UN ANNO IN 10 PAROLE

Scuola, dalla Didattica a distanza ai banchi a rotelle: ecco le parole chiave del 2020

Dalle lezioni online agli assembramenti, dalla mascherina ai banchi monoposto: una rassegna dei 10 termini che hanno contrassegnato, per la scuola, l’annus horribilis che si sta concludendo

21 Dic 2020 - 17:52
 © Italy Photo Press

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Forse quella che tutti hanno ben presente è la Dad, parola che oggi è sulla bocca di tutti ma che nel dicembre del 2019 non era neanche nei sogni dei più fantasiosi scrittori di fantascienza. Tanti altri termini hanno però caratterizzato quello che verrà forse ricordato come l’anno più difficile che l’umanità abbia mai conosciuto da decenni a questa parte. Ora che stiamo per salutarlo e nell’augurio di lasciarci alle spalle i momenti più dolorosi, il sito Skuola.net ha voluto racchiudere il 2020 della scuola in 10 vocaboli che più di altri raccontano quanto successo in questi vorticosi dodici mesi.

Azzolina

Entrata in Viale Trastevere nel gennaio 2020, dopo l’addio quasi predittivo di Fioramonti, Lucia Azzolina è la ministra che ha vissuto da protagonista l’annus horribilis dell’Istruzione (e probabilmente di ogni altro settore). Sua l’intuizione, quando gli istituti purtroppo hanno chiuso i battenti causa Covid, di attivare immediatamente le lezioni online - la cosiddetta Didattica a distanza - che tra gioie e dolori è riuscita comunque a non far perdere a studenti e professori l’anno scolastico. Sua anche la scelta di promuovere tutti gli alunni a fine anno, ma guai a parlare di un sei politico: le insufficienze sono state annotate per essere recuperate l’anno successivo. Infine la sua Maturità verrà ricordata come la prima che ha interrotto il rito della scelta dell’autore per la prova scritta di italiano: l’esame si è ristretto in un maxi orale in presenza onnicomprensivo, ma almeno si è fatto. Per lei molti oneri e probabilmente pochi onori viste le polemiche di cui è stata oggetto al rientro a scuola a settembre, in particolare per la questione “banchi a rotelle” di cui parleremo più avanti. Di sicuro il suo è il nome di riferimento per la scuola in questo 2020.

Comitato Tecnico Scientifico

Di Miozzo & Co. sentiamo continuamente parlare perché è stato proprio il Comitato Tecnico Scientifico che, attraverso appositi “protocolli”, ha dato al mondo della scuola le indicazioni da seguire per rendere gli istituti “agibili” durante questa emergenza sanitaria. Dalle regole sull’uso delle mascherine al distanziamento nelle aule, dagli ingressi scaglionati e alla sanificazione e igienizzazione degli ambienti, sino alla misurazione della temperatura prima di uscire di casa e alle coordinate per gestire la possibile presenza di alunni o personale positivi al contagio del virus o contatti stretti di contagiati. La parola del Cts è stata decisiva (o quasi) in tutti i momenti cardine della scuola in questo momento drammatico.

Scuole chiuse

Probabilmente nessun studente avrebbe mai scommesso, fino ai primissimi giorni del 2020, che sarebbe venuto il giorno in cui le scuole di tutta Italia (e di gran parte del mondo) sarebbero state chiuse per una pandemia pericolosa e mortale. Ma il giorno, da film apocalittico, è alla fine giunto con l’inizio del lockdown dello scorso marzo. Per i ragazzi della Lombardia e del Veneto, le regioni più colpite della prima ondata, i cancelli erano già serrati da qualche settimana. Nessuno avrebbe, probabilmente, mai scommesso sul fatto che avrebbe passato gran parte del giorno davanti al Pc o al tablet senza che i propri genitori protestassero.

Didattica a distanza

La tecnologia: il grande salvagente della scuola nel 2020. La Didattica a distanza e la Didattica digitale integrata hanno rappresentato un passo in avanti ma soprattutto una necessità. Dopo un primo momento di difficoltà, che ci ha visto forse impreparati davanti a questa sfida gigantesca - ricordiamo che il nostro Paese viveva e vive ancora un grosso digital divide tra regioni del Nord e del Sud e anche tra zone più o meno sviluppate a livello socioeconomico - a oggi possiamo dire che gli sforzi fatti in questo senso hanno portato praticamente la totalità degli studenti a poter seguire la scuola da casa. Sulla qualità delle lezioni il giudizio è sicuramente meno positivo essenzialmente per tre motivi: problemi di connettività, mancanza di pc/tablet a sufficienza nelle famiglie e scarsa formazione dei docenti in fatto di nuove tecnologie e metodologie didattiche. Si è trattata tuttavia di rivoluzione che, ormai, non potrà più essere dimenticata, anche quando l’emergenza - ci auguriamo il prima possibile - sarà superata.

Banchi a rotelle

Se fino al 2019 l’estate era il tempo di grandi competizioni sportive e di gossip su flirt e celebrità in costume, già dall’agosto del 2020 - anche se la seconda ondata sembrava un’eventualità possibile ma lontana - il protagonista dei rotocalchi è stato il ritorno a scuola. Una scuola che da decine di anni è sempre stata uguale a sé stessa e che una politica continua di tagli ha reso simile ad allevamenti intensivi di… studenti. L’annoso fenomeno delle classi pollaio non poteva di certo essere risolto in pochi mesi ma era necessario arrivare al distanziamento di almeno un metro tra un alunno e l’altro, interrompendo una tradizione che da sempre aveva portato i compagni di banco a condividere se non tutto, proprio tutto. Il banco, invece, è diventato ad personam. Ancora meglio se con le rotelle: in modo da poter creare ambienti di apprendimento innovativi, ha sostenuto il MI; per giocare alle macchine a scontro, hanno ribattuto i malpensanti. Una grande bolla, questa dei banchi a rotelle, perché dopo fiumi di polemiche sotto l’ombrellone, in realtà, sono stati acquistati a prezzi inferiori di quelli ipotizzati e da un numero non così alto di scuole. Tanti presidi, infatti, si sono indirizzati su banchi monoposto ben ancorati al pavimento. In tutto, entro i primi di dicembre sono stati consegnati 2,4 milioni di arredi nuovi.

Mascherina

Il tema del distanziamento e del suo contrario, l’assembramento, non può che far pensare a quello che ad oggi è diventato forse, più di ogni altro accessorio o indumento, ciò di cui non si può più fare a meno: la mascherina. Se nei primi mesi di scuola sono state concesse delle deroghe, seppur condizionate dalla distanza, ormai da novembre è diventato impensabile vedere qualcuno uscire senza. Poi, la (cattiva) abitudine di abbassarla, è un’altro paio di maniche. A oggi, è deciso che tutti gli studenti, a partire dai 6 anni, devono essere muniti di mascherina in ogni locale della scuola. Gli istituti hanno ricevuto a partire da settembre i quantitativi necessari (o quasi) di dispositivi per proteggere la popolazione scolastica: si parla di quasi 1 miliardo di mascherine consegnate al 18 dicembre. Insieme a 2 milioni di litri di gel igienizzante per le mani.

Assembramenti

Un tema scolastico che riguarda tutto ciò che avviene al di fuori della scuola. Il comportamento più pericoloso in assoluto, in questo periodo storico, è l’affollamento di tante persone in uno stesso luogo, peggio ancora se non arieggiato. Il termine assembramento, che fino a 12 mesi fa era una parola neutra e neanche troppo comune, oggi si colora di una tinta inquietante: chiunque di noi ora come ora eviterebbe di far parte di un assembramento, per di più senza mascherina, come se dovesse andare in guerra senza armatura. Molto è stato fatto affinché le nostre città fossero libere dagli assembramenti ma è bastato l’arrivo di settembre perché fosse evidente quanto gli sforzi - tra limitazioni della portata dei mezzi pubblici, didattica digitale integrale, ingressi scaglionati - fossero insufficienti. L’assembramento era sempre lì, davanti ai cancelli e sugli autobus. Finché le scuole non sono tornate a chiudere.

Ammessi (tutti, o quasi)

Una decisione che ha decisamente “salvato” tanti studenti che temevano la bocciatura o la non ammissione agli esami. Dopo le chiusure del lockdown e i mesi in didattica a distanza, il Ministero dell’Istruzione ha deciso di far passare tutti gli alunni all’anno successivo nonostante le possibili insufficienze. Non solo, anche la sospensione in giudizio è stata “abbonata” a tutti i ragazzi delle nostre scuole. La bocciatura rimaneva possibile solo per casi eccezionali e particolarmente gravi, legati a un quadro carente fin dal primo periodo dell’anno. Tutto questo, però, ha più volte ribadito la stessa Ministra, non ha mai rappresentato un “6 politico”, perché gli studenti nel corso dell’anno successivo hanno dovuto recuperare gli apprendimenti non acquisiti attraverso i cosiddetti PAI, i Piani di Apprendimento Individualizzati, organizzati dalle scuole a partire dal 1° settembre.

Maxi orale

Col termine “Maxi orale” si è indicata la nuova formula degli esami di maturità, momento tradizionale della scuola di inizio estate, andati in scena lo scorso giugno. Una formula in presenza, con rigidi protocolli anti-Covid (mascherina indossata, seppure con la possibilità di abbassarla nel corso del colloquio se mantenute le distanze; igienizzazione delle mani e percorsi differenziati nelle scuole; un calendario d’esame molto puntuale e divieto assoluto di assembramenti) e una struttura che sintetizzava in un’unica prova orale l’intero esame. Vista la situazione particolare, la commissione si è composta completamente di commissari interni, ad eccezione del Presidente, e il credito scolastico (totalizzato nell’ultimo triennio a partire dalla media scolastica) ha avuto peso maggiore, fino a 60 crediti.
Questo esame riformato e l’ammissione di tutti i maturandi alla prova (insieme a, forse, una mano sul cuore da parte della commissione) hanno giocato a favore delle promozioni finali: secondo i dati del MI, solo lo 0,5% dei ragazzi è stato bocciato.

Quarantena

Con il rientro a scuola, tra le diverse regole riguardo al contenimento del contagio, forse le più importanti sono state quelle legate alla gestione di un alunno o un membro del personale scolastico positivo al coronavirus. Iniziamo col dire che ogni alunno, docente, Ata, dirigente etc., prima di recarsi a scuola, deve accertarsi di non avere febbre e sintomi riconducibili al covid. Ma cosa succede se, durante le ore di lezione, qualcuno ne manifesta uno o più?
La procedura è la seguente: in caso si tratti di un alunno, questo viene portato in un’aula apposita e separata dal resto della comunità scolastica e gli verrà misurata la temperatura da un operatore (entrambi dovranno essere muniti di mascherina). Il referente covid della scuola dovrà quindi informare i genitori, i quali dovranno portare a casa lo studente e contattare il medico di famiglia per l’eventuale prescrizione del tampone. In caso di positività, il Dipartimento di Prevenzione stabilirà la quarantena per i contatti stretti. Per il rientro a scuola bisognerà attendere la guarigione clinica (cioè la totale assenza di sintomi) e l’effettuazione di un test molecolare dopo assenza di sintomi per almeno 3 giorni. Se il test risulterà negativo la persona potrà definirsi guarita, altrimenti proseguirà l’isolamento. Per aiutare gli istituti nella prevenzione del diffondersi del contagio, si è disposta la possibilità di utilizzare tamponi rapidi anche in ambito scolastico, al fine, come si legge nella circolare del 29 settembre 2020 del Ministero della Salute, di “individuare prontamente i casi, isolarli e rintracciarne i contatti, facilitando la decisione di applicare o meno misure quarantenarie in tempi brevi e con un risparmio notevole di risorse, evitando un eccessivo sovraccarico dei laboratori di riferimento.” Per questo in ottobre è stato pubblicato il bando per la fornitura e la "distribuzione sul territorio nazionale con mezzi idonei" di 5 milioni di kit. Per il ritorno a scuola del 7 gennaio, dopo le vacanze di Natale, la ministra Azzolina ha richiesto una corsia preferenziale per la scuola per i tamponi.
 

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