L’anno scolastico 2024/25 potrebbe essere dominato dal tema dell’integrazione degli studenti privi di cittadinanza italiana. Emilia-Romagna, Lombardia e Liguria le regioni con l’incidenza maggiore
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Se non ci fossero loro lo spopolamento delle nostre scuole sarebbe ancora più drammatico. Stiamo parlando degli alunni stranieri, che ormai sono presenza fissa e numerosa nelle nostre scuole: ragazze e ragazzi senza cittadinanza italiana, sebbene spesso e volentieri nati qui ma da genitori di nazionalità estera. Al punto che in 1 scuola su 12 rappresentano più del 30% degli alunni complessivi. Una presenza che si concentra soprattutto nel Centro-Nord - la sola Lombardia ne ospita quasi un quarto - e che vede studenti originari soprattutto da Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina, che presi assieme rappresentano quasi la metà del totale.
Anche per questo, probabilmente saranno loro i grandi protagonisti del nuovo anno scolastico. Tanti sono i provvedimenti o le discussioni in corso che li riguardano: dallo Ius Scholae ai docenti di italiano per il potenziamento di deficit linguistici, passando per le nuove Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione civica, appena varate dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, in cui si fa esplicita menzione all’inclusione degli studenti stranieri.
Il motivo di tutta questa, per certi versi inedita, attenzione? L’accelerazione, come detto, è dovuta alla forza dei numeri, che spinge in direzione del cambiamento. Perché, ormai, gli alunni di origine non italiana nelle nostre classi sono ben oltre il 10% della popolazione scolastica. E continuano a crescere costantemente. Lo rivela lo stesso MIM in un report appena pubblicato, da cui il portale Skuola.net ha estrapolato i passaggi più interessanti.
Nel 2022/2023 - ultimo anno scolastico di cui si hanno i dati definitivi - sono stati 914.860 gli alunni stranieri che hanno frequentato le scuole italiane. Con un incremento, rispetto all’anno precedente, di ben 42.500 unità (+4,9%). Numeri che si traducono nell’11,2% del totale degli iscritti - poco più di 8 milioni di persone - dalla scuola dell’infanzia alle superiori (nel 2021/2022 erano stati il 10,6%). Con dei picchi del 12,5% nella scuola dell’infanzia e addirittura del 13,3% alla primaria (le elementari).
Tutto questo mentre gli studenti italiani, a causa dell’inverno demografico che sta colpendo la nostra nazione, nel medesimo periodo sono calati del 2%. Ecco spiegato anche perché, nonostante la crescita degli alunni “di importazione”, si è comunque registrato un crollo di 103 mila unità complessive (-1,2%).
Tornando agli studenti stranieri, fa riflettere anche la circostanza che, sull’onda delle migrazioni di massa, nel 2022/2023 sono notevolmente aumentati anche gli studenti che frequentano per la prima volta una scuola italiana. La crescita ammonta complessivamente a ben 10 mila unità, con una variazione percentuale rispetto all’anno precedente del 51,9%.
Sin qui la situazione a livello nazionale. Ma, analizzando i singoli territori, ci si accorge che la distribuzione di questi alunni è molto diversa a seconda dell’area osservata. I dati 2022/2023 confermano una maggior concentrazione nelle regioni settentrionali: il 65,2% degli studenti di origine non italiana si trova qui. A seguire le regioni del Centro, che ne schierano il 23,3%. Infine il Mezzogiorno, dove risiede appena l’11,5% di loro.
Andando ancor di più nel dettaglio, la Lombardia rimane la regione con i numeri più elevati: 231.819 studenti stranieri, oltre un quarto del totale (25,3%), laddove gli studenti italiani lì rappresentano soltanto il 15,5% del numero nazionale. Poi arrivano Emilia-Romagna (12% degli stranieri complessivi), Veneto (10,9%), Lazio (9,2%), Piemonte (8,9%). Tutt’altra storia, per dire, in grandi regioni meridionali come Campania e Sicilia, dove sono iscritti rispettivamente il 3,6% e il 3,1% (a fronte del 12,1% e 9,3% di studenti con cittadinanza italiana). Figurarsi nelle amministrazioni più piccole.
Inoltre, ci sono delle sotto-zone del Paese che dimostrano di avere una ulteriore, particolare, attrattività. Non a caso, scendendo a livello provinciale, i primi dieci capoluoghi assorbono da soli il 38,9% del totale degli studenti con cittadinanza non italiana. In cima alla graduatoria, in numeri assoluti, rimane la provincia di Milano con 82.396 studenti e un incremento di 2.207 unità rispetto al 2021/2022. Seguono le province di Roma e Torino, con rispettivamente 66.385 e 40.605 presenze.
Anche se, poi, a incidere di più sulla quotidianità scolastica è soprattutto la loro percentuale in rapporto alla popolazione studentesca regionale. In questo caso, l’area che registra i valori più alti è l’Emilia-Romagna, dove gli alunni stranieri sono il 18,4% del totale. La Lombardia resta comunque nelle posizioni di vertice, con il 17,1%. Al terzo posto si colloca la Liguria (15,8%), al quarto il Veneto (15,2%), al quinto la Toscana (15,1%), seguite da Piemonte (14,8%) e Umbria (14,6%). Il Lazio è appena al di sotto della media nazionale (10,7%). Tra le regioni meridionali l’incidenza degli studenti con cittadinanza non italiana è, invece, ovunque inferiore al dato medio dell’11,2%: l’indice varia tra l’8,5% dell’Abruzzo e il 3,0% della Sardegna.
Allo stesso modo, se si osserva la situazione a livello provinciale, non è Milano ma Prato la prima della classe, dove gli alunni di origine migratoria rappresentano il 28,0% del totale. A seguire, le province di Piacenza (25,2%), Parma (21,3%) e Mantova (21,1%).
Il vero aspetto centrale del processo d’inclusione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana, però, è un altro: la loro distribuzione nelle singole scuole e, all’interno degli istituti, tra le classi. Ed è proprio quello che è stato deciso di normare. Al fine di evitare la concentrazione degli alunni con retroterra migratorio in pochi contesti e, altresì, per favorire una loro distribuzione equilibrata, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha fissato, per ciascuna classe (e ciascuna scuola), un tetto del 30% alla presenza di studenti con “ridotte conoscenze della lingua italiana”.
Ma, proprio alla luce dei dati passati qui in rassegna, in determinati territori è complicato restare sotto tale quota. La scuola dell’infanzia e la primaria si confermano gli ambiti educativi più problematici, rispettivamente con il 9,5% e con l’8,9% delle scuole che sforano il limite ministeriale del 30%. La media nazionale è del 7,9%.
Mentre, a livello regionale, le scuole che superano la soglia sono soprattutto al Nord. Le unità scolastiche di questo tipo sono, in valore assoluto, 1.190 in Lombardia (pari al 15,4% delle scuole in regione), 639 in Emilia-Romagna (19,0%) e 497 in Veneto (11,9%). In Liguria sono numericamente poche ma rappresentano il 13,5% del totale.
Va, però, tenuto conto che i dati comprendono gli studenti di origine migratoria nati in Italia. Che si presume abbiano una buona, se non ottima, conoscenza della lingua italiana. E che, per questo, al loro cospetto, le norme concedono delle deroghe: nelle classi in cui sono soprattutto loro gli alunni stranieri, a fronte di una delibera dell’Ufficio scolastico regionale, il limite del 30% può essere alzato. E allora il problema si ridimensiona notevolmente, visto che la popolazione studentesca di origine non italiana è rappresentata per quasi i due terzi - il 65,4% - proprio dalle cosiddette “seconde generazioni”. E che, considerando questo elemento, le classi con oltre il 30% di alunni con cittadinanza non italiana nati all’estero si riducono in media allo 0,6% per classe, non andando oltre l’1,7% in Liguria, l’1,2%, in Molise, l’1,1% in Friuli-Venezia Giulia.
Per concludere, merita un accenno la provenienza di questi studenti. O, a questo punto, sarebbe meglio dire dei loro genitori. Sono circa 200 i Paesi in elenco: il 44,42% è di origine europea (oltre la metà di loro però è di Paesi che non fanno parte della UE); seguono gli studenti africani (27,25%) e asiatici (20,27%). Più contenuta la quota di quanti affondano le proprie radici nel continente americano (Nord-Centro-Sud) e in Oceania: sono rispettivamente l’8,02% e lo 0,03%.
Tra i Paesi europei la cittadinanza più rappresentata, seppur in diminuzione già da qualche anno, si conferma ancora una volta quella della Romania con quasi 150 mila studenti. Seguono Albania (119 mila) e Marocco (114 mila). Solo questi tre gruppi, presi assieme, rappresentano oltre il 40% degli alunni con cittadinanza non italiana. Al quarto posto c’è da anni la Cina, che oggi conta quasi 50mila presenze ma che da qualche tempo è in costante arretramento. A causa della guerra, rientra tra le prime dieci nazionalità - dopo sei anni - l’Ucraina: con oltre 43.300 unità è quinta in classifica. Infine, a completare la top ten, troviamo, nell’ordine: Egitto, India, Bangladesh, Moldavia e Pakistan.