Il recente rapporto ANVUR regala una fotografia degli iscritti e degli immatricolati nell’anno 2021/22. Con l’inizio dell’anno accademico, Skuola.net ha analizzato gli spostamenti degli studenti, che molto spesso scelgono di studiare lontano da casa
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È emorragia di universitari negli atenei del Mezzogiorno: tra denatalità e studenti che decidono di migrare verso Nord per inseguire l’obiettivo laurea, negli ultimi 10 anni tutte le regioni del Centro e del Sud registrano un calo di immatricolati. A certificarlo è l’ultimo rapporto ANVUR (l’Agenzia di valutazione del sistema universitario), che è stato analizzato dal portale specializzato Skuola.net.
Il richiamo del Nord è sempre più forte
Nell’anno accademico 2021/22, l’ultimo preso in esame dal rapporto, il saldo degli iscritti all’università - tra arrivi da fuori e partenze dei residenti - è infatti nettamente a favore delle strutture del Nord. Prendendo come parametro i dati di un decennio prima (2011/12), si può osservare, ad esempio, come il Piemonte abbia visto aumentare di circa un quarto le immatricolati (+23,8%); l’Emilia-Romagna ha registrato una crescita del 21,3%; la Lombardia del 17,9%.
Il quadro viene confermato, seppur in proporzioni leggermente diverse, anche osservando i numeri assoluti. Su questo è la Lombardia, tra il 2011 e il 2021, ad aver recitato la parte del leone, registrando un incremento di 44 mila immatricolati, seguita dall’Emilia-Romagna con 31 mila studenti in più e dal Piemonte (+25 mila). Buono anche il risultato del Veneto: +11,7 mila studenti, in aumento del 10,7%.
Di contro, diventa sempre più evidente la fuga dal Sud ma anche dal Centro. Il calo più importante del decennio 2011-2021, in termini percentuali, è quello fatto segnare dall’Abruzzo, che ha perso quasi un terzo degli universitari (-30,3%). A seguire, troviamo la Basilicata (-24,6%), la Calabria (-20,5%) e la Sicilia (-18,6%).
Da Sicilia e Campania un vero e proprio esodo
Ma, tornando a ragionare sui numeri assoluti, è la Sicilia a indossare la “maglia nera”: circa 25.000 studenti in meno in dieci anni. Notevole è stato pure l’esodo dalla Campania: mancano all’appello 24,3 mila studenti. Così come quello dall’Abruzzo (-19mila studenti), dalla Puglia (circa 13 mila studenti in meno) e dalla Calabria (-10,6 mila studenti). Degno di segnalazione anche il dato del Lazio, regione storica di approdo di universitari da tutta Italia: in un decennio il bilancio degli iscritti nei suoi atenei vede un calo di quasi 6mila studenti.
Interessante, per avere un quadro ancora più aggiornato e puntuale della situazione, è guardare anche all’andamento delle più recenti immatricolazioni, di chi si iscrive al primo anno di università tradizionali, che quindi spingono allo spostamento. Nel 2021/2022, in base ai dati a disposizione dell’ANVUR, i nuovi fuori sede sono stati circa 306 mila. Che ribadiscono come la mobilità territoriale sia un fenomeno molto diffuso e che si articola seguendo i trend già evidenziati, ma con qualche sostanziosa variazione.
Tra le regioni più attrattive, al vertice si conferma l’Emilia-Romagna, dove per ogni studente in uscita ne entrano 4,3 da altre regioni. Al secondo posto, però, c’è il Lazio (3,1 studenti per ognuno in uscita), che quindi sembra rialzare la china, almeno per quel che riguarda le prime iscrizioni. Terza posizione per la Lombardia (2,2 studenti guadagnati per ognuno che ne viene salutato), appena sopra a Umbria (2,1), Piemonte e Toscana (entrambe con 1,7) e il Trentino-Alto Adige (1,1). Tutte le regioni del Sud e delle Isole, invece, hanno un saldo negativo. In particolare, Basilicata, Calabria, Puglia e Sardegna hanno un rapporto di 0,1; ciò vuol dire che per ogni 10 studenti in uscita ne entra uno soltanto da altre regioni.
I flussi migratori degli studenti fuori sede
Ma, alla fine, da dove provengono i fuori sede e in quali regioni si spostano? A livello nazionale, in media, si sposta 1 matricola su 5. Ma, ovviamente, è decisiva l’area di provenienza. La regione con la maggior percentuale di immatricolati oltre i confini regionali risulta essere la Valle d’Aosta - il 77,2% degli studenti iscritti al primo anno lo fa in un ateneo di un’altra regione - ma in questo caso è il tipo di offerta formativa presente nel suo territorio a determinare tale esodo di massa. Lo stesso si può dire per la Basilicata (75,3% le matricole che partono), il Molise (63,6%) e il Trentino-Alto Adige (58,4%).
Più probanti, semmai, sono i dati dell’Abruzzo (42,4% di matricole in uscita), della Calabria (36,7%), della Puglia (32,2%). Ma anche delle Marche (34,7% di partenti), del Friuli Venezia Giulia (31%), della Liguria (29,6%), dell’Umbria (28,7%), del Veneto (28,6%). Che, per dire, fanno peggio della Sicilia (22,9% le matricole in fuga).
Tra le regioni che, al contrario, riescono a trattenere i propri studenti al primo posto troviamo il Lazio: meno di 1 residente su 10 (il 9,5%) sceglie di andare a studiare in un’università di un’altra regione. A seguire, la Lombardia (13,4%), la Campania (14,1%), la Toscana (15,2%), l’Emilia-Romagna (16,1%), il Piemonte (18%) e la Sardegna (18,1%).
“Siamo in una situazione paradossale: non ci sono mai stati tanti iscritti all’università da 10 anni a questa parte, eppure le regioni del Sud registrano meno immatricolazioni di quanto facessero una decade fa. Tutto ciò nonostante gli sforzi e gli investimenti profusi per aumentare l’offerta formativa del Mezzogiorno. Infatti, sempre nello stesso periodo, il numero di corsi di laurea è aumentato non solo al Nord ma anche al Sud - in Toscana ce ne sono tanti quanti in Sicilia - ma senza evidentemente riuscire a intercettare le esigenze degli studenti. Nel frattempo, l’unica cosa rimasta praticamente costante sono i posti letto nelle residenze universitarie, fermi a poco più di 40.000 prima che il PNRR ne pianificasse un cospicuo quanto ancora in divenire aumento”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.