DOPO I NUOVI 'COLORI'

Scuole, quasi 7 milioni di studenti in Dad. Ecco per chi restano aperte le aule (anche in zona rossa)

Sono circa 8 su 10 gli alunni interessati dalle chiusure degli istituti, con l'Italia in gran parte "rossa". Una nota del MI, tuttavia, chiarisce quali studenti possono comunque frequentare gli istituti. Esclusi invece i figli dei lavoratori essenziali

16 Mar 2021 - 12:25

Con il netto aumento delle regioni 'rosse' – che con la nuova Ordinanza del ministro della Salute salgono a dieci (più la Provincia di Trento) – va aggiornato anche il bilancio delle chiusure scolastiche. Laddove le misure di contenimento del virus sono più stringenti, infatti, tutti gli studenti di ogni ordine e grado tornano (salvo casi specifici) in Dad al 100%. Così, dal 15 marzo, circa 8 alunni su 10 di scuole statali e paritarie – 6,9 milioni su un totale di 8,5 milioni - sono di nuovo totalmente a casa. Numeri che non si toccavano dal lockdown di marzo 2020. A stimarlo è il consueto monitoraggio effettuato dal portale Tuttoscuola, sulla base dei dati forniti dalla Fondazione Gimbe.

Anche 3 milioni di bambini da oggi a casa

Entrando nel dettaglio dei vari livelli scolastici, a seguire le lezioni solo 'a distanza' saranno: 3 milioni e 50 mila bambini della scuola dell’infanzia e della primaria (circa 800 mila in più rispetto a sette giorni fa), un milione e 350mila ragazzi delle medie, 2 milioni e 500 mila studenti delle superiori (in entrambi i casi con un incremento di 200 mila unita in una settimana). A far schizzare il numero sono soprattutto i cambi di colore di Lazio, Veneto e Piemonte.

Pochissime le Regioni con le scuole aperte

Alla fine sono ben 16 Regioni su 20 ad aver dovuto chiudere quasi tutte le scuole. Le uniche con la scuola prevalentemente in presenza restano la Calabria (recuperata per ora dal TAR), la Sicilia, la Valle d’Aosta e ovviamente la Sardegna che, essendo in zona bianca, è la sola che avrà praticamente tutti gli studenti in presenza. Con la solita indicazione, per gli studenti delle superiori, della presenza al massimo tra il 50% e il 75% delle ore previste dal calendario. Nel calcolo, però, si è anche tenuto conto della chiusura totale delle scuole in singoli comuni di alcune regioni che sono in zona arancione (come in Sicilia, Toscana, Umbria).

Nuove chiusure all'orizzonte?

Numeri che potrebbero ulteriormente aumentare se, a fronte di una crescita dei contagi registrata nei prossimi giorni, alcuni Governatori delle Regioni ancora in 'arancione' dovessero applicare quanto previsto dall'ultimo Dpcm, che consente la chiusura di tutte le scuole dove vi siano più di 250 contagi settimanali ogni 100mila abitanti. In quel caso, infatti, la didattica a distanza si concretizzerebbe per 9 alunni su 10. Ma il meccanismo non è automatico: ad esempio, Toscana e Liguria, pur avendo un indice superiore a tale soglia già dalla scorsa settimana, per ora mantengono più della metà degli studenti in classe.

Le aree più colpite: al Nord-Est tutti a casa

Le regioni più interessate dalla chiusura totale e con quantità notevoli di ragazzi a casa sono la Lombardia (1,4 milioni di alunni in DAD), la Campania (945 mila), il Lazio (821 mila), il Veneto (680 mila), l’Emilia Romagna (620 mila), la Puglia (585 mila), il Piemonte (573 mila). Con un quadro molto disomogeneo sul territorio, visto che il virus costringe a casa il 95% degli studenti del Nord Italia e meno di 2 su 3 nel Mezzogiorno, con il Centro che si attesta sulla media nazionale di 8 su 10. Particolarmente pesante la situazione nel Nord est, dove andranno a scuola solo i bambini dell’infanzia e primaria della provincia di Bolzano: a casa tutti gli altri, il 97,3%. Scenario opposto nelle Isole maggiori (Sicilia e Sardegna), dove l’83% degli alunni potrà ancora andare a scuola.

Aule aperte per alunni con Disabilità e Bes

Esistono comunque delle deroghe alla regola generale, che potrebbero consentire a qualche alunno in più di continuare a sedere al proprio banco. È il caso degli studenti con bisogni educativi speciali (BES) e con disabilità, ai quali anche in 'zona rossa' è concessa la frequenza in presenza, a patto che l’istituto si organizzi in tal senso. Opportunità che, secondo un monitoraggio effettuato dal portale Skuola.net nelle scorse settimane, hanno effettivamente colto parecchie scuole costrette alle chiusure: tra i 3500 studenti delle superiori (in Dad al 100%) interpellati, 8 su 10 hanno raccontato che il proprio istituto ha mantenuto i cancelli aperti per gli iscritti che necessitavano di svolgere attività in presenza.

Intere classi potrebbero andare a scuola

Non solo, una nota operativa del ministero dell'Istruzione emanata il 12 marzo, ha previsto anche che per rendere effettivo il principio di inclusione le scuole possono valutare di “coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola”. Permettendo, di fatto, a tutta (o quasi) la classe di essere comunque in presenza.

Salve le attività di laboratorio

Lo stesso si può dire, come già sta avvenendo da inizio anno, di far tornare a scuola quei ragazzi che devono poter sfruttare i laboratori per attività previste dal piano di studi. Anche per loro, perciò, la nota ministeriale salva “la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l'uso dei laboratori”. Qui, però, l'adesione degli istituti è stata più sporadica. Sempre secondo lo stesso monitoraggio di Skuola.net, solamente il 50% degli alunni delle superiori costretti a casa dalle chiusure ha potuto andare a scuola per attività del genere. L'altra metà, pur avendo nel programma lezioni 'pratiche' da svolgere necessariamente in presenza, è dovuta rimanere a casa.

Ancora esclusi i figli dei lavoratori 'essenziali'

Niente da fare, almeno per ora, per i figli dei cosiddetti ‘lavoratori essenziali’ (medici, infermieri, forze dell’ordine, ecc.), per i quali manca la norma che gli consentirebbe di andare a scuola se i genitori sono impegnati per ragioni di servizio. Proprio su questo tema negli scorsi giorni si è sollevato un acceso dibattito e, da più parti, stanno spingendo per una soluzione in senso positivo. Probabile, dunque, che a breve anche loro vengano inclusi nell’elenco dei soggetti per i quali le scuole non chiudono, riportando un discreto ulteriore numero di alunni in classe.
 

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