Crollo delle nascite vuol dire anche meno necessità di docenti e presidi. Così il nuovo Governo pianifica una razionalizzazione. Un’ottimizzazione dell’organizzazione e delle spese ma anche una fonte di nuove problematiche
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Nessun taglio ma un “dimensionamento” del sistema scolastico, per rispondere ai cambiamenti in corso nella società e per rispettare i vincoli europei. Il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, presenta così il piano di riorganizzazione della scuola italiana previsto per i prossimi anni. Che vede, in poco più di dieci anni, una riduzione di circa 600 istituzioni scolastiche, di ben 60 mila insegnanti e il dimezzamento dei dirigenti scolastici. La causa di questa imponente riorganizzazione? Principalmente il calo drastico della popolazione. Secondo le stime del Ministero, infatti, da qui al 2034 si assisterà a una compressione della popolazione studentesca - tra i 3 i 18 anni - di circa 1,5 milioni di unità, dovuta al crollo della natalità nel nostro Paese. Da qui la necessità di ridisegnare l’intero quadro.
Una misura che non mira a chiudere le scuole, ma a riorganizzarle
Ma, come sottolinea Valditara, le scelte del Ministero serviranno anche a “mitigare gli effetti delle normative precedenti”. Le misure approvate nel tempo, prosegue il responsabile di Viale Trastevere, “hanno illuso il mondo della scuola, facendo credere che si potessero istituire nuove istituzioni scolastiche, ma facendosene carico per soli tre anni. Scaduta quella disciplina temporanea e transitoria (oggi in contrasto con il PNRR) se non fossimo intervenuti si sarebbe arrivati a una disciplina più penalizzante per ben 90 posizioni di dirigente scolastico e direttore amministrativo. È importante quindi uscire da un equivoco su cui troppi stanno giocando: la norma da noi proposta non prevede chiusure di plessi scolastici, ma l’efficientamento della presenza della dirigenza sul territorio”.
Costarelli, ANP: “Numero di alunni per ogni scuola aumenterà”
Se, però, da un lato è vero che non si assisterà a un vero e proprio taglio delle strutture, al sistema verranno chiesti notevoli sforzi. A confermarlo è Cristina Costarelli, dirigente scolastico del Liceo Newton di Roma e Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, intervistata dal sito Skuola.net. “Per avere autonomia scolastica - prevede Costarelli - verrà aumentato il numero di alunni per istituzione, portandolo a 900-1000 alunni”. Il che si tradurrà in oltre 500 istituzioni in meno da qui al 2032.
Un motivo, già questo, che per la dirigente scolastica dovrebbe essere una fonte di forte preoccupazione, in quanto “significherà avere istituzioni scolastiche di dimensioni spaventosamente enormi e, perciò, difficili da gestire. Pensiamo a quei territori, già oggi poco popolosi e che, tra dieci anni, saranno quasi spopolati: per avere 900 alunni dovranno raccogliere alunni di 10-12 comuni diversi e quindi avere istituti con 15-20 plessi. Con la conseguente difficoltà nell’organizzare le loro attività ma soprattutto di garantire il servizio formativo”. Sebbene il Ministero apra all’adozione di meccanismi compensativi in grado di attenuare la riduzione delle istituzioni scolastiche.
Più alunni per ogni insegnante, un dirigente per scuola. Rallenteranno le assunzioni?
Mentre, guardando la questione dal punto di vista dei docenti, il dimensionamento - che, come detto, porterà alla scomparsa di decine di migliaia di cattedre - potrebbe sfociare in due possibili scenari, temuti in egual misura da chi si troverà a dover organizzare la didattica. “Ciò - anticipa Costarelli - potrebbe voler dire un aumento numerico degli alunni per insegnanti. Già adesso siamo intorno a un rapporto di 11 a 1”; un numero peraltro assoluto, all'interno del quale vanno ricondotti anche i casi particolari come le disabilità, che portano a un surplus di impegno. “Oppure - prosegue la preside - si rallenteranno le assunzioni, quindi il numero degli insegnanti; il che andrà a ripercuotersi sulla questione del precariato, che non verrà a risolversi e sulla questione reclutamento, con concorsi sempre più diradati nel tempo”.
Infine, il fronte che vedrebbe la compressione più decisa: quello dei dirigenti scolastici, che dovrebbero passare, entro un decennio, dai circa 6.500 attuali a poco più di 3.100. In pratica, è come se tutti quelli che da qui in avanti cesseranno dall’incarico non verranno sostituiti da nuove assegnazioni o da reggenze: “Aumentando il numero di alunni per istituzione scolastica - sottolinea Costarelli - è evidente che diminuisce la necessità dei dirigenti. Se i numeri sono questi che leggiamo, la soluzione sarà proprio quella di non procedere a nuove assunzioni nei prossimi anni”. Anche se, come ricorda la rappresentante dei presidi del Lazio, tale dinamica non rappresenta una novità: “Fino a 15-20 anni fa i dirigenti scolastici in Italia erano più di 10 mila, oggi sono poco più di 6mila. Già oggi non sono previste nuove assunzioni, nell’anno in corso sono entrati in servizio gli ultimi vincitori del concorso 2017”. Ma, allo stesso tempo, rassicura sul fatto che “verrà comunque garantito un dirigente per ogni scuola. Ci sarà un organico di diritto. E, per qualche verso, questa riduzione porterà a un taglio delle reggenze, non necessariamente un male”.
Il “risparmio” della manovra
Proprio quest’ultimo è uno dei risvolti su cui punta di più il Ministero, ovvero eliminare “l’abuso della misura della reggenza”, considerato un “vero deficit organizzativo”. Oltre, ovviamente, all'obiettivo di risparmiare risorse economiche. Se già nel 2024 è previsto un alleggerimento della spesa di oltre 5 milioni di euro, per il 2023 ci si attende un accantonamento complessivo di oltre 88 milioni di euro. Somme che, in prospettiva, potranno essere reinvestite in altri capitoli di spesa per l’istruzione, per incrementare, ad esempio, il Fondo di funzionamento delle istituzioni scolastiche.