Identità Golose Milano si presenta come un invito a riscrivere le regole, ipotizzare scenari alternativi, per entrare in un altro film, il più possibile inedito
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Se una tradizione nasce da una novità, una novità da dove nasce? Questa la riflessione al centro di Identità Milano 2024, il Congresso Internazionale di alta cucina, pasticceria, mixology e servizio di sala che torna dal 9 all’11 marzo all’Allianz MiCo di Milano, per la sua diciannovesima edizione, con un tema che indaga la forza innovativa della cucina come strumento per cambiare le regole, scegliere nuove direzioni, senza più chiedersi da dove nasca l’abitudine bensì la novità.
Ancora rivoluzione, fortissimamente rivoluzione ma muovendo da tutt’altri presupposti rispetto al tema di Identità Golose 2023. Quest’anno, la diciannovesima edizione del Congresso fondato da Paolo Marchi e Claudio Ceroni conferma il proprio impegno nell’offrire uno spazio alle idee e ai dibattiti che coinvolgono grandi chef, pizzaioli, mixologist, maestri dell’ospitalità, artigiani, produttori, ma anche esponenti del mondo della cultura, dell’economia e della televisione, chiamati a confrontarsi con la realtà che ci circonda e a diventarne parte attiva.
L’obiettivo? Abbandonare l'atteggiamento passivo di subire gli eventi per affrontarli direttamente in ogni ambito della ristorazione, dalla sala alla cucina, dai rapporti umani e professionali alle nuove modalità di organizzazione e comunicazione, fino alla gestione della carta dei vini e del commercio online. Identità Milano 2024 si presenta come un invito a riscrivere le regole, ipotizzare scenari alternativi, scartare a un lato del cammino per vedere se scaturiscono fattori positivi. Entrare in un altro film, il più possibile inedito.
"Tutto nasce dall’avere sempre detto che in cucina, e nella vita, la tradizione è una innovazione riuscita, gradita a sempre più persone, tanto che a un certo punto nessuno ne coglie più la forza innovativa - spiega Paolo Marchi -. Ma è solo una parte della verità. Come tutte le medaglie, anche questa ha una sua seconda faccia, sulla quale leggiamo, o dovremmo leggere, che l’innovazione è una disobbedienza andata a buon fine. In pratica si tratta di porre l’accento su un altro aspetto, di scegliere altre direzioni, senza più chiedersi da dove nasca l’abitudine bensì la novità".
"Sovente - prosegue Marchi -, sembra quasi che un creativo, in ogni ambito, cucina, arte, design, moda, scienza…, debba giustificarsi per avere rotto una situazione nota, per essere uscito dal seminato agitando il quieto vivere quotidiano. Le nuove idee andrebbero giudicate per il loro valore, tanto o poco che sia, non per il fastidio che possono arrecare. L’accusa di avere disubbidito è comoda, esime dal dovere di pensare, dall’analizzare i motivi che hanno portato le persone e le cose a percorrere sentieri diversi, originali. Chi crea, inevitabilmente disubbidisce. Non può esistere innovazione senza disobbedienza: la rivoluzione oggi. E di questo discuteremo al centro congressi di via Gattamelata".