Il Pe ha adottato una risoluzione che propone l'introduzione di un Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera
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Obiettivo: fermare la delocalizzazione della CO2. E dunque penalizzare le imprese che - per eludere le norme sulle emissioni - si trasferiscono in Paesi meno "virtuosi" sotto il profilo delle politiche ambientali. Questa la motivazione che ha spinto il Parlamento europeo ad adottare una risoluzione che propone l’introduzione di un "meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera" (in inglese: "Carbon Border Adjustment Mechanism"), vale a dire un dazio su alcune importazioni da nazioni in cui vigono standard meno ambiziosi sulle emissioni. Il testo della risoluzione è stato approvato con 444 voti a favore.
In un contesto europeo punteggiato da una pandemia ancora in corso e dai coraggiosi e travagliati tentativi di ripresa economica, l’Ue continua a battersi contro il cambiamento climatico, rispettando l’ambizioso "piano di battaglia" tratteggiato nel "Green Deal", senza però causare perdite di lavoro e delocalizzazioni. Non è un caso che uno dei punti fondamentali della legge sul clima sia proprio quello relativo alla riduzione dell’impronta di carbonio a livello europeo. Un passo importante verso l’obiettivo principe dell’Ue, ovvero quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La speranza dell'Ue è che gli sforzi, numerosi e importanti, non vadano però vanificati dalle nazioni meno attente alle questioni climatiche.
Per questo, i deputati hanno proposto di applicare un prezzo sulle emissioni di CO2 di alcuni beni importati nell’Ue, se provengono da Paesi con standard climatici meno ambiziosi. Ciò creerebbe una parità di condizioni a livello globale, nonché un incentivo per le industrie europee e non europee a decarbonizzarsi, in linea con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi.
Delocalizzazione della CO2 - E' la pratica adottata dalle industrie con elevati livelli di emissioni di gas serra e consiste nel trasferire la produzione al di fuori dell'Ue con lo scopo di evitare la più severa normativa europea sul clima.
Il "Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera" - Il nuovo meccanismo dovrebbe essere parte di una più ampia strategia industriale Ue che copra tutte le importazioni di prodotti e materie prime previste dall’ETS. In una fase iniziale, già entro il 2023, si dovrebbero coprire il settore energetico e i settori industriali ad alta intensità energetica, come il cemento, l'acciaio, l'alluminio, la raffinazione del petrolio, la carta, il vetro, i prodotti chimici e i fertilizzanti, che continuano a beneficiare di consistenti quote gratuite e rappresentano tutt’ora il 94% delle emissioni industriali nell’UE.
I dazi - I ricavi dei dazi devono poi essere utilizzati per aumentare il sostegno Ue agli obiettivi del Green Deal. Il meccanismo, però, non deve favorire il protezionismo commerciale.
Misure di aggiustamento del prezzo già attive in Ue – Secondo la normativa vigente (quella stabilita dall’ETS, ovvero "il Sistema per lo scambio delle quote di emissioni dell’Ue"), le centrali elettriche e le industrie devono acquistare un permesso per ogni tonnellata di CO2 che producono; il prezzo di ogni permesso è condizionato dalla logica di mercato della domanda e dell’offerta. Il problema del sistema vigente è dunque connaturato alla crisi economica in cui sta versando l’Ue: la domanda di permessi è infatti calata e di conseguenza il loro prezzo. Facile immaginare come le industrie - invogliate ad acquistare permessi grazie al loro prezzo basso - non si pongano più il problema di risparmiare sul numero di licenze acquistate, riducendo così tantissimo l’investimento in tecnologie verdi e dunque in energie pulite.
Strategie per incrementare il prezzo dei permessi – A tal fine, il Parlamento Ue ha proposto di ridurre maggiormente il numero di licenze messe all’asta. E per ridurre il surplus di quest’ultime, ha chiesto di raddoppiare la capacità della Riserva stabilizzatrice del mercato. Si calcola che in questo modo verrebbe assorbito il 24% del surplus di licenze. Tutto ciò fa parte di un progetto più ampio di totale riforma del sistema attuale dell’ETS.
No al protezionismo, sì al re-investimento delle entrate – Gli eurodeputati tengono a precisare che i dazi sulle importazioni sopra descritte devono essere compatibili con le regole dettate dall’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio), incoraggiando la decarbonizzazione delle industrie europee e diventando così la pietra miliare della futura Politica Industriale dell’Ue. Non andranno dunque di certo utilizzate come strumento per rafforzare il protezionismo, ma solo e soltanto come mezzo per soddisfare gli obiettivi climatici. I proventi derivanti saranno utilizzati per sostenere le politiche “verdi” dell’Ue.
Dopo l'approvazione del testo della risoluzione in oggetto, avvenuto nel corso della prima plenaria di marzo, è ora compito della Commissione europea presentare una proposta legislativa nel corso del secondo trimestre del 2021.