Danilo Cimino, informatico con un passato in grandi enti di ricerca nazionali e internazionali, spiega perché è a favore dell'integrazione dell'IA nella didattica: "No alla demonizzazione, sì all'uso responsabile"
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L’impatto dell'Intelligenza Artificiale sta trasformando settori cruciali. Tra questi, va sicuramente inserito il campo dell’istruzione. Secondo un report di Grand View Research, il mercato globale dell’IA applicata all’educazione, se nel 2022 valeva 5,88 miliardi di dollari per il 2030 si prevede che raggiungerà i 32,7 miliardi, crescendo a un ritmo annuale del 31,2%.
Per questo le scuole, già oggi, sono poste di fronte a una scelta cruciale: abbracciare l'Intelligenza Artificiale come strumento di supporto o limitarne l’uso per evitare possibili ripercussioni sull’apprendimento degli studenti.
Tra gli studenti l'IA è ormai una realtà di fatto
Ma la rivoluzione è ormai in atto. Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio “Dopo il Diploma” di Skuola.net ed ELIS – realtà no profit che forma persone al lavoro – solo uno studente su 4, alle scuole superiori, non ha mai fatto uso di una IA generativa. Di contro, i docenti arrancano: la prima e unica sperimentazione ufficiale del ministero dell’Istruzione è partita in quest’anno e coinvolge appena 15 classi di quattro regioni. Ma il programma è ambizioso: migliorare le competenze digitali degli studenti, personalizzare l’apprendimento e fornire agli insegnanti strumenti per adattare la didattica alle esigenze individuali.
Secondo molti, questo non ha convinto fino in fondo gli insegnanti sulla necessità di accelerare su questo terreno. Si dovranno, però, ricredere. Volente o nolente. Perlomeno è quanto sostengono parecchi esperti di nuove tecnologie. Come Danilo Cimino, informatico con un passato al CERN di Ginevra e all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nonché fondatore del progetto “Cose Di Computer”, piattaforma nata per rendere alla portata di tutti l’apprendimento dell’informatica. La stessa Skuola.net ha raccolto la sua testimonianza sul tema, raccogliendo spunti di riflessioni che possono diventare davvero utili.
Prima o poi ci si abituerà
Secondo Cimino, infatti, “stiamo vivendo una situazione simile a quella delle calcolatrici elettroniche negli anni ’70. All’epoca molti docenti ne vietarono l’uso, temendo che avrebbero compromesso le capacità di calcolo mentale degli studenti. E, dopo 50 anni, nessuno si sognerebbe mai di dire che gli studenti sono diventati stupidi perché non riescono più a fare i calcoli in quanto soppiantati dalle calcolatrici elettroniche. Anzi, oggi sono strumenti indispensabili, pienamente integrati persino nei programmi didattici di molte facoltà universitarie, in quanto dispositivi in grado di migliorare l'efficienza, perché fanno i calcoli senza sbagliare”.
Lo stesso, prevede Cimino, avverrà con l’AI: "Nel giro di qualche decennio - dice - sarà considerata un supporto fondamentale e non più una minaccia".
No alla demonizzazione, sì all'uso responsabile
La cosa importante, secondo l’esperto, è adottare un approccio bilanciato: “Per un dibattito davvero costruttivo dobbiamo uscire dalla logica del divieto. Molti insegnanti vietano strumenti come ChatGPT, temendo che gli alunni li usino per evitare il lavoro scolastico. Ma ciò non ne impedirà la diffusione. Gli studenti di tutte le scuole, di ogni livello e latitudine, utilizzano già l’intelligenza artificiale per numerose attività: fare riassunti, correggere i compiti di matematica, o anche per farli senza dover fare fatica. Le parole chiave sono, perciò, equilibrio e nuove modalità da sperimentare”.
Altrimenti, con una visione “apocalittica” si rischia di creare un divario tra chi ne ha accesso e chi no. Sarebbe meglio avvicinarsi allo strumento in modo responsabile: “Se ci limitiamo a vietarne l’uso - continua l’informatico - perdiamo una preziosa opportunità educativa, mentre la vera sfida è innovare i metodi didattici, rendendo superfluo un uso improprio della tecnologia. Per esempio, invece di chiedere un riassunto di un libro, gli insegnanti potrebbero proporre discussioni critiche o attività pratiche per valutare la comprensione”.
Una tecnologia che deve ancora migliorare
Un altro punto critico di grande importanza riguarda i software di rilevamento dei testi generati da AI, come GPT Zero, spesso utilizzati per la correzione di compiti universitari (ma a volte anche scolastici). Questi, però, secondo l’esperto presentano notevoli limiti: “Non sono infallibili, anzi - avverte Cimino -. Ricevo di continuo segnalazioni di studenti penalizzati ingiustamente perché i loro testi originali erano stati erroneamente classificati come prodotti da AI”.
Per dimostrarlo, l’informatico, riporta di un esperimento pratico che è stato condotto proprio su questo punto: “Se noi proviamo a fornire il PDF dalla Costituzione Italiana a uno di questi strumenti di rilevamento - racconta - rileverà una percentuale del 5% di produzione artificiale. A mio avviso una cosa molto grave, considerando che all'epoca della sua elaborazione non esistevano computer elettronici. Se pensiamo che alcuni professori tollerano solo una percentuale del 4%, siamo in una situazione in cui molti studenti si potrebbero trovare puniti senza averne colpa”.
Centrale la formazione degli insegnanti
Come scongiurare? Per Cimino “è fondamentale formare i docenti all’uso corretto di queste tecnologie, evitando errori che potrebbero compromettere la valutazione degli studenti”. Ma, parallelamente, l’esperto esorta a un cambio di prospettiva: “La tecnologia è sempre stata un elemento di svolta. Basti pensare a come Google ha trasformato l’accesso alle informazioni. Non possiamo fermare il progresso, ma possiamo adattarci. L’IA non fa eccezione: occorrerà del tempo prima di arrivare a un’accettazione diffusa, questo comporterà sfide inedite, ma offrirà anche soluzioni incredibili”.
Più specificatamente per l’ambito educativo “il vero obiettivo sarà integrare questa tecnologia in modo intelligente, sfruttandone il potenziale senza sacrificare l’apprendimento. Bisognerebbe tenere conto che queste tecnologie esistono e regolarsi di conseguenza: se sappiamo che gli studenti possono farsi fare i riassunti da ChatGPT, forse dovremmo trovare un altro modo per accertarci che abbiano davvero letto un libro che gli è stato detto di leggere. Vietare una tecnologia non prepara le generazioni future, insegnare a usarla in modo etico e consapevole sì”.