Una spesa per molti "a fondo perduto", viste le scarse probabilità d’accesso. Milano ‘Bicocca’ si conferma la più economica: solo 10 euro a candidato per sostenere la prova di ammissione
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Il percorso di avvicinamento ai test d’ingresso a Medicina, anche per l’anno accademico 2018/2019, si è tradotto in una sorta di asta tra facoltà. Perché la data è unica (4 settembre), i questionari sono gli stessi in tutta Italia, le regole sono uguali per tutti i 67mila candidati. Eppure c’è una cosa che continua a variare, anche di parecchio, a seconda dell’università in cui si decide di sostenere la prova: il costo dei test. Ogni ateneo, infatti, è libero di stabilire il ‘prezzo’. Ecco l’analisi effettuata da Skuola.net sui bandi di concorso delle università italiane sede del test del 4 settembre.
La quota d'iscrizione va da 10 a 100
Basta osservare la forbice in cui si muovono gli atenei per rendersene conto: si parte da una cifra quasi simbolica (i 10 euro richiesti dalla Bicocca di Milano) e si arriva a una somma piuttosto impegnativa (i 100 euro da pagare alle università ‘Vanvitelli’ di Napoli e alla ‘Avogadro’ di Vercelli). Calcolando che, stando alle stime della vigilia, le possibilità di entrare non sono così alte (la media è di 1 studente su 6) in alcuni casi si tratta quasi di un azzardo. Unica nota positiva è il costo medio dei test, che da alcuni anni (pur se di poco) scende costantemente: per il 2018/2019 si attesta per la prima volta al di sotto di 50 euro (per la precisione 49,86€; l’anno scorso era 50,93€; l’anno precedente era 51,75€).
Top tre del risparmio
Ma quali sono le università più virtuose, quelle che pretendono meno dai propri iscritti ai test d’ingresso? Come detto, la Bicocca di Milano non ha rivali: 10€ (costo ormai fisso da almeno cinque anni) è una somma che chiunque può sborsare a cuor leggero e che invoglia tantissimi studenti almeno a provarci. In seconda posizione troviamo l’università dell’Insubria (Varese) con 20 euro (anche qui prezzo stabile da un triennio). Terzo gradino del podio per l’università di Cagliari, dove viene chiesto poco di più: 22,78€ (in leggerissimo aumento, questione di centesimi).
Quali università vogliono di più?
Ci sono tuttavia atenei che chiedono fino a dieci volte di più del costo base fissato dalla Bicocca: come già anticipato, sono l’università ‘Luigi Vanvitelli’ di Napoli e l’università ‘Avogadro’ di Vercelli, dove per sedersi al banco le aspiranti matricole hanno dovuto investire ben 100 euro (ma, in entrambi i casi, non è una novità; la quota è stabile da tempo). L’università di Messina, con una tassa d’iscrizione di 90 euro, si piazza al secondo posto di questa classifica rovesciata.
Tante le facoltà in mezzo
La maggior parte delle università, tranne rari casi di somme intermedie, ha comunque scelto di aggirarsi attorno al costo medio. Si oscilla tra i 50 e i 60 euro. Anche se, in questo caso, vanno fatti dei distinguo. Perché ci sono atenei che hanno tagliato notevolmente la tassa: è il caso di Salerno, dove si è passati dagli 80€ di dodici mesi fa agli attuali 50€ (è quella che ha fatto lo ‘sconto’ maggiore); o di Catania, dove la quota è scesa da 40€ a 30€. Ma ci sono anche atenei che hanno rivisto al rialzo la somma: come Sassari, che ha portato la cifra da 25€ a 30€. Per loro, l’incasso finale sarà determinato quasi esclusivamente dal numero di iscritti ai test.
Test di medicina: 3milioni di euro il giro d'affari stimato
Alla fine, moltiplicando il numero di candidati nelle singole facoltà per il costo della tassa e sommando il tutto, il giro d’affari dei test d’ingresso a Medicina 2018/2019 dovrebbe superare i 3milioni di euro. La media vorrebbe che, ogni studente, spenda appunto poco meno di 50 euro. Le cose, come visto, stanno diversamente. Perché il quadro cambia a seconda del contesto in cui ci si muove, facendo emergere delle vere e proprie storture del sistema. Anche nel caso di università con lo stesso numero di iscritti: ci sono, ad esempio, due atenei del Nord (tra l’altro geograficamente molto vicini) che - si stima - incasseranno l’una il quintuplo dell’altra. Persino di fronte ad atenei della stessa città: a Napoli un test costa il doppio dell’altro; a Milano cinque volte di più. Paradossi dell’autonomia universitaria.