Tra le riserie e le fabbriche di mattoni il progetto del CESVI per i bambini figli dei lavoratori.
Quando prima di arrivare nel Sud dell'India mi hanno detto che a Chennay, quarta città del Paese, esisteva ancora la schiavitù stentavo a crederci. Poi ho incontrato Susai Raj, un uomo pacato, sempre sorridente ma coraggioso e battagliero: quando aveva 14 anni ha lavorato in fonderia e una volta adulto si è messo in testa che nessun altro bambino avrebbe dovuto vivere come lui. Così ha fondato Jeeva Joty, che significa “luce della vita” , un'associazione che lotta contro lo sfruttamento dei minori.
Susai mi ha portato a visitare la periferia di Chennay, un caos di baracche e di stabilimenti per la lavorazione del riso dove centinaia di famiglie, bambini compresi, vivono rinchiuse in microscopiche stanze, vere e proprie celle di cemento, all'interno delle fabbriche. Lavorano notte e giorno. Nessuno può uscire senza il permesso dei padroni. Sono “debitori a vita”, per un prestito chiesto magari per curare qualche familiare o per far sposare una figlia. Oppure perché non hanno raggiunto gli obiettivi posti dal padrone l'anno precedente e devono restituire la paga presa in anticipo. E finché non riescono ad saldare il debito lavorando sono “proprietà” dei padroni. E con la misera paga che ricevono spesso ci vogliono anni. Quasi sempre così il giogo si tramanda di padre in figlio.
Susai conosce uno per uno i padroni e dopo anni di denunce e trattative ora ha accesso alle fabbriche. Controlla che tutti siano trattati con dignità e soprattutto che i bambini possano studiare. Dato che non sempre possono raggiungere le scuole distanti, Susai ha deciso di portare gli insegnanti nelle fabbriche facendo svolgere le lezioni nei piazzali tra le montagne di riso steso ad essiccare.
L'associazione inoltre assiste migliaia di bambini attraverso piccoli centri diurni per la prima infanzia che raccolgono i piccoli che i genitori non possono accudire. E' bellissimo entrare in questi luoghi che sorgono in quartieri poverissimi e trovare tanti bambini che giocano, cantano e studiano in allegria. Jeeva Joty, con il sostegno di Cesvi e Mediafriends, ha costruito anche una Casa del Sorriso, rifugio per i bambini abbandonati o con famiglie troppo povere per mantenerli.
E poi siamo andati nelle fabbriche di mattoni sparse nelle campagne, il vero inferno. Anche qui famiglie e bambini al lavoro tutto il giorno con le mani nel fango sotto il sole rovente. Ricordo che un guardiano armato di bastone ci ha intimato di allontanarci e che tutti gli operai avevano paura di parlare con noi. Mentre ce ne stavamo andando uno di loro però ci chiamò in disparte e ci disse che se veniva visto sarebbe stato bastonato. Ma voleva a tutti i costi parlare con Susai. Non dimenticherò mai gli occhi felici di quell'uomo spaventato quando Susai ha accettato di prendere due dei suoi figli alla Casa del Sorriso. La speranza di un futuro diverso, almeno per loro.