Un progetto tra arte, luce e suono al Museo della Pietà Rondanini – Castello Sforzesco fino al 18 maggio
© Lucie Jansch
Robert Wilson incontra Michelangelo al Museo della Pietà Rondanini – Castello Sforzesco. Quello che nasce è Mother, un progetto di rara intensità che unisce arte, luce e suono. Un'installazione luminosa, con musica di Arvo Pärt, in dialogo con la Pietà Rondanini, in una riflessione profonda sulla dimensione del tempo e dello spazio. Il Salone del Mobile in collaborazione con il Comune di Milano offre una sequenza di musica, luci e immagini della durata di 30 minuti, a cui il pubblico potrà assistere fino al 18 maggio.
Nell'anno di Euroluce, Robert Wilson firma un’"opera totale" dedicata al capolavoro di Michelangelo, riconosciuto, insieme all’Ultima Cena di Leonardo, come l’opera d’arte più iconica di Milano. Nel rispetto dell'allestimento progettato nel 2015 da Michele De Lucchi nell'Ospedale Spagnolo, l'artista dà vita a un’installazione, che si misura con la potenza del ‘non finito’, un'energia sospesa tra la materia e il pensiero, in dialogo drammaturgico con Stabat Mater, preghiera medievale nella versione vocale e strumentale del compositore estone Arvo Pärt. Mother è un invito alla contemplazione, un dialogo tra luce, ombra e suono, un'esperienza che non racconta, ma accoglie, lasciando che lo spettatore trovi il proprio spazio interiore, la propria intima risonanza emotiva.
Per la realizzazione di Mother, Robert Wilson ha scelto la musica di Arvo Pärt, con cui condivide una visione del tempo e dello spazio fatta di silenzi strutturati e attese vibranti. L'installazione diventa così un’esperienza immersiva in cui l’arte si fa respiro, la musica diventa architettura del silenzio e la luce rivela l’essenza stessa della forma.
Racconta Robert Wilson: "La luce è ciò che dà forma allo spazio. Senza luce, lo spazio non esiste. Albert Einstein diceva che la luce è la misura di tutte le cose. Per me è sempre il punto di partenza: non è solo un elemento tecnico, ma una presenza viva, l’inizio di tutto". E prosegue: "Quando ho visto per la prima volta la Pietà Rondanini di Michelangelo, sono rimasto seduto difronte all’opera per più di un’ora. Poi mi sono alzato e ho iniziato a camminarle intorno. Ho percepito un’energia potente, una presenza quasi mistica. Forse è proprio il fatto di essere incompiuta che la rende così straordinaria. È come una finestra aperta, uno spazio sospeso tra il visibile e l’invisibile. Mi ha regalato un tempo diverso, uno spazio nuovo in cui pensare, sognare. L’idea di metterla in scena mi ha colpito profondamente: la Pietà non aveva bisogno di una scenografia ma di uno spazio, di un respiro, di silenzio, perché chi la osserva possa perdersi nei propri pensieri e nelle proprie emozioni. È, allora, che ho pensato alla musica di Arvo Pärt. C’è qualcosa di comune tra la sua musica e questo capolavoro: un senso del tempo che si dilata, uno spazio che si apre e accoglie. Insieme, arte e musica non raccontano, non spiegano: semplicemente, ci permettono di provare emozioni".