Secondo i dati Istat sono circa 4mila i suicidi in Italia ogni anno: il 5% riguarda giovani sotto i 24 anni. Anche recentemente non pochi, tra liceali e studenti universitari, hanno deciso di togliersi la vita
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Un killer silenzioso e spietato, che non risparmia nemmeno i ragazzi. La depressione sta diventando un male sempre più trasversale, senza guardare la carta d'identità. E che, purtroppo, spesso spinge verso gesti estremi. Lo confermano i dati: in base a un recente report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello globale il suicidio è la seconda causa di morte (subito dopo gli incidenti stradali) tra gli under 30. Volendo circoscrivere il fenomeno all’Italia, l’Istat ha stimato in circa 4mila i suicidi nel nostro Paese. Di questi, oltre il 5% vede protagonisti ragazzi sotto i 24 anni. Stiamo parlando di 200 casi l’anno, un’enormità.
Un malessere non sempre evidente - L’ospedale pediatrico romano ‘Bambino Gesù’ ha da poco diffuso dei dati sconcertanti. Mostrando come i numeri, includendo chi non riesce nel proprio intento, s’ingrossano notevolmente: in appena otto anni, le richieste urgenti di pronto soccorso per tentati suicidi sono aumentate di venti volte (da 12 casi nel 2011 a 237 del 2018); riguardando persino bambini di 10-11 anni. E, sempre nel 2018, sono state effettuate quasi mille consulenze neuropsichiatriche (in aumento del 24% rispetto al 2017). Poi c’è tutto il ‘sommerso’. Tantissimi altri ragazzi, infatti, per richiamare l’attenzione su di loro e sul proprio malessere, si fermano un passo prima dell’irreparabile. Facendosi del male senza un’apparente ragione. Secondo una ricerca internazionale pubblicata sul Journal of Child Psychology and Psychiatry, in Europa il 27,6% degli adolescenti mette in atto comportamenti autolesionistici (anche periodici); in Italia siamo nell’ordine di 1 ragazzo su 5. Si tratta di centinaia di migliaia di giovani, una vera e propria emergenza sociale. Da arginare al più presto.
Giovani e suicidi, è emergenza - Ma dove affonda le radici tutto questo malessere? Le ragioni sono molteplici, così come sono complessi i meccanismi che regolano la mente umana. Ma seguendo i casi di cronaca sembrano essere soprattutto due le cause: il fallimento negli studi (se reale o immaginato è tutto da vedere) e il diventare oggetto di vessazione da parte dei coetanei (bullismo, cyberbullismo, revenge porn sono termini ormai sulla bocca di tutti). Situazioni diversissime tra loro che però hanno un tratto in comune: un’eccessiva pressione sociale che, se associata alla sensazione di sconfitta individuale, può trasformarsi nell’innesco per gli istinti suicidari. Skuola.net si è concentrata sull’ultimo anno. E il quadro che emerge è davvero allarmante.
Università: quando il fallimento non lascia scampo - L’università il ‘palcoscenico’ tristemente più utilizzato per mettere in scena il proprio saluto al mondo. Quante volte abbiamo letto di studenti che, all’indomani di un esame andato male o alla vigilia di un’ipotetica laurea (che poi si dimostrava tutt’altro che vicina), hanno deciso di togliersi la vita per non confessare il castello di bugie che avevano costruito attorno alla famiglia. L’ultimo episodio è avvenuto a Fisciano, nel Campus dell’università di Salerno, dove una ragazza trentenne (Daniela il suo nome) si è lanciata dal quarto piano del parcheggio multipiano. Lei aveva mollato la facoltà di Medicina da qualche anno, per via di una depressione – forse causata dalle difficoltà nel dare gli esami - che le impediva di andare avanti. I genitori, però, credevano che stesse valutando di riprendere l’università. Invece no: il suo ritorno in quel luogo era per mettere la parola fine laddove era tutto iniziato.
Fisciano: un luogo che sembra avvolto da una maledizione. Ben quattro i suicidi in meno di tre anni tra i suoi iscritti. Prima di Daniela lo stesso destino è toccato a una 25enne, anch’essa iscritta a Medicina, morta nel maggio 2019 dopo alcuni giorni di agonia, a causa delle ferite che si era autoinflitta con un coltello da cucina. Mentre nel 2017 due ragazzi ancora più giovani, un 19enne e un 21enne, a distanza di pochi mesi si lanciarono nel vuoto, rispettivamente dalle scale della biblioteca e (di nuovo) dal parcheggio multipiano. A proposito di Medicina, è eloquente un post Facebook pubblicato da una collega di facoltà di Daniela all’indomani della sua morte: “I successi sono bellissimi – si legge in un passaggio - Ma smettetela di pensare che è semplice. Ognuno fa i conti con i suoi ostacoli, con i suoi limiti. Fateci un favore: chiedeteci come stiamo, se vogliamo prendere un caffè; non chiedeteci quand’è l’esame, se siamo preparati…”
La competizione sfrenata e le aspettative. Le stesse che sembrano all’origine del suicidio di Manlio, il 25enne viterbese che studiava medicina a Pavia: lui si è impiccato, nel novembre scorso, nella casa che divideva con altri ragazzi, a cui avrebbe mandato un messaggio che annunciava il gesto; non riusciva a sopportare di essere in ritardo con gli esami. La sua vicenda ricorda da vicino quella di una 26enne studentessa a Perugia che a uno degli ultimi esami, sempre di Medicina, non sapendo rispondere a una domanda del professore, ha rinunciato a proseguire il colloquio. Ma la delusione ha lavorato, e si pensa che l’abbia portata, dopo pochi minuti, a gettarsi dalle scale dell’ospedale umbro. Era luglio 2019. Coincidenze? Niente affatto: secondo uno studio della rivista Student BMJ (condotto nel Regno Unito), tra gli iscritti a questa facoltà, 1 su 7 ha pensato almeno una volta al suicidio mentre 1 su 3 ha riscontrato problemi di salute mentale.
Non aveva superato un esame di Ingegneria, invece, il 20enne che a settembre 2019, a Genova, appena uscito dalla facoltà si è buttato dal piano rialzato di un parcheggio vicino all’ateneo. Qualche mese prima – a marzo – una 30enne di Palermo si era suicidata gettandosi dal balcone di casa, al settimo piano: avrebbe dovuto discutere la tesi di laurea l’indomani.
Il mito della perfezione uccide, anche a scuola - Ma il rendimento negli studi incide anche nei comportamenti dei più piccoli. L’inizio del 2020 ha letteralmente sconvolto Monza e, in particolare, il liceo scientifico Frisi (uno dei più blasonati della città brianzola): a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, due suoi studenti – di 18 e 19 anni - si sono tolti la vita a un passo dalla Maturità; uno lasciandosi cadere dalla finestra di casa, l’altro lanciandosi sotto un treno. Due ragazzi apparentemente senza problemi (nemmeno scolastici) ma che, schiacciati dal mito della perfezione, probabilmente non si sentivano soddisfatti di come andavano le cose.
Nelle stesse settimane, un 18enne di Cesena, alunno del liceo classico Monti ha deciso di fare la stessa fine. Anche lui studente modello, ha firmato per uscire prima da scuola, dirigendosi nella vicina stazione, dove si è fatto travolgere da un treno Frecciarossa. Sempre alle soglie della Maturità, ma del 2019, l’aveva fatta finita un ragazzo di Alghero, impiccandosi a una corda sul terrazzo di casa.
Bullismo e cyberbullismo: vittime, per sempre - E poi ci sono le vittime di bullismo e cyberbullismo: come la 13enne di Roma che si è lanciata dal nono piano di un palazzo a ottobre 2019. All’origine del gesto, forse, i messaggi anonimi che gli mandavano dei coetanei tramite una chat online. Aveva sempre 13 anni la ragazza di Varese che nel marzo scorso si è buttata dal settimo piano; anche qui si sospetta che episodi ripetuti di bullismo abbiano avuto la meglio sulla sua psiche. Gli stessi episodi che, andando un po’ più a ritroso nel tempo, causarono nel 2018 la morte di Michele Ruffino, il 17enne di Rivoli, che già provato dalla disabilità, non resse alla persecuzione messa in atto dai suoi compagni di scuola. Lui che, assieme a Carolina Picchio, è diventato un simbolo della lotta al bullismo.
Ma questi sono i casi più eclatanti. Il fenomeno è molto più complesso e sfuggente, difficile da stimare. I tentati suicidi - a casa, a scuola, per la strada – che vedono in azione i minorenni sono quasi all’ordine del giorno. E non sempre è facile stabilirne la causa, se si tratti effettivamente di bullismo oppure di problemi familiari o sentimentali. Ogni volta ci si interroga sui motivi. Trascurando che, nel frattempo, l’emergenza sale di livello.