La voglia di svago e divertimento è ciò che porta i più giovani sui social network. Ma in tantissimi hanno ricreato sulle piattaforme una sorta di microcosmo digitale
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Dopo l’overdose da digitale che ha caratterizzato il periodo della pandemia, gli adolescenti iniziano a ripensare il proprio rapporto con le nuove tecnologie, a partire dal tempo speso online e dalle finalità d’uso, sempre più costruttive e meno “ludiche”. A evidenziarlo, la tradizionale ricerca condotta da Generazioni Connesse - il Safer Internet Centre Italiano, coordinato dal ministero dell'Istruzione e del Merito - curata da Skuola.net, Università degli Studi di Firenze e Sapienza Università di Roma - CIRMPA - in occasione del Safer Internet Day 2023, che quest’anno ha coinvolto 3.488 ragazze e ragazzi delle scuole secondarie di I e II grado.
Diminuisce il tempo passato online
Il dato più significativo emerso è sicuramente quello legato alla porzione di giornata dedicata alla dimensione digitale. Rispetto alle rilevazioni svolte negli anni precedenti nel medesimo periodo, assistiamo infatti a un’ulteriore diminuzione di coloro che affermano di essere connessi oltre 5 ore al giorno: oggi sono il 47%, contro il 54% rilevato nel 2022 e addirittura il 77% del 2021. Non siamo ancora ai livelli di febbraio 2020, quando gli “iperconnessi” si fermavano alle soglie del 30% del campione, ma appare ormai alle spalle l’era dell’overdose da web che ha caratterizzato lo scorso biennio. Peraltro, “come evitare di stare troppo tempo online” è proprio uno dei tre argomenti principali, insieme alla difesa della propria privacy e alla capacità di imparare a riconoscere fake news e affini, che gli studenti vorrebbero fossero maggiormente approfonditi a scuola durante i momenti di Educazione digitale.
I social sono ormai la "casa digitale" della GenZ
Inoltre, come anticipato, sta cambiando anche il modo in cui si interpreta il mezzo Internet. Il comportamento adottato sui social network, ovvero il luogo digitale su cui passa più tempo la Generazione Z (e non solo), ne è l'emblema. Anche per i più giovani le piattaforme, da strumento quasi esclusivamente “sociale”, destinato allo svago e alla costruzione di reti e community, stanno diventando sempre più “media”. La parte d'intrattenimento rimane preminente: 2 su 3 li usano per restare in contatto con gli altri, 1 su 2 per seguire creator e influencer. Ma, ad esempio, tra quanti si informano sull’attualità tramite il web - ovvero il 94% del campione analizzato, praticamente tutti - la maggior parte (39,5%, circa 4 su 10) utilizza proprio i social network come fonte primaria. Per dare una proporzione, solo 1 su 4 (26,3%) si rivolge prioritariamente ai siti di notizie. Il che, peraltro, dovrebbe spingere a intensificare gli sforzi nella lotta alle fake news, che trovano proprio nelle piattaforme il terreno più fertile.
Ma c’è anche chi va oltre, sfruttando appieno le potenzialità del mezzo social. Quasi la metà degli intervistati (48%) almeno una volta ha scavalcato i classici siti e-commerce comprando prodotti o servizi direttamente da una pagina social (o tramite una console per videogiochi); a circa 1 su 7 (15%) capita spesso e volentieri. E c’è persino chi sulle piattaforme investe sul proprio futuro: se, complessivamente, quasi 1 su 5 (18%) parallelamente agli studi dice di svolgere anche dei lavoretti extra, tra questi poco meno di un terzo (5%) ha deciso di puntare sul digitale. E, guarda caso, la porzione più consistente si è orientata proprio sui social media, ad esempio creando pagine personali dal carattere anche commerciale o gestendo pagine social di altri. Non solo, oltre la metà (51%) pensa che quella possa tranquillamente diventare un domani un’occupazione a tempo pieno.
Attenzione allo strapotere dell'algoritmo
In un quadro del genere, ovviamente, non mancano le criticità. Perché se il comportamento online delle nuove generazioni - Zeta e Alpha - sembra essersi evoluto, i rischi sono sempre dietro l’angolo. Ma cambiano forma. Dati alla mano, da qui in avanti lo spauracchio numero uno non sembra più la possibile indigestione da Internet bensì una sorta di “dittatura dell’algoritmo” che condizioni il pensiero e le azioni dei più giovani. Oltre 8 giovani su 10, infatti, accettano di buon grado che siti web e piattaforme possano influenzare il proprio modo di conoscere il mondo, chiudendoli nella loro “bolla digitale”: il 44,7% è tendenzialmente d’accordo, 37,8% fortemente d’accordo, appena il 17,6% si mostra scettico rispetto a tale limitazione. Un atteggiamento da rispettare, peccato che spessissimo sia inconsapevole: circa 1 su 2 (48%) non ha la minima idea di come funzionino gli algoritmi che governano la Rete.
Un motivo di preoccupazione quantomai attuale. E che va ben oltre le ben note “bufale”. Legandosi a doppio filo al fenomeno del momento: i software e i servizi, basati sull’intelligenza artificiale (quindi su algoritmi), capaci di generare automaticamente contenuti e, in un certo senso, di “pensare” al posto nostro. I ritrovati di ultima generazione - ChatGPT e similari - sono molto accurati e, per questo, stanno spopolando. Anche tra i giovanissimi. Tra gli intervistati, 2 su 3 li hanno già sperimentati (il 28% lo fa di frequente) per creare testi vari da utilizzare per lo studio o per usi personali. Nonostante, analogamente a quanto avviene per l’algoritmo dei social, il 45% non ne abbia approfondito il funzionamento e circa 1 su 10 non mostri interesse a farlo neanche in futuro. Altrimenti avrebbero scoperto che il loro livello di affidabilità è ancora limitato, specie laddove l’informazione deve essere precisa. Aprendo, di fatto, un nuovo fronte nella battaglia per garantire benessere e sicurezza online agli utenti del web, soprattutto se si tratta dei più giovani.