Lo dice AlmaLaurea in un recente focus: gli studenti sono sempre più vicini alle tematiche legate all’ambiente ma non sono ancora del tutto soddisfatti di come vengono trattate dagli atenei. Eppure, chi ha maggiori competenze green ha anche più successo nel lavoro dopo la laurea.
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C’è chi, per l’ambiente, scende in piazza, c’è chi ferma il traffico delle città e c’è chi… scrive una tesi di laurea. Che la cura del pianeta sia tra le priorità delle nuove generazioni non è una novità. Così non stupisce che la voglia di approfondire le varie sfaccettature di questa tematica stia particolarmente a cuore agli studenti universitari.
Quelli che, molto probabilmente, nel mondo del lavoro del futuro dovranno poi mettere in pratica diffusamente quelle conoscenze. A evidenziarlo è un recente focus di AlmaLaurea, non a caso intitolato “I laureati e la sostenibilità ambientale”, i cui dati sono stati elaborati dal portale Skuola.net. Un dato, su tutti, lo certifica: sui 222mila laureati interpellati - circa l’80% di quelli che hanno conseguito il titolo nel 2022 - ben il 15% ha dedicato almeno una parte della propria tesi a spunti “green”.
Gli studenti hanno fame di nozioni 'green', ma gli atenei non stanno al passo
Un grande sforzo da parte loro visto che, a quanto pare, gli atenei sono ancora un po’ carenti su questo punto. A partire dalla didattica. Non tanto in termini di quantità, quanto per la qualità delle nozioni trasmesse ai loro studenti. Perché, apparentemente, la tendenza è positiva: oltre il 60% dei laureati intervistati, infatti, ha avuto modo di affrontare argomenti legati alla sostenibilità durante il suo percorso. Poi però, entrando nei dettagli, ci si accorge che il giudizio dato a quei momenti è abbastanza negativo: il voto medio è un 5 e in nessun ambito disciplinare si raggiunge la sufficienza.
Inoltre, nella maggior parte dei casi, ci si limita a discorsi teorici e inquadrati in un contesto più ampio e dispersivo. Il 59,7% delle ragazze e dei ragazzi coinvolti dall’indagine ha sviscerato le tematiche green solo durante la preparazione degli esami di profitto obbligatori. E, in generale, tali argomenti hanno coperto solamente un quarto del corso (24,3%).
Se, poi, ci si sofferma sugli esami facoltativi il livello di attenzione è ulteriormente inferiore: ad aver parlato, direttamente o incidentalmente, di sostenibilità è stato il 40%. E al di fuori delle lezioni la platea di quanti sono stati formati per essere professionalmente sostenibili, attraverso momenti ad hoc, si riduce al 25,9%.
Dati, questi ultimi, che se però vengono confrontati con le esperienze concrete svolte durante il periodo universitario sembrano addirittura molto alti: appena il 10% dei laureati del 2022, ad esempio, può mettere nel curriculum un tirocinio in cui ha potuto capire meglio la filosofia green applicata al lavoro.
Competenze che premiano nel mondo del lavoro
Un vero peccato. Perché, se si accelerasse sulla transizione anche a livello accademico, i benefici per i prossimi laureati potrebbero essere sostanziosi. Su questo, può essere utile osservare i racconti di quanti hanno espresso un giudizio lusinghiero sulla presenza dei temi ambientalisti nel proprio percorso verso la laurea. Per oltre la metà (53%), conoscere determinate nozioni, ha avuto poi riflessi positivi sul lavoro che sono poi andati a svolgere. Più di un terzo (38%), grazie a una formazione più green rispetto ad altri colleghi, ha avuto la possibilità di trovare un’occupazione più coerente con le competenze acquisite all’università. Mentre un altro terzo abbondante (37%) ha ottenuto il lavoro proprio grazie alla sua dimestichezza con le questioni ambientaliste.
Non basta la quantità, serve anche la qualità
Sono gli stessi studenti, tra l’altro, a chiedere un impegno maggiore agli atenei. Su una scala da 1 a 10, la priorità data dai ragazzi a questi temi è pari a 6,5. Per quali motivi? Innanzitutto per il desiderio di migliorare il benessere della società e delle future generazioni: così per quasi due terzi dei laureati (65%).
In realtà, in qualche facoltà si sta provando a dare una svolta. Alcune aree didattiche sembrano un pò più avanti. È il caso delle discipline tecnico-scientifiche (le cosiddette STEM), dove mediamente ben il 67,4% degli studenti parla quotidianamente di sostenibilità ambientali. A fargli compagnia anche i corsi del settore Economico, Giuridico, Sociale con il 67% di “copertura”. Ma, per entrambe, la valutazione sulla qualità resta insufficiente, rispettivamente 5,2 e 5,0.
Più distanti su tutta la linea, invece, l’area Artistica, Letteraria ed Educazione (raggiunto dai temi green il 56,8% dei laureati) e, forse più colpevolmente, l’area Sanitaria e Agro-Veterinaria (48,9%). In tutti e due i casi, inoltre, il giudizio finale è al di sotto del 5 (rispettivamente 4,9 e 4,6).