"Se si vuol condividere su internet o sui social serve il consenso dei genitori", Agostino Ghiglia, componente del Gpdp, avverte sui pericoli
Con l'inizio della scuola ricomincia anche il chiacchiericcio nelle chat delle mamme. Spesso i genitori condividono nei gruppi whatsapp di classe informazioni utili per lo svolgimento dell'anno scolastico ma anche immagini dei minori e informazioni personali come quelle relative alla salute o alle condizioni economiche. Si tratta di contenuti che ledono la privacy. "Se si vuol condividere su internet o sui social serve il consenso dei genitori degli altri minori che appaiono nelle immagini", spiega al Messaggero Agostino Ghiglia, membro del Garante per la protezione dei dati personali (Gpdp).
L'Authority sulla privacy mette in guardia sui pericoli: "Ciò che viene pubblicato online o condiviso nelle chat rischia di non essere più nel nostro controllo e questo vale maggiormente nel caso di minori". I contenuti messi in rete rimangono in eterno. Bisognerebbe riflettere un po' di più dunque su tutto quello che nell'era digitale si condivide, spesso senza conoscerne le possibili conseguenze.
La legge sulla privacy tutela in particolar modo i minori in quanto soggetti più vulnerabili. Le scuole le applicano chiedendo, per esempio, le autorizzazioni per diffondere le foto delle gite. Le cosiddette "chat delle mamme", invece, sfuggono ai controlli: "Va ricordato a tutti che andrebbero usate con rispetto e attenzione, e non come sfogo, racconto. Tutto ciò che riguarda alunni e figli va messo in rete con cautela, minimizzando le informazioni, fornendo solo quelle utili". Tra i contenuti sui quali serve maggiore cautela rispetto a quella attuale - aggiunge Ghiglia - ci sono le fotografie che se inviate nei gruppi possono poi uscire dal contesto originario, violare la riservatezza della persona immortalata, essere usate per altri fini.
"In teoria qualche genitore informato della foto diffusa del figlio potrebbe chiedere al Garante di aprire un'istruttoria e far comminare sanzioni anche pecuniarie, per diffamazione o indebito trattamento di dati personali". Nella realtà però la privacy viene violata anche inconsapevolmente e spesso a essere meno attenti sono proprio i genitori che rispetto ai ragazzi sono meno coscienti di fenomeni come cyberbullismo, challenge on line e revenge porn. I giovani "vivono di più la quotidianità e il pericolo di un eccesso di informazioni in rete", dice l'esperto.
Il messaggio finale è chiaro. "Proteggendo i nostri dati, proteggiamo la nostra libertà". Dall'ambito scolastico non dovrebbero uscire informazioni relative agli scrutini, così come non vanno esplicitate nelle chat, neppure se a fin di bene, le condizioni di particolare fragilità di un minore. Gli adulti sono i tutori della sua privacy. E conclude con un esempio: "Se un ragazzo commette un reato potrebbe diventare un fatto pubblico, ma non è diritto di chiunque non abbia il dovere di giornalista, quello di diffondere la notizia".