oltre 1 su 10 ha origini non italiane

Scuola, sempre più alunni "stranieri" ma la maggior parte è nata in Italia

L’anno scolastico 2024/25 potrebbe essere dominato dal tema dell’integrazione degli studenti privi di cittadinanza italiana.  Emilia-Romagna, Lombardia e Liguria le regioni con l’incidenza maggiore

11 Set 2024 - 15:04
 © -afp

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Se non ci fossero loro lo spopolamento delle nostre scuole sarebbe ancora più drammatico. Stiamo parlando degli alunni stranieri, che ormai sono presenza fissa e numerosa nelle nostre scuole: ragazze e ragazzi senza cittadinanza italiana, sebbene spesso e volentieri nati qui ma da genitori di nazionalità estera. Al punto che in 1 scuola su 12 rappresentano più del 30% degli alunni complessivi. Una presenza che si concentra soprattutto nel Centro-Nord - la sola Lombardia ne ospita quasi un quarto - e che vede studenti originari soprattutto da Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina, che presi assieme rappresentano quasi la metà del totale.

Anche per questo, probabilmente saranno loro i grandi protagonisti del nuovo anno scolastico. Tanti sono i provvedimenti o le discussioni in corso che li riguardano: dallo Ius Scholae ai docenti di italiano per il potenziamento di deficit linguistici, passando per le nuove Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione civica, appena varate dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, in cui si fa esplicita menzione all’inclusione degli studenti stranieri.

Quanti sono gli studenti stranieri nelle scuole d’Italia?

 Il motivo di tutta questa, per certi versi inedita, attenzione? L’accelerazione, come detto, è dovuta alla forza dei numeri, che spinge in direzione del cambiamento. Perché, ormai, gli alunni di origine non italiana nelle nostre classi sono ben oltre il 10% della popolazione scolastica. E continuano a crescere costantemente. Lo rivela lo stesso MIM in un report appena pubblicato, da cui il portale Skuola.net ha estrapolato i passaggi più interessanti.

Nel 2022/2023 - ultimo anno scolastico di cui si hanno i dati definitivi - sono stati 914.860 gli alunni stranieri che hanno frequentato le scuole italiane. Con un incremento, rispetto all’anno precedente, di ben 42.500 unità (+4,9%). Numeri che si traducono nell’11,2% del totale degli iscritti - poco più di 8 milioni di persone - dalla scuola dell’infanzia alle superiori (nel 2021/2022 erano stati il 10,6%). Con dei picchi del 12,5% nella scuola dell’infanzia e addirittura del 13,3% alla primaria (le elementari).

Tutto questo mentre gli studenti italiani, a causa dell’inverno demografico che sta colpendo la nostra nazione, nel medesimo periodo sono calati del 2%. Ecco spiegato anche perché, nonostante la crescita degli alunni “di importazione”, si è comunque registrato un crollo di 103 mila unità complessive (-1,2%).

Tornando agli studenti stranieri, fa riflettere anche la circostanza che, sull’onda delle migrazioni di massa, nel 2022/2023 sono notevolmente aumentati anche gli studenti che frequentano per la prima volta una scuola italiana. La crescita ammonta complessivamente a ben 10 mila unità, con una variazione percentuale rispetto all’anno precedente del 51,9%.

Le regioni (e le province) che accolgono più alunni di origine migratoria

 Sin qui la situazione a livello nazionale. Ma, analizzando i singoli territori, ci si accorge che la distribuzione di questi alunni è molto diversa a seconda dell’area osservata. I dati 2022/2023 confermano una maggior concentrazione nelle regioni settentrionali: il 65,2% degli studenti di origine non italiana si trova qui. A seguire le regioni del Centro, che ne schierano il 23,3%. Infine il Mezzogiorno, dove risiede appena l’11,5% di loro.

Andando ancor di più nel dettaglio, la Lombardia rimane la regione con i numeri più elevati: 231.819 studenti stranieri, oltre un quarto del totale (25,3%), laddove gli studenti italiani lì rappresentano soltanto il 15,5% del numero nazionale. Poi arrivano Emilia-Romagna (12% degli stranieri complessivi), Veneto (10,9%), Lazio (9,2%), Piemonte (8,9%). Tutt’altra storia, per dire, in grandi regioni meridionali come Campania e Sicilia, dove sono iscritti rispettivamente il 3,6% e il 3,1% (a fronte del 12,1% e 9,3% di studenti con cittadinanza italiana). Figurarsi nelle amministrazioni più piccole.

Inoltre, ci sono delle sotto-zone del Paese che dimostrano di avere una ulteriore, particolare, attrattività. Non a caso, scendendo a livello provinciale, i primi dieci capoluoghi assorbono da soli il 38,9% del totale degli studenti con cittadinanza non italiana. In cima alla graduatoria, in numeri assoluti, rimane la provincia di Milano con 82.396 studenti e un incremento di 2.207 unità rispetto al 2021/2022. Seguono le province di Roma e Torino, con rispettivamente 66.385 e 40.605 presenze.

Anche se, poi, a incidere di più sulla quotidianità scolastica è soprattutto la loro percentuale in rapporto alla popolazione studentesca regionale. In questo caso, l’area che registra i valori più alti è l’Emilia-Romagna, dove gli alunni stranieri sono il 18,4% del totale. La Lombardia resta comunque nelle posizioni di vertice, con il 17,1%. Al terzo posto si colloca la Liguria (15,8%), al quarto il Veneto (15,2%), al quinto la Toscana (15,1%), seguite da Piemonte (14,8%) e Umbria (14,6%). Il Lazio è appena al di sotto della media nazionale (10,7%). Tra le regioni meridionali l’incidenza degli studenti con cittadinanza non italiana è, invece, ovunque inferiore al dato medio dell’11,2%: l’indice varia tra l’8,5% dell’Abruzzo e il 3,0% della Sardegna.

Allo stesso modo, se si osserva la situazione a livello provinciale, non è Milano ma Prato la prima della classe, dove gli alunni di origine migratoria rappresentano il 28,0% del totale. A seguire, le province di Piacenza (25,2%), Parma (21,3%) e Mantova (21,1%).

L’attenzione è rivolta soprattutto ai “tetti” per classe

 Il vero aspetto centrale del processo d’inclusione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana, però, è un altro: la loro distribuzione nelle singole scuole e, all’interno degli istituti, tra le classi. Ed è proprio quello che è stato deciso di normare. Al fine di evitare la concentrazione degli alunni con retroterra migratorio in pochi contesti e, altresì, per favorire una loro distribuzione equilibrata, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha fissato, per ciascuna classe (e ciascuna scuola), un tetto del 30% alla presenza di studenti con “ridotte conoscenze della lingua italiana”.

Ma, proprio alla luce dei dati passati qui in rassegna, in determinati territori è complicato restare sotto tale quota. La scuola dell’infanzia e la primaria si confermano gli ambiti educativi più problematici, rispettivamente con il 9,5% e con l’8,9% delle scuole che sforano il limite ministeriale del 30%. La media nazionale è del 7,9%.

Mentre, a livello regionale, le scuole che superano la soglia sono soprattutto al Nord. Le unità scolastiche di questo tipo sono, in valore assoluto, 1.190 in Lombardia (pari al 15,4% delle scuole in regione), 639 in Emilia-Romagna (19,0%) e 497 in Veneto (11,9%). In Liguria sono numericamente poche ma rappresentano il 13,5% del totale.

Le “seconde generazioni” ridimensionano la portata del problema

 Va, però, tenuto conto che i dati comprendono gli studenti di origine migratoria nati in Italia. Che si presume abbiano una buona, se non ottima, conoscenza della lingua italiana. E che, per questo, al loro cospetto, le norme concedono delle deroghe: nelle classi in cui sono soprattutto loro gli alunni stranieri, a fronte di una delibera dell’Ufficio scolastico regionale, il limite del 30% può essere alzato. E allora il problema si ridimensiona notevolmente, visto che la popolazione studentesca di origine non italiana è rappresentata per quasi i due terzi - il 65,4% - proprio dalle cosiddette “seconde generazioni”. E che, considerando questo elemento, le classi con oltre il 30% di alunni con cittadinanza non italiana nati all’estero si riducono in media allo 0,6% per classe, non andando oltre l’1,7% in Liguria, l’1,2%, in Molise, l’1,1% in Friuli-Venezia Giulia.

Per concludere, merita un accenno la provenienza di questi studenti. O, a questo punto, sarebbe meglio dire dei loro genitori. Sono circa 200 i Paesi in elenco: il 44,42% è di origine europea (oltre la metà di loro però è di Paesi che non fanno parte della UE); seguono gli studenti africani (27,25%) e asiatici (20,27%). Più contenuta la quota di quanti affondano le proprie radici nel continente americano (Nord-Centro-Sud) e in Oceania: sono rispettivamente l’8,02% e lo 0,03%.

Romania, Albania e Marocco le nazionalità più rappresentate

  Tra i Paesi europei la cittadinanza più rappresentata, seppur in diminuzione già da qualche anno, si conferma ancora una volta quella della Romania con quasi 150 mila studenti. Seguono Albania (119 mila) e Marocco (114 mila). Solo questi tre gruppi, presi assieme, rappresentano oltre il 40% degli alunni con cittadinanza non italiana. Al quarto posto c’è da anni la Cina, che oggi conta quasi 50mila presenze ma che da qualche tempo è in costante arretramento. A causa della guerra, rientra tra le prime dieci nazionalità - dopo sei anni - l’Ucraina: con oltre 43.300 unità è quinta in classifica. Infine, a completare la top ten, troviamo, nell’ordine: Egitto, India, Bangladesh, Moldavia e Pakistan.

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