WORLD AIDS DAY

L’HIV non è morto e in Italia colpisce anche i giovani: l'incidenza maggiore di nuovi casi è tra i 25 e i 29 anni

Nel 2020, nel nostro Paese, l'HIV ha colpito tantissimi ragazzi. Secondo i dati annuali forniti dall’Istituto Superiore della Sanità, dunque, il virus è ancora un pericolo tangibile. Il contagio? Avviene soprattutto attraverso il sesso non protetto

01 Dic 2021 - 16:46

    © -afp

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Anche se nel 2020 i contatti sociali sono stati ridotti a causa della pandemia da Covid-19, l’HIV non ha smesso di circolare nel nostro Paese: lo scorso anno, infatti, sono state ben 1.303 le nuove infezioni diagnosticate. A segnalarlo il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, che mostra una situazione particolarmente severa nei confronti delle nuove generazioni. Per questo il portale Skuola.net, in occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS (1 dicembre) ha voluto riprenderne i dati principali, soffermandosi proprio sui ragazzi.

Tanti i casi tra i più giovani

Nella fascia di età 25-29 anni, ad esempio, nel 2020 sono stati registrati 171 casi, mentre  sono stati 94 i nuovi casi individuati nei giovani tra i 15 e i 24 anni. Se non trattate, queste infezioni si trasformano nella sindrome da immunodeficienza acquisita, ovvero l’AIDS. Numeri da non sottovalutare perché ancora oggi, nonostante abbiamo a disposizione tutti gli strumenti per informarsi al meglio su questa gravosa condizione, e siano accessibili anche i metodi per proteggersi dalla malattia, i contagi sono ancora tantissimi.

Oltre ai numeri assoluti, il fenomeno va anche osservato in termini di incidenza, ovvero per numero di casi rilevati ogni 100.000 abitanti. Sotto questo aspetto, nel 2020 l’Italia ha mostrato un’incidenza di nuovi casi inferiore alla media dei Paesi dell’Unione Europea. Nel nostro Paese la proporzione si conferma pari a 2,2 nuove diagnosi ogni 100.000 residenti, mentre quella europea vede 3,3 casi per 100.000 residenti. Dati che, comunque, non sono rassicuranti. Soprattutto in quanto essi risentono dell’emergenza COVID-19, che potrebbe averne alterato la decrescita delle diagnosi già iniziata nel 2018. Infatti, nell’ultimo anno pre-pandemia sono state effettuate 2.531 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 4,2 nuovi casi per 100.000 residenti.

Venendo poi al dato sull’incidenza in base all’età anagrafica, la più alta è stata osservata proprio tra i più giovani: tra le persone di 25-29 anni nel 2020 sono stati individuati 5,5 nuovi casi ogni 100.000 residenti. Seguono le persone tra i 30-39 anni, che fanno registrare 5,2 nuovi casi ogni 100.000 residenti. In entrambe queste fasce di età, inoltre, l’incidenza nei maschi è circa 4 volte superiore a quelle delle femmine.

La distribuzione del virus in Italia

A livello geografico, le incidenze più alte, sempre nel 2020, sono state registrate in Valle d’Aosta, Liguria, Provincia Autonoma di Trento e Lazio. Anche se, in numeri assoluti,  le regioni che hanno registrato un maggior numero di nuove diagnosi di infezione da HIV sono state il Lazio (227), l’Emilia-Romagna (156), la Toscana (144), la Lombardia e la Campania (112). 

Per quanto riguarda il genere, le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2020 sono state di genere maschile nel 79,9% dei casi, mentre l’età media si assesta attorno ai 40 anni sia per i maschi che per le femmine. Dal 2012, poi, la percentuale dei casi attribuibili a trasmissione eterosessuale è rimasta sostanzialmente stabile intorno al 42%, mentre la proporzione di casi attribuibili a trasmissione tra maschi e maschi, nello stesso periodo, è gradualmente aumentata dal 38,2% nel 2012 al 45,7% nel 2020. Le cause principali del contagio? Da almeno 10 anni, la maggior parte delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti da preservativo. Tendenza confermata anche nel 2020, avendo costituito l’88,1% di tutte le segnalazioni. 

Come si scopre di essere malati

L’HIV, dunque, è lontano dall’essere scomparso. Ma è anche vero che la prevenzione potrebbe evitare gran parte dei contagi. Perché spesso, come abbiamo visto, sono proprio i comportamenti a rischio a incidere sul propagarsi dell’infezione. Inoltre tanti test rivelatisi poi positivi, nel corso dell’anno passato, sono stati effettuati proprio successivamente a rapporti sessuali senza preservativo (17,2%) o comportamenti a rischio generico (10,0%). Anche se oltre un terzo delle persone con nuova diagnosi HIV ha eseguito il test HIV per sospetta patologia HIV o presenza di sintomi HIV correlati (37,1%). Infine ci sono coloro che hanno scoperto di essere stati contagiati a seguito di iniziative di screening/campagne informative (6,5%), o, infine, per accertamenti per altre patologie (3,5%).

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