ABBANDONO UNIVERSITARIO

Università, uno studente su sei ci ripensa dopo il primo anno: corsi "deludenti" e atenei "impreparati"

Dopo un anno di studi, tra i diplomati del 2022, il 6,8% degli immatricolati ha abbandonato e il 9,3% ha cambiato corso di laurea o ateneo

09 Apr 2024 - 15:36
 © istockphoto

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Toccata e fuga. L’università, perlomeno nella testa degli studenti delle scuole superiori, sembra essere quasi l’unica opzione per il post Maturità, non solo per i liceali ma anche per molti tra coloro che provengono dai percorsi tecnici e professionali. Tant’è che, si stima, ben tre diplomati su quattro si immatricolano subito dopo aver preso il diploma. Solo che, poi, ci si scontra con la realtà e in parecchi ci ripensano a tempo di record.

Prima di lasciare in tanti provano un "piano b"

A svelare questa dinamica è l’ultimo rapporto AlmaDiploma, che ha analizzato le performance universitarie dei ragazzi usciti dalla scuola nel 2022. Già a un anno dal titolo, infatti, per uno su sei la scelta non è risultata soddisfacente: il 6,8% ha mollato, il 9,3% ha cambiato corso di laurea o ateneo. Numeri, questi, destinati a gonfiarsi ulteriormente man mano che il diploma scolastico si “invecchia”. Osservando i diplomati del 2020, a tre anni dal titolo la quota di abbandoni sale al 9,3% mentre quella dei cambi in corsa arriva al 14,9%.

I più delusi dall’esperienza universitaria sembrano essere le ragazze e i ragazzi provenienti dagli indirizzi professionali: qui il 17,6% rinuncia entro i dodici mesi dall’iscrizione, che a tre anni arrivano  al 24%. Anche se, in termini assoluti, non sono tantissimi visto che meno del dieci per cento degli immatricolati annuali ha un diploma di questo tipo. Notevole anche il tasso di abbandono tra gli studenti degli istituti tecnici: a lasciar perdere l’obiettivo laurea dopo appena un anno è il 10,7%, che salgono al 17,6% dopo tre anni. I più tenaci, invece, sono i liceali: solo il 4,8% interrompe prematuramente l’università, un dato che rimane costante anche a tre anni dal diploma.

Tuttavia, sempre i liceali, sono caratterizzati da una maggiore mobilità accademica: è ben 1 su 10 a cambiare ateneo o corso di laurea entro i dodici mesi dall’immatricolazione, che diventano il 16,5% a tre anni. Al contrario, tra gli ex alunni di tecnici e professionali la scelta è più radicale: solo, rispettivamente, il 7,2% e il 2,7% degli iscritti si dà una seconda chance prima di salutare il mondo universitario. Questo, semmai, è un trend che nel loro caso fa la sua comparsa più avanti: dopo tre anni dal diploma, a essersi spostati di corso o università, tra i diplomati tecnici e professionali, sono rispettivamente il 12,1% e l’8,6%.

Contesto familiare, genere e voti scolastici possono frenare o accelerare

Come fa notare uno studio del report effettuato dal portale Skuola.net, un qualche ruolo in queste decisioni ce l’ha sicuramente il voto di Maturità. L’interruzione immediata degli studi universitari è infatti più diffusa tra coloro che hanno ottenuto un punteggio basso (9,1%), rispetto a chi ha raggiunto votazioni elevate (5,3%). Dietro alla maggiore o minore arrendevolezza, però, c’è anche il “genere” di appartenenza: gli abbandoni repentini tra i maschi riguardano l’8,6% degli immatricolati al primo anno, tra le femmine solo il 5,5%. Infine, ci sono da considerare i fattori familiari.

Così come avviene al momento dell’iscrizione, un background culturale più basso equivale a un minor attaccamento alla formazione universitaria. Cosicché, tra i diplomati provenienti da famiglie in cui almeno un genitore è laureato, la quota di abbandoni nei dodici mesi è pari al 3,7%, già tra i diplomati con genitori in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado sale al 7,4%, per arrivare all’11,1% tra quanti hanno genitori con titolo inferiore.

Le motivazioni che spingono all'abbandono dei sogni di laurea

A livello di motivazioni, al primo posto troviamo una generale insoddisfazione, rispetto alle aspettative iniziali, per le discipline insegnate: tra i diplomati del 2022 che hanno lasciato o cambiato, lo afferma il 27,2%; un altro 8,5% ha trovato il corso troppo difficile; il 9,9%, invece, si dichiara insoddisfatto dell’ateneo a cui era iscritto, ad esempio per l’organizzazione scadente, l’inadeguatezza delle strutture, le limitate opportunità di stage ed esperienze all’estero. Per il 12,5%, invece, l’abbandono è legato all’impossibilità di aver potuto frequentare il corso desiderato, magari perché a numero chiuso, dovendo perciò optare per altro, probabilmente in attesa di ritentare l’accesso al corso preferito. Infine, la restante parte ha scelto di interrompere gli studi per motivi personali (16,9%), lavorativi (15,7%) o economici (7,6%). Mentre il ripensamento a tre anni dal titolo avviene soprattutto per motivi lavorativi (24,1%), personali (20,4%). Ma resta alta la fetta di quanti mettono in cima alla lista l’insoddisfazione per i contenuti del corso (20,0%) e per l’organizzazione dell’ateneo scelto (11,6%).

“In Italia abbiamo pochi laureati rispetto agli altri paesi d’Europa e alle economie più sviluppate: è un ritornello che ascoltiamo da vent’anni. Quello di cui non si sente altrettanto parlare è invece il fenomeno della dispersione accademica: i laureati mancano non per carenza di matricole ma perché quasi la metà di loro si perde per strada. E non basta attendere molto: come confermano i dati AlmaDiploma, già dopo il primo anno uno studente su 6 molla l’università o cambia corso di laurea perché ritiene di aver sbagliato scelta”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.

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