Un rapporto Eurydice analizza la retribuzione di base dei docenti a inizio carriera nonché le loro prospettive di progressione di stipendio
Insegnante con la mascherina e alunni distanziati a Bruxelles © IPA
Una partenza dalle retrovie senza grandi possibilità di recupero durante la corsa: può essere riassunta con questa metafora sportiva la carriera degli insegnanti italiani dal punto di vista economico. Il nostro Paese, infatti, è quello che, se consideriamo i Paesi più avanzati in termini di PIL pro capite, riconosce ai docenti uno degli stipendi iniziali più bassi del Vecchio Continente. E la situazione si mantiene tale anche sulla lunga distanza. A svelarlo è il nuovo rapporto Eurydice, che ha analizzato la composizione e le differenze nelle retribuzioni degli insegnanti e dei capi di istituto di 38 sistemi educativi europei, riassunto nei suoi tratti salienti dal portale Skuola.net.
A fondo classifica tra i paesi più ricchi
Dall'indagine, emerge in tutta la sua evidenza la netta differenza, che in alcuni casi diventa abissale, tra gli stipendi di casa nostra e quelli riconosciuti ai prof dalla maggior parte dei nostri “vicini”. Visto che, secondo i dati raccolti da Eurydice e OCSE, la paga dei professori di casa nostra si colloca nella parte bassa della forbice che racchiude lo stipendio annuo dei docenti europei, che può variare dai 5.000 agli 80.000 euro lordi. Con il PIL pro capite che incide notevolmente sul totale: più questo è alto, più sarà elevata la retribuzione.
Il Nord Europa ci doppia fin dalla partenza
Per questo, specie se paragonata con alcuni modelli virtuosi, l'Italia mostra un evidente disequilibrio. Da noi, infatti, a inizio carriera il salario di un insegnante oscilla tra i 22.000 e i 29.000 euro lordi annui. E’ vero che una situazione simile si registra in grandi nazioni come Francia e Portogallo, ma siamo ben lontani dai 50.000 euro (e più) di cui beneficiano i colleghi di Danimarca, Germania, Lussemburgo, Svizzera e Liechtenstein. Ma è con gran parte dei Paesi, specie se del Nord Europa, che ne usciamo sconfitti; con tantissime nazioni che si collocano nello scaglione immediatamente più basso rispetto al vertice (30.000-49.000 euro): è il caso del Belgio, dei Paesi Bassi, di Austria, Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia.
Solo l’Europa Orientale fa peggio di noi
Ci possiamo consolare solo guardando verso Est; a Bulgaria, Ungheria, Polonia e Romania: qui i docenti iniziano la propria carriera guadagnando 9.000 euro lordi all’anno. Livelli salariali simili si registrano in Albania, Bosnia, Macedonia, Serbia e Turchia. Più o meno allineati a noi, ma un gradino sotto a quota 20.000 euro annui, troviamo invece Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Croazia, Lituania, Lettonia, Slovenia e Repubblica Slovacca.
Poco premiata l’anzianità di servizio
Anche per quanto riguarda l’importo e il tempo necessario per gli aumenti di stipendio legati alla progressione di carriera, si registrano sostanziali differenze tra i Paesi europei. Ci sono nazioni, come l’Italia, in cui gli insegnanti anche con una significativa anzianità di servizio raggiungono modesti aumenti di stipendio. Dopo 35 anni in cattedra, ad esempio, da noi le retribuzioni possono aumentare di circa il 50%, nel migliore dei casi.
Aumenti? Da noi (e in Francia) il potere d’acquisto è sempre lo stesso
Per quanto riguarda, infine, i cambiamenti negli stipendi tabellari durante gli ultimi anni, dal rapporto risulta che nel 2018/19 e 2019/20, gli insegnanti hanno visto aumentare i propri stipendi nella maggior parte dei sistemi educativi, anche se gli aumenti sono stati generalmente modesti o indicizzati all'inflazione. Tra il 2014/15 e il 2019/20, in un quarto dei sistemi educativi analizzati, gli stipendi iniziali degli insegnanti adeguati all'inflazione sono rimasti invariati o sono risultati addirittura inferiori. In Italia, così come in Francia, il potere di acquisto degli insegnanti è rimasto più o meno lo stesso negli ultimi cinque anni.