Il 67% dei ragazzi intervistati da Skuola.net è d’accordo con il rafforzamento della didattica a distanza
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Meglio la didattica a distanza dell'ingresso differito. Gli studenti delle scuole superiori approvano la linea seguita dalle Regioni che, tra gli scenari immaginati per il mondo della scuola dal nuovo Dpcm anti-Covid, sembrano in molti casi aver deciso di lasciare a casa i ragazzi più grandi, almeno a giorni alterni, piuttosto che lavorare sugli orari (e, di riflesso, sui trasporti). È quanto emerge da un sondaggio effettuato dal portale Skuola.net – su 3mila alunni di licei, istituti tecnici e professionali – secondo il quale più di 2 studenti su 3 reagirebbero (o già stanno reagendo) positivamente a un rafforzamento delle lezioni online: il 37% le preferisce addirittura a quelle 'frontali' mentre il 30%, pur essendo favorevole alla Dad, auspica che alcuni giorni di lezione in presenza vengano salvati.
La scuola a distanza non si è mai fermata del tutto
Forse perché, nel primo mese di scuola, in tantissimi si sono già abituati a convivere con delle forme di didattica digitale integrata. Basta incrociare un paio di dati. Sembra infatti notevole la percentuale - si tocca quota 60% - dei ragazzi che si stanno dividendo tra aula e casa: il 33% alternandosi con i compagni (alcuni vanno in classe, altri seguono da casa), il 27% muovendosi in blocco tra lezioni dal vivo e scuola digitale (a seconda dei giorni). Ma, entrando nel dettaglio, si scopre che il 70% di loro frequenta un istituto che sin dall'inizio dell’anno ha sfruttato la possibilità di svolgere una parte della didattica online è che ora sta solo proseguendo con le stesse modalità. Per un altro 14%, sinora, la Dad è stata intermittente ma il nuovo Dpcm e le ordinanze regionali ne hanno accelerato (o imposto) l'adozione. Appena il 16% si è ritrovato a svolgere – in tutto o in parte – scuola da casa solo all’indomani del decreto.
Ingressi dalle 9 e turni pomeridiani? Non risolverebbero nulla
Per ora, invece, diverse Regioni non sembrano voler aprire alla possibilità di far entrare a scuola più tardi – dalle ore 9:00 in poi – gli studenti delle superiori, per tentare di evitare l'affollamento sui mezzi pubblici e all'ingresso degli istituti. E i ragazzi, come anticipato, ringraziano: per la maggior parte di loro (53%) l'entrata differita significherebbe soprattutto uscire più tardi da scuola, cosa di cui farebbero volentieri a meno. Ancora peggio se – come scritto tra le righe del Dpcm del 18 ottobre – gli istituti passassero alle lezioni pomeridiane (in presenza): l'83% è fermamente contrario.
Il nodo trasporti resta irrisolto
Ostilità nei confronti degli ingressi ritardati che, nell'ottica dei ragazzi, poggia le basi su argomentazioni solide: la difficoltà negli spostamenti e, tutto sommato, l'inutilità di soluzioni simili. Ad esempio, per i due terzi (65%) degli studenti che utilizzano il trasporto pubblico per andare a scuola, l’idea di spostare la prima campanella dopo le 9 non sarebbe risolutiva: dovrebbero partire comunque prima da casa perché gli orari dei mezzi non coincidono con quelli di scuola. Inoltre, per chi attualmente è costretto a salire su mezzi affollati (stiamo parlando di più di 7 ragazzi su 10), non si raggiungerebbe l'obiettivo: nell'80% dei casi i compagni di viaggio sono quasi esclusivamente altri studenti. Qualche problema, però, lo avrebbe pure chi viene accompagnato: per 6 su 10 vorrebbe dire non poter più contare sul passaggio di genitori e parenti.
La stretta nelle ore notturne? Poco efficace, ma sempre meglio del lockdown
Ma il sondaggio è stata anche l'occasione per capire come i più giovani stanno digerendo le nuove norme del Dpcm. La stroncatura è abbastanza netta. La chiusura anticipata dei locali? Per più di 8 su 10 non produrrà gli effetti sperati: si troveranno soluzioni alternative per divertirsi (in casa, per strada, ecc.); solo al 18% sta facendo passare la voglia di uscire. Inutile – per il 53% - anche un coprifuoco generalizzato (però per il 47% ridurrebbe la circolazione del virus). Più efficaci, semmai, dei divieti mirati nei quartieri della movida: per la maggioranza (62%) funzionerebbero meglio. La cosa che più li spaventa? L'ipotesi di un nuovo lockdown totale: il 33% confessa infatti che, stando nuovamente chiuso a casa, potrebbe “impazzire”. Mentre il 18% dice che, dopo essere tornato alla vita normale, sarebbe complicato tornare indietro. Più paziente quel 28% che accetterebbe una decisione del genere, ma solo se durasse poco tempo. A conti fatti, solamente per il 21% è l'unica vera arma a disposizione per combattere la nuova ondata di contagi.