Una ricerca di Skuola.net mostra come il fenomeno del ‘cyberbullismo sessuale’ sia più diffuso di quello che si pensi
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Il problema è trasversale e non risparmia nessuno. Stiamo parlando del Revenge Porn, la diffusione (o la minaccia di farlo) di foto e video intimi su Internet contro la volontà della vittima, a scopo di estorsione o vendetta. La vicenda – privata e pubblica al tempo stesso – che ha recentemente coinvolto la deputata del Movimento 5 Stelle Giulia Sarti e quella che ha visto protagonista una 13enne di Lodi, hanno riacceso i riflettori su una delle varianti più pericolose di “cyberbullismo sessuale”. Sono episodi che forse spingeranno ad accelerare l’iter di approvazione di una proposta di legge (attualmente in discussione al Senato) che punta a configurare il Revenge Porn come una nuova forma di minaccia, punibile anche con la reclusione.
Dal sexting al ricatto: nel mirino soprattutto minorenni
Tutto parte da un fenomeno che, quasi sempre, inizia per gioco – il cosiddetto Sexting – ma che spesso finisce per mettere in pericolo la dignità delle persone. Il vero problema è che i più coinvolti sono i ragazzi, soprattutto i minorenni, quasi sempre femmine. A farlo emergere con forza è stata una recente ricerca del portale per studenti Skuola.net. In base a quanto hanno raccontato 6500 giovani tra i 13 e i 18 anni, circa 1 su 4 - il 24% - almeno una volta si è lasciato andare ad ‘effusioni virtuali’ a base di foto e filmati sexy (il 6% lo ha fatto spesso, l’11% ogni tanto, il 7% ci ha provato in una sola occasione). Lasciando campo aperto ai ricattatori del web.
Nuova modalità di Cyberbullismo: condivise le foto intime, anche per vendetta
Sempre secondo la stessa ricerca, infatti, il 12% di chi ha fatto sexting è stato minacciato di veder pubblicate le immagini. È il 15%, invece, a dichiarare che le sue foto ‘compromettenti’ siano state successivamente condivise con altri. Ma il tratto più inquietante riguarda la giustificazione per mandare in giro il materiale: quasi la metà delle vittime (49%) dice che la motivazione è stata quella di uno “scherzo”, sicuramente di cattivo gusto; il 7%, invece, avrebbe subito una vendetta (‘Revenge Porn’, appunto); per l’11% si è trattato di un ricatto. Da non sottovalutare, infine, le conseguenze di tutto ciò sulla psiche della vittima: circa 1 su 3, per la vergogna, evitato di dirlo in giro (tra le ragazze il dato sale al 37%); solo il 16% ha chiesto aiuto alla famiglia o agli amici; mentre il 53% ha cercato di fare finta di niente (soprattutto i maschi reagiscono così: qui il dato arriva al 59%).