PSICOLOGI A SCUOLA

Sostegno psicologico a scuola: come cambierà con l’intesa tra ministero e Ordine degli Psicologi?

David Lazzari, massimo rappresentante di categoria, dà il suo punto di vista su come dovrebbe svilupparsi la strategia

22 Mar 2024 - 11:18
 © Istockphoto

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Maggiore presenza degli psicologi a scuola. Non solo per gli studenti e per attività “a sportello”, ma anche per supportare in maniera proattiva il benessere mentale di tutta la comunità scolastica, professori inclusi. Questi alcuni degli obiettivi del protocollo d’intesa siglato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito con il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, votato alla prevenzione delle forme di disagio psicologico e alla promozione del benessere degli alunni e delle loro famiglie, ma anche di docenti, dirigenti e personale scolastico.

Il benessere mentale è una priorità anche e soprattutto per gli studenti

Per gli studenti, infatti, la cura del benessere psicologico a scuola è l’intervento più urgente da mettere in cantiere. Così come hanno sottolineato gli oltre 6mila studenti che hanno partecipato a una consultazione indetta dal portale Skuola.net. Pure i docenti, però, sembrano manifestare una crescente necessità di essere supportati in questo ambito. 

Ma, in concreto, in cosa si sostanzieranno queste azioni? In che modo si proverà ad aiutare le ragazze e i ragazzi? Per capirlo, la stessa Skuola.net ha interpellato chi meglio di ogni altro può spiegarlo: David Lazzari, Presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi.

Uno psicologo in ogni scuola: è uno scenario davvero realistico?

“Dobbiamo essere molto chiari: per ora, non cambia niente. Credo sia importante evitare la politica degli annunci e vedere cosa accade in concreto. Il protocollo è solo l'avvio di un percorso che ha due obiettivi dichiarati: prevenire i disagi psico-comportamentali di studentesse e studenti e potenziare i percorsi progettuali per l’acquisizione di competenze personali per la vita e alla promozione del benessere psico relazionale”.

Cosa permette di fare, al momento, il protocollo?

“Il protocollo individua uno strumento e un percorso. Lo strumento attuativo è l'attivazione di nuclei - chiamati "presidi territoriali" - di psicologi scolastici. Vista l'organizzazione della scuola, con uffici scolastici provinciali e regionali, gli ex provveditorati per capirci, ritengo che la dimensione più funzionale sia quella provinciale. Il metodo di lavoro è, invece, quello della costituzione di un comitato unitario di Consiglio Nazionale degli Ordini degli Psicologi  e Ministero, per la messa a terra degli obiettivi”.

In che modo la psicologia può inserirsi in una comunità scolastica?

“La psicologia scolastica è una realtà in Europa e in molti altri Paesi. Nel 2023 ci sono stati in Italia due incontri internazionali per approfondire e confrontare le esperienze dei diversi Paesi. Abbiamo studi e idee chiare su cosa serve e cosa bisogna fare. Si tratta di un'area di competenze specifica e consolidata, e io credo che un Paese serio debba valorizzare le competenze e le cose che funzionano. Tanto più che la sperimentazione fatta tra il 2020 e il 2022 nel 75% delle scuole italiane ha dato risultati molto soddisfacenti”

Mentre il singolo psicologo, come potrebbe aiutare le scuole?

“Lo psicologo scolastico non si sostituisce a nessuna delle figure d’istituto ma svolge una consulenza di sistema, rivolta alle ragazze e ragazzi, ai docenti, al personale tutto e all'organizzazione. È un facilitatore di processi in un contesto chiamato oggi a svolgere un ruolo molto importante per lo sviluppo dei giovani”.

Questo, nel pratico, in cosa si traduce?

“Ci potranno essere interventi di ascolto ma anche proattivi, a livello individuale e di gruppo. La sperimentazione del biennio 20-22 ha visto un'attività innovativa rispetto ai classici sportelli, a 360 gradi rispetto ai bisogni della scuola. La vera domanda da porsi però è un’altra: si vuole fare qualcosa per rispondere a una situazione ormai strutturale che è sotto gli occhi di tutti? Quando vado in giro trovo tanti ragazzi che chiedono in modo consapevole e maturo un aiuto e tanti genitori preoccupati. Se la politica vuole occuparsi di questo tema il protocollo è un'occasione che non deve essere sprecata e il Governo deve sostenere lo sforzo del Ministro Valditara”.

Agli insegnanti, invece, in che modo può essere utile un percorso del genere?

“Secondo molti studenti, lo scarso feeling con la scuola dipende proprio da docenti poco empatici e da una organizzazione del sistema di valutazione o dello studio autonomo da burnout. D’altro canto, però, gli insegnanti li stiamo caricando di sempre nuovi compiti, si pensi ai tutor. È evidente che un aiuto, la possibilità di un confronto, è fondamentale anche per chi fa un lavoro così importante e delicato. Quando c’è stress la prima cosa è la chiusura, la perdita di empatia. Gli insegnanti non sono macchine, gli chiediamo di essere testimoni di umanità, ma allora dobbiamo trattarli come esseri umani”.

Potrebbero bastare iniziative come questa oppure serve altro? 

“È ridicolo pensare che una singola misura possa risolvere tutto. Evitiamo di banalizzare, stiamo rischiando grosso: non fare nulla per promuovere la psiche, per diminuire un malessere che incide sullo sviluppo, lo studio, le relazioni, la salute, la capacità di affrontare la vita, vuol dire compromettere il capitale umano del Paese e rendere insostenibile la cura delle situazioni più gravi”.
 

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