziato l’attuale attività lavorativa dopo la laurea e lavorano a tempo pieno, anche dopo cinque anni, gli uomini guadagnano in media il 12,9% in più rispetto alle donne: 1.799 euro netti mensili per i primi, i 1.593 euro per le seconde.
Per fortuna, le differenze si attenuano leggermente quando si chiede alla laureate di valutare l’efficacia del titolo conseguito per il tipo di lavoro svolto: a ritenerlo “efficace o molto efficace” è il 69,7%, addirittura meglio rispetto agli uomini (tra questi il grado di soddisfazione e del 69,2%). In generale, però, le donne risultano leggermente meno soddisfatte del proprio lavoro. In particolare, si dicono meno gratificate dalle opportunità di contatti con l’estero, dalle prospettive di guadagno e di carriera, dalla scarsa flessibilità dell’orario di lavoro e dalla stabilità e sicurezza del lavoro. Fanno eccezione, denotando una maggiore soddisfazione nella componente femminile, l’utilità sociale del lavoro e il tempo libero a disposizione.
La situazione non cambia, malgrado le performance femminili siano migliori, nemmeno in ambito Stem. A cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello il tasso di occupazione è pari al 94,1% per gli uomini e fermo al 90,9% per le donne. Quello che tende a ridursi, seppur limitatamente, tra i laureati Stem è invece il divario retributivo uomini-donne. Si attesta all’11,8% in favore dei maschi: 1.845 gli euro mensili netti percepiti in media dagli uomini, 1.650 quelli delle donne. Il differenziale retributivo, però, tende ulteriormente a ridursi se si considerano i laureati Stem che, dalle aree del Mezzogiorno, si spostano nel Centro-Nord per lavorare: in tal caso la distanza è pari a +10,9% a favore degli uomini, che percepiscono in media 1.819 euro contro i 1.640 euro per le donne.