I dirigenti scolastici segnalano le difficoltà legate al ritorno in classe in blocco dei ragazzi più grandi, previsto a partire dal 26 aprile. In molti istituti impossibile far rispettare il distanziamento. Tra le richieste: proroga della Dad 'in emergenza' e screening di massa
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Sono sempre più gli studenti che sono riusciti a tornare alla scuola ‘in presenza’. Grazie alle nuove indicazioni date dal Governo sulle riaperture e l’allentamento delle misure restrittive anti-Covid, praticamente in tutta Italia sono già in classe tutti gli alunni di asili, elementari, e buona parte di medie e superiori. Secondo i calcoli fatti dal sito Tuttoscuola, con l’inizio di questa settimana sono in aula ben 8 ragazzi su 10. Un numero destinato ad aumentare ulteriormente tra sette giorni. Lunedì 26, infatti, è la data designata per riportare finalmente la presenza al 100% in tutte le scuole di ogni ordine e grado che si trovino in zona gialla o arancione. Una novità soprattutto per le superiori, i cui alunni per ora possono andare in classe al massimo tra il 50% e il 75% nelle zone arancioni e devono restare a casa in quelle rose. Ma, proprio in queste ore, dal mondo della scuola emergono grandi preoccupazioni sulla fattibilità del rientro di massa degli studenti, soprattutto dei più grandi. In prima fila ci sono i presidi, ai quali è demandata la gestione operativa delle riaperture.
Rientro a scuola al 100%: cosa è cambiato in questi mesi?
Una delle prime riflessioni riguarda i cambiamenti apportati, se ci sono stati, in questi ultimi mesi affinché gli istituti potessero accogliere gli studenti tenendo fede ai protocolli anti-contagio. Le scuole superiori infatti rappresentavano l’unico grado scolastico a cui era consentito, fin da settembre, di lasciare una quota dei propri alunni in Dad in caso di carenza di spazi. E così è stato spesso e volentieri: prima che il DPCM del 3 novembre 2020 ne stabilisse la chiusura, una ricerca di Skuola.net rilevava che solo alla metà degli studenti era stata data la possibilità di frequentare sempre in presenza fino a quel momento.
Naturale che, ora, la riapertura preoccupi. A confermarlo è anche Cristina Costarelli, dirigente scolastica del Liceo Newton di Roma e vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, interpellata sul tema dalla stessa Skuola.net: “In questi mesi - dice - non è cambiato assolutamente nulla. Niente dal punto di vista degli spazi: quelli che erano a settembre sono oggi. Niente dal punto di vista delle norme sul distanziamento: anzi, su questo possiamo aggiungere che c’è una complicazione aggiuntiva anche più difficile, perché il Ministero della Salute prevede che, ove possibile, il distanziamento sia portato addirittura a due metri. Niente nemmeno in termini di testing, di screening analitico degli studenti, di tracciamento esterno, di trasporti. Quindi dal punto di vista esterno non è cambiato nulla rispetto a settembre, se non il completamento della fornitura di banchi.”
Le scuole sono pronte ad accogliere il 100% dei ragazzi in presenza?
E dunque, se non è stato fatto alcun passo in avanti, come è possibile che oggi le scuole siano davvero pronte a riaccogliere tutti i ragazzi in presenza? “Infatti non sono pronte ad un rientro al 100% - sottolinea Costarelli - Ma non per mancanza di capacità organizzativa delle scuole, semplicemente perché c’è una contraddizione in termini normativi. Da un lato ci sono dei vincoli di spazio insormontabili, dall’altro si chiede di far rientrare tutti”. Senza considerare che “c’è un limite strutturale e materiale che impedisce questo accoglimento”, visto che non tutte le aule sono pronte ad ospitare un numero elevato di alunni.
L’indicazione data dalla dirigente è, perciò, quella di dare a ciascun dirigente scolastico la facoltà di riaprire le scuole in percentuale maggiore, ma compatibilmente con la capienza massima di cui ogni istituto dispone: “In termini pratici, dal punto di vista operativo, le scuole possono provare ad aumentare la percentuale di frequenza, per cui si può chiedere alle scuole che accoglievano il 50% dei ragazzi di aumentare questa percentuale fino al punto massimo di accoglimento, che ovviamente dipende da ciascun istituto. Quindi come disposizione sarebbe necessario parlare di un 100% di rientro soltanto ove possibile, e di indicare, ove questo non sia possibile, di portare al massimo il numero di studenti in presenza.”
Riapertura scuole al 100%: i contagi lo consentono?
Un’altra domanda che sorge spontanea quando si parla di rientro a scuola è legata alla situazione contagi nelle scuole: sono davvero così bassi? “Dal 7 aprile ad oggi - racconta Costarelli - nel Liceo di cui sono responsabile siamo arrivati a 12 casi di positività. È un dato che preoccupa, perché significa che sono numerose le positività tra gli studenti”. Per questo aumentare la frequenza di fronte a un aumento delle positività è un ulteriore elemento di contrasto: “siamo costretti a posizionare gli studenti a distanza ravvicinata e questo chiaramente potrebbe favorire i contagi interni. Senza dimenticare poi il problema dei docenti in quarantena: anche in quei casi sono sorte grosse difficoltà organizzative, poiché i docenti che sono in isolamento sono tanti. Due studenti positivi stanno comportando l’isolamento di 14 docenti, e quindi si deve necessariamente stare a distanza anche per altre classi perché sarebbe impossibile rimanere in presenza.”
C’è poi da considerare l’organizzazione della didattica: “Le scuole - continua l’esponente dell’ANP - meriterebbero qualche spazio di stabilità: si auspicava di arrivare alla fine di un anno così laborioso su un assetto già rodato, visto anche che abbiamo cambiato nel corso dell’anno almeno cinque o sei quadri orari e organizzativi; nell’ultimo mese di scuola si sperava in un po’ di serenità”. Ultimo aspetto, non meno importante, il parere dei genitori: “c’è tanta preoccupazione - assicura Costarelli - quindi non è difficile immaginare che le famiglie abbiano molte perplessità in questo aumento della frequenza.”
Le difficoltà degli studenti e l'abbandono scolastico
Il sovraffollamento delle aule potrebbe essere mitigato, si fa per dire, dall’abbandono scolastico .“A livello di dispersione scolastica - spiega la preside - stiamo osservando un aumento delle interruzione di frequenza in corso d’anno. Ci sono tante situazioni di disagio, di fragilità psicologica, di studenti che non riescono a reagire alla didattica a distanza o in modo più ampio a questa modalità di fare scuola che non assicura la minima stabilità. Quindi anche con questo continuo stop and go si va a incidere sulle situazioni più delicate. I dati ancora non sono rilevabili, però quello che osserviamo è la difficoltà a uscire da situazioni di isolamento, stati depressivi, fino a forme di autolesionismo. Da un altro lato si evidenziano ansie da prestazione perché gli studenti nella forma a distanza non hanno l’esatta percezione di quanto gli venga richiesto. Quindi tutta una serie di situazioni di debolezza psicologica in numerosi casi porta all’interruzione della frequenza, come manifestazione ultima di un cedimento causato da quella che è diventata una situazione insostenibile per moltissimi alunni. Si osserva un cospicuo di casi di abbandono scolastico persino tra i ragazzi che si avvicinano all’esame di Stato”.
Presidi: lasciare ai dirigenti scolastici le decisioni sulla percentuale di alunni in classe
A condividere le preoccupazioni della vicepresidente ANP Lazio è anche Paolino Marotta, presidente di ANDIS, Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici, che in una nota ribadisce "la necessità e l’urgenza di emanare alcune misure indifferibili, fra le quali aggiornare il protocollo di sicurezza anche in relazione alla diffusione delle varianti Covid; delegare ai dirigenti scolastici il compito di definire, in rapporto al protocollo di sicurezza e alla capienza dei locali, la percentuale di alunni, a partire dal 50%, da ammettere alle lezioni in presenza; prevedere la somministrazione di tamponi periodici agli alunni e al personale della scuola".
Una situazione, insomma, che desta preoccupazione e che richiede preliminarmente ogni sforzo possibile per contenere del contagio: “Tra il personale scolastico e le famiglie - conclude Marotta - continua a diffondersi un forte sentimento di preoccupazione e di ansia circa i possibili rischi connessi alla ripresa, dal prossimo 26 aprile, delle lezioni in presenza anche per le secondarie di II grado, senza che siano stati predisposti servizi aggiuntivi e più efficaci interventi di prevenzione". Tuttavia sembra che al Ministero qualcosa si muova: si parla dell’arrivo di un nuovo piano per il rientro in classe, che tra le altre misure prevede tamponi salivari e ingressi scaglionati, con l’obiettivo di agevolare le grandi manovre dei presidi a partire dal 26 aprile.