UN PROVVEDIMENTO CHE FA DISCUTERE

Niente tablet e videogiochi fino a 6 anni, limiti orari fino ai 12 anni, smartphone sempre vietato a scuola: in Sicilia è (quasi) legge

L’assemblea regionale isolana ha votato all’unanimità un provvedimento che introduce forti limitazioni all’uso dei device digitali fuori e dentro le scuole. Atteso dall’ultimo passaggio in Parlamento, il ddl consiste in un importante precedente legislativo. L’avvocato Giuliano De Luca, esperto in materia, ne commenta i principali passaggi a Skuola.net

05 Mar 2025 - 11:11
 © agenzia

© agenzia

Il digital detox dei minorenni parte dalla Sicilia. Lo scorso 12 febbraio, l’assemblea regionale siciliana si è resa protagonista di un importante provvedimento, approvando la legge che stabilisce il divieto di utilizzo di smartphone, videogiochi e tablet fino ai sei anni. Ma non solo, la normativa prevede anche dei limiti di utilizzo orario giornaliero anche superati i sei - sempre e comunque sotto la supervisione di un adulto -  e fino all’inizio dell’adolescenza.

Insomma una manna per tutti quei genitori che possono far fatica a imporre ai propri figli una certa disciplina digitale ma che solleva anche alcune riflessioni, come fa notare l’avvocato Giuliano De Luca, esperto di diritto delle nuove tecnologie e da tempo impegnato in campagne di sensibilizzazione ed educazione digitale nei confronti dei più giovani, parlando al portale studentesco Skuola.net

Una legge ancora più stringente di quella nazionale

Infatti, sulla carta sono previste anche sanzioni pecuniarie - fino a 500 euro - per coloro che non fanno rispettare le norme. L’obiettivo del ddl - proposto dal deputato del Movimento 5 Stelle regionale Carlo Gilistro - è chiaro: tutelare la salute psico-fisica di bambini e adolescenti contro l’uso smodato dei device digitali. E un emendamento del vice capogruppo del Partito Democratico locale, Mario Giambona, estende lo stop pure nelle scuole medie e superiori durante le ore didattiche. 

Una misura, questa, che fa il paio e amplifica quella già messa in campo dal MIM. Ricordiamo, infatti, che a partire dall’anno scolastico 2024/2025 i cellulari sono banditi dalle classi delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, anche per le attività educative e didattiche.

Ma, benché la norma sia stata approvata dall’assemblea regionale siciliana, è necessario un passaggio nel Parlamento nazionale perché questa possa dirsi effettiva. Non c’è dubbio che si tratti di un progetto largamente condivisibile ma non mancano dubbi e, soprattutto, criticità riguardo la sua messa in pratica. 

I dubbi dell'esperto sull'effettiva applicabilità

Il testo della legge, secondo l’avvocato De Luca, presenta diverse lacune già nell’articolo 1 che “descrive i dispositivi vietati facendo riferimento, oltre alla telefonia mobile, ad apparecchiature palmari e schermi touch ad alta risoluzione”. Non è perciò chiaro, secondo il legale, “se un computer portatile rientri in questa categoria. Inoltre, la definizione di videogame sembra presa pari pari dalla Treccani, senza distinguere tra hardware e software, creando così confusione".

I dubbi si addensano, poi, anche per quanto riguarda i divieti veri e propri. Attualmente il ddl prevede vari livelli di utilizzo in base all’età dell’utente. Fino ai sei anni c’è il divieto assoluto di utilizzo di smartphone, tablet e videogiochi; tra i sei e gli otto anni è concessa un’ora di uso al giorno; tra i nove e i dodici anni il limite sale a tre ore al giorno. Più che una reale tutela dei minori, però, il legale parla di “divieti calati dall’alto” che non prendono in considerazione l’infinità di scenari possibili, nonché la quotidianità di ognuno.

Non bisogna trascurare le competenze digitali

Senza contare che allontanare ragazze e ragazzi dalla tecnologia potrebbe avere effetti controproducenti: "Siamo tutti d'accordo - sottolinea De Luca - sulla necessità di contrastare la dipendenza tecnologica nei bambini, ma vietare tout court l'accesso fino ai 13 anni non è una soluzione efficace. Nel mondo attuale, le competenze digitali sono essenziali e la formazione deve avvenire fin dalla giovane età. In molti paesi, si investe nell'educazione informatica, mentre in Italia si pensa ai divieti".

Uno scetticismo, quello del legale, che emerge anche per quanto riguarda l’applicazione di queste sanzioni: il progetto di legge, infatti, prevede multe per i genitori che non fanno rispettare le norme, che possono variare tra i 150 e i 500 euro. Ma, di fatto, De Luca prevede che sarà “del tutto impossibile monitorare quello che avviene nelle case di migliaia di famiglie”.

La "caccia alle streghe" è dietro l'angolo

"Ancora più discutibile - prosegue il tecnico - è l'obbligo, previsto dall'articolo 6, di segnalare le violazioni all'autorità giudiziaria. L'idea che un vicino di tavolo in un ristorante possa denunciare un genitore perché il figlio gioca con un telefono appare quantomeno surreale".

Infine, una legge così scritta, ha un ulteriore doppio risvolto: da un lato potrebbe mancare di concretezza, dall’altro potrebbe espone ragazze e ragazzi al rischio di sviluppare la cosiddetta nomofobia, ossia la sindrome da disconnessione. Visto che ormai quasi tutti sono abituati a interagire per ore con i dispositivi tecnologici. 

Lavorare su educazione e formazione

Quale potrebbe essere, allora, un approccio più efficace? L’avvocato De Luca non ha dubbi: “L'unica strada sensata è quella della formazione e della sensibilizzazione, non dei divieti punitivi”

Dunque, accompagnare i bambini verso l’adolescenza, educandoli a un uso corretto del digitale “con interventi strutturati e continui nelle scuole e nelle famiglie". Il primo passo potrebbe, ad esempio, essere quello di rendere l’informatica una materia obbligatoria fin dalle elementari, “per evitare di creare generazioni di analfabeti digitali".

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri