#Eleonora.

Jo Squillo: Antonio Marras, la collezione Fall/Winter 2024-25

Antonio Marras dedica la sfilata a Eleonora D'Arborea Judicissa, Principessa medievale di Sardegna. Regale, ribelle, indipendente e innovatrice.

23 Feb 2024 - 14:00

In Sardegna si usava vestire a “sa francesa” o a “sa sardisca”.

Broccati ricamati, damaschi a motivi floreali, check bianchi e neri o rossi e neri, piede de poule, gessati, chevron, camouflage, lane dipinte o spalmate d’oro, velluti devorati, flock, voile a rose, chiffon a pennellate, pizzi, ricami, intarsi e patch a losanghe.

Luccichii e fili pendenti.

Montoni importanti e pelle stretch invecchiata e pelle colorata o shining, cerniere, spille e fibbie.

Maglie decorate, jacquard paesaggio, maglie accoppiate con jais, argyle, trecce e intarsi. Abiti scivolati o a campana, capispalla autoritari, mantelle, giacche over o piccolissime, pantaloni cargo o dalla vita altissima, bustini, gonne drappeggiate e tante, tantissime camicie bianche. I colori sono i verdi del sottobosco, il giallo, il rosso, l’oro e il nero.

Vissuta tra la metà del 1300 e i primi del 1400, Eleonora fu l’ultima regnante indigena dell’Isola capace di radunare sotto un’unica bandiera le di- verse popolazioni sarde che per la prima volta si riconobbero come “nazione” e lottarono con successo contro gli aragonesi. Il suo nome è strettamente legato alla Carta de Logu, lo straordinario testo giuridico in lingua sarda con le norme di diritto civile e penale valide nel regno d’Arborea rimasto in vigore fino al 1827. La Carta de Logu si occupava di tutti gli aspetti della vita dei suoi sudditi, dal fuoco, problema atavico dell’isola, riservando agli incendiari grosse multe e predisponendo fasce rompifuoco, ai possedimenti, ai delitti rinnegando esplicitamente l’antica regola barbarica per cui il sangue versato poteva essere asciuga- to dall’oro, e una vita poteva essere ripagata con una borsa di monete. Almeno in questi casi, il ricco e il povero erano finalmente uguali.

Fondamentale e illuminato è l’articolo 21, che riguarda lo stupro che stabilisce due principi straordinariamente avanzati anche rispetto alla nostra legislazione moderna. Il primo afferma che il matrimonio viene considerato riparatore solo se è di gradimento della donna offesa («si est sença maridu e plaquiat assa femina»), e comunque non estin- gue completamente il reato, perché il colpevole deve ugualmente pagare allo Stato («su Rennu») una multa. Se invece la donna non lo gradisce come marito, lo stupratore deve provvedere ugualmente al suo avvenire facendola sposare a un altro, e dunque dotandola, in modo conveniente alla sua condizione sociale, e con un uomo che le piaccia.

Il secondo principio riguarda la verginità femminile, cui non si attribuisce un’importanza fondamentale. Infatti la pena è identica sia che il reo abbia preso con la forza una nubile, zitella o fidanzata («bagadja Io jurada»), sia se «ispulcellarit alicuna uirgini».

Raramente nell’antichità un atto ufficiale è così rispettoso della volontà della donna. Nel diritto italiano, il matrimonio “riparatore” che seguiva al rapimento e stupro è stato abrogato solo nel 1981, dalla legge 442.

L’articolo soppresso - il 554 del codice penale - recitava: “Il matrimonio che l’autore del reato stupro contragga con la persona offesa estingue la colpa.” La figura di Eleonora è avvolta nel mistero. 

La sfilata è dedicata a Carmelo Tedeschi.

Jo Squillo: Antonio Marras, la collezione Fall/Winter 2024-25

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© Ufficio stampa
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