Dopo la proposta di legge, che vorrebbe introdurre norme più rigide sull'utilizzo dei device personali negli istituti di tutti i livelli scolastici, si è aperto il dibattito se sia opportuno o meno vietare l’ingresso dei cellulari in aula
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Nelle nostre scuole, molto presto, per smartphone e tablet potrebbe non esserci più spazio. Un bando totale? Così appare quello avanzato da una proposta di legge di Forza Italia, a firma dell’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. A cui si è accodata un’altra proposta della deputata della Lega Giorgia Latini. Lo spunto? Il ripristino dell’educazione civica obbligatoria in tutti i livelli scolastici (dalle elementari alle superiori). Un input che, trovando ampie fasce della maggioranza parlamentare giallo-verde concordi, potrebbe essere armonizzato nel testo guida sull’argomento - in discussione in commissione Cultura alla Camera - predisposto da Massimiliano Capitanio, altro esponente leghista.
La norma che bandisce i cellulari a scuola
“È vietata l’utilizzazione dei telefoni mobili e degli altri dispositivi di comunicazione elettronica da parte degli alunni all’interno delle scuole primarie, delle scuole secondarie di primo e di secondo grado e negli altri luoghi in cui si svolge l’attività didattica”, eccolo il passaggio cruciale della proposta. Un’integrazione al D.Lgs. 1994/297 – il Testo Unico sull’istruzione – che di fatto lascia fuori dalla porta (salvo casi eccezionali e per esigenze particolari, tra cui quelle didattiche) i device personali, compresi quelli dei docenti. L’ipotesi è quella di lasciare i cellulari in presidenza e per le chiamate di emergenza far riferimento alla segreteria. In più, si rimarca la necessità di promuovere anche “attività di sensibilizzazione degli alunni su diritti e doveri connessi all’uso di Internet e degli altri strumenti digitali, nonché progetti per prevenire e contrastare il bullismo informatico”.
In dodici mesi è cambiato (quasi) tutto
E pensare che, appena un anno fa, il Miur aveva divulgato un Decalogo con le istruzioni pratiche per disciplinare i dispositivi personali in classe e integrarli nella didattica. Un’idea lanciata dall’allora ministra Valeria Fedeli per aggiornare quanto previsto nel 2007 da una circolare dell'allora titolare del dicastero di Viale Trastevere, Giuseppe Fioroni, ormai datata visto il rapido progresso delle nuove tecnologie nell’ultimo decennio. Tutto questo avveniva proprio mentre in Francia, il presidente Macron, faceva approvare una legge che vietava l’uso degli smartphone a scuola, anche durante le pause, per il momento solo fino alle medie. Ora, anche il Governo italiano, sembra andare in questa direzione. Creando non pochi problemi alla quotidianità delle nostre scuole.
Smartphone in classe, qual è la situazione?
Perché, come mostra un recente sondaggio del portale Skuola.net, più della metà dei ragazzi (56%) dice di usare già il cellulare durante le lezioni: in 1 caso su 10 sono tutti i professori a cercare di sfruttare gli smartphone per rendere le spiegazioni più coinvolgenti; il 47% di loro, invece, si deve accontentare solo di alcuni docenti che credono nelle potenzialità delle nuove tecnologie per l’accrescimento della cultura personale. Ma, nello specifico, che uso se ne fa? A più di 1 ragazzo su 3 – il 36% - viene chiesto di accenderli per approfondire le spiegazioni; nel 13% dei casi per usare App durante lezioni e compiti in classe; la stessa percentuale (13%) lo sfrutta per prendere appunti e organizzare lo studio. Ma è anche vero che, in tantissimi, aggirano costantemente i divieti (già esistenti): il 16% chatta con gli amici, il 13% controlla i social network, il 12% naviga su Internet, il 4% cerca le soluzioni ai compiti in classe, la stessa quota (4%) gioca.
Il Ministro Bussetti getta acqua sul fuoco
Come potrebbe cambiare, quindi, la vita tra i banchi di scuola? L’attuale ministro dell’Istruzione Marco Bussetti cerca di tranquillizzare studenti docenti e famiglie: "L'utilizzo dei device per quanto riguarda la didattica - sottolinea - è uno strumento fondamentale e quindi sono a favore del loro uso ma soprattutto ho fiducia nei nostri studenti. Credo molto nel loro senso di responsabilità sull'uso consapevole di questi strumenti ai fini di un migliore apprendimento. Condanno invece in maniera decisa l'uso per altri fini".