Boltho a Linkontro: "Non sarei sorpreso se l'euro tra dieci anni non ci fosse più"
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"Fatto il passo più lungo della gamba, troppo divario tra Nord e Sud Europa"
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"Fra 10 anni non sarei sorpreso se l'Euro non ci fosse più". Lo ha detto Andrea Boltho, docente del Magdalene College di Oxford, durante la seconda giornata de Linkontro Nielsen. L'analisi di Boltho parte da una divisione dell'Europa in due parti: la zona Nord, con Germania, Benelux, Austria e Finlandia, e la Sud, con Italia, Spagna, Grecia e Portogallo. Due zone con divari tali da portare alla fine della moneta unica: "Temo che abbiamo fatto il passo più lungo della gamba".
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Il docente ha ricordato come le premesse dell'Euro fossero l'ulteriore integrazione economica e quindi maggiore trasparenza nei prezzi, un aumento degli scambi, un mercato di capitali più ampi e aperti, un'ulteriore convergenza economica tra paesi ricchi e poveri. Abbiamo quindi un Euro forte e solido e quasi tutte le premesse si sono avverate salvo una, ha sottolineato Boltho: il differenziale dei redditi nella zona Euro.
"Troppa austerità negli ultimi anni" - Le colpe, ribadisce il docente, non sarebbero però tutte dell'euro, quando di politiche e comportamenti sbagliati. "Abbiamo fatto troppa austerità", ha ricordato, e i motivi di opposizione per un cambio di passo su questo fronte – in particolare dalla Germania – sono la paura dell'inflazione. In questo caso il docente ha indicato come questo timore "non è per niente giustificato. Anzi, se serve stampare moneta si stampi come ha fatto Ben Bernanke, Governatore della Federal Reserve perché oggi stampare moneta non è un pericolo considerando che per alcuni c'è deflazione in Grecia e Portogallo".
Europa divisa in due - Il vero timore – giustificato per Boltho – riguarda le possibili, future indiscipline e sperperi nei paesi "deboli". Su questo aspetto il docente ha ricordato il caso Irlanda. E infine gli squilibri, quelli che potrebbero portare proprio alla fine dell'euro: dal debito Pil/Famiglia esploso nei Paesi del Sud l'euro, alla produttività cresciuta in Germania e Francia ma diminuita in Italia. Il dato più preoccupante riguarda però la disoccupazione: per i Paesi del Nord il tasso è rimasto praticamente identico, al 5%, mentre quello del Sud Europa ha raggiunto percentuali del 20%. “Con questi divari si può avere un'unione monetaria?", si è domandato il Docente di Oxford.