Speciale Sbarco in Normandia
le biografie

Rommel, Eisenhower, Montgomery: i grandi protagonisti del D-Day

Il genio militare, il pianificatore meticoloso, l'esibizionista ambizioso: la vita e le curiosità dei generali che hanno scritto le pagine della storia

di Luca Rigamondi
02 Giu 2024 - 06:05
Dwight Eisenhower, Bernard Montgomery ed Erwin Rommel © Tgcom24

Dwight Eisenhower, Bernard Montgomery ed Erwin Rommel © Tgcom24

Erwin Johannes Rommel, la "volpe del deserto", e Dwight David Eisenhower, "Ike": sono loro i due protagonisti indiscussi del D-Day, la più grande operazione militare mai compiuta. Il primo, un vero genio militare, maestro dell'improvvisazione ma con scarsi mezzi a disposizione, venne battuto dal secondo, attento pianificatore ma non altrettanto brillante, dotato però di una schiacciante superiorità di uomini e mezzi. Ma c'è anche un terzo grande personaggio che ha fatto la storia dello sbarco in Normandia: Bernard Montgomery, "Monty", il maresciallo britannico comandante delle truppe di terra. Anche lui un nemico di vecchia data di Rommel, che lo aveva già incontrato in Africa e ne era uscito sconfitto ad El-Alamein. Ecco chi erano i tre generali che hanno scritto le pagine del D-Day.

Erwin Rommel

 Nato il 15 novembre 1891, è figlio e nipote di un maestro; la sua passione, però, è l'aviazione. Ma il padre si oppone al suo desiderio di diventare ingegnere aeronautico: così nel 1910, diciannovenne, Rommel si arruola nell'esercito. E si fa un nome durante la Grande guerra sui fronti francese e italiano. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale è generale: comanda la 7ª Panzerdivision sul fronte occidentale. Il modo in cui conduce l'attacco alla linea Maginot a St.-Valéry-en-Caux gli fa ottenere la promozione a generale di corpo d'armata e la decorazione di Cavaliere della Croce di Ferro. Nel 1940 Hitler in persona gli affida l'Afrikakorps, che nel 1941 sbarca in Libia. Qui Rommel si guadagna subito da parte degli inglesi il soprannome di "volpe del deserto" per le sue tattiche di guerra che ingannano gli avversari. Come ad esempio simulare un attacco con carri armati di legno, e intanto aggirare le posizioni nemiche cogliendole di sorpresa. Oppure dotare i camion di teloni posteriori che, strisciando sul suolo del deserto, sollevavano nuvoloni di polvere ingannando gli inglesi e facendo loro credere che in marcia verso di loro ci fossero intere divisioni corazzate. O, ancora, utilizzando i mezzi catturati al nemico per spostarsi, così da ingannare i ricognitori aerei inglesi.

© Afp

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Erwin Rommel

Nel 1942, durante la sua corsa verso l'Egitto, Rommel conquista il campo trincerato di Marsa Matruh e Hitler lo nomina feldmaresciallo. Ma pochi mesi dopo, battuto a El-Alamein da Montgomery e con lo sbarco alleato di Eisenhower in Nord Africa, termina l'avventura africana della "volpe del deserto". Rommel torna in Germania con una licenza per malattia, e quindi viene inviato prima in Italia prima e poi in Normandia. Qui organizza come può le difese costiere, convinto com'è che gli angloamericani tenteranno uno sbarco proprio sulle spiagge normanne e non a Calais. Ma dato che l'alto comando tedesco continua a pensare che l'invasione sarà a Calais, e complice il fatto che la veloce ascesa di Rommel ha suscitato parecchie antipatie tra gli alti papaveri dell'esercito, i mezzi che chiede per contrastare l'invasione non gli vengono forniti. Rommel ha a disposizione soprattutto truppe poco addestrate, e il comando non gli invia l'artiglieria richiesta. Mentre le divisioni panzer dislocate nell'entroterra sono sotto il diretto comando di Hitler, e durante il D-Day interverranno troppo tardi nel tentativo di ributtare in mare gli americani.

È di Rommel l'espressione "Il giorno più lungo", che verrà poi universalmente utilizzata (grazie anche a un famoso film) per indicare il D-Day: sapendo che i tedeschi, in quelle condizioni, non avevano possibilità di vincere, il feldmaresciallo disse al suo Stato maggiore che, almeno, dovevano fare di tutto perché "il giorno dello sbarco sia, per gli Alleati, il loro giorno più lungo".

Un mese dopo il D-Day, il 17 luglio, la sua auto viene mitragliata da otto caccia inglesi: un proiettile raggiunge Rommel alla tempia sinistra e allo zigomo, mentre i frammenti del parabrezza lo feriscono gravemente al viso. I medici lo danno per spacciato, ma lui, incrollabile, si rimette. Intanto, però, Hitler ha rischiato di morire nell'attentato ordito da alcuni alti ufficiali, e Rommel, anche se non direttamente, resta coinvolto. Il 14 ottobre il feldmaresciallo raggiunge la moglie: "Sono venuto a dirti addio: tra un quarto d'ora sarò morto". Rommel spiega alla moglie che a Berlino "sospettano che io abbia preso parte alla congiura contro Hitler. Sembra che il mio nome fosse su una lista come futuro presidente del Reich". E le confessa che il Führer, in considerazione dei suoi servigi al Reich "mi lascia la scelta tra il veleno e un processo davanti al tribunale del popolo". Lui non ha dubbi: "Hanno portato il veleno. Agirà in tre secondi". Poche ore dopo, Rommel muore.

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Dwight Eisenhower

Dwight Eisenhower

 Nato in Texas nel 1890, ad aprirgli le porte della prestigiosa accademia militare di West Point è la sua abilità sportiva. La carriera di "Ike", come è soprannominato, non è certo brillante come quella di Rommel: guadagna promozioni quasi come un burocrate, passando da un ufficio all'altro e da un incarico all'altro grazie alla precisione e alla meticolosità con cui svolge i compiti che gli vengono assegnati. Proprio per questo, dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbor il generale George Marshall lo chiama a Washington per collaborare alla messa a punto dei piani di guerra. Nel 1942, durante lo sbarco alleato in Nord Africa, incontra per la prima volta Rommel. E l'anno dopo viene scelto per comandare l'invasione della Francia, ancora contro Rommel, nella gigantesca operazione Overlord. E se il generale tedesco è geniale, irascibile e ribelle, Eisenhower è l'esatto contrario: prima di prendere una decisione la pondera attentamente, prima di fare un passo si consulta con i collaboratori. E questo fa di lui un perfetto organizzatore. A fargli vincere la guerra in Europa, però, è soprattutto la sua superiorità in fatto di uomini e mezzi, avendo alle spalle l'imbattibile potenza economica e industriale degli Stati Uniti.

Alla fine della guerra, dopo essersi congedato dall'esercito, "Ike" viene nominato presidente della Columbia University. Ma nel 1951 viene richiamato in servizio e gli viene assegnato il comando supremo delle nuove forze NATO. Nel 1952, candidatosi alle elezioni presidenziali con i repubblicani, vince con un ampio margine e diventa presidente degli Stati Uniti. E quattro anni dopo riconquista la Casa Bianca. Scaduto il suo mandato, si ritira nella sua fattoria a Gettysburg, morendo dopo una lunga malattia nel 1969.

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Bernard Montgomery

Bernard Montgomery

 Bernard Law Montgomery nasce in un sobborgo di Londra il 17 novembre 1887: è figlio di un pastore anglicano di origine irlandese che per diversi anni era stato a capo di una diocesi in Australia. Iscritto all'accademia militare di Sandhurst, "Monty", come viene soprannominato, si distingue soprattutto per i terribili scherzi ai danni dei compagni. Durante la Prima Guerra mondiale combatte in Francia guadagnando una montagna di decorazioni: il Distinguished Service Order, due croci di guerra francesi, sei citazioni all'ordine del giorno per atti di valore. Allo scoppio della Seconda Guerra mondiale Montgomery è ancora sul fronte francese e rimane intrappolato nella sacca di Dunkerque assieme al resto del corpo di spedizione britannico. Dopo essere riuscito a rientrare in patria, gli viene assegnato un lavoro d'ufficio: quello del comando territoriale dell'Inghilterra Sud-orientale.

Due anni dopo, però, è di nuovo in azione, questa volta nel teatro africano: alla testa dell'8ª armata sconfigge Rommel a El-Alamein. Nel 1944 viene posto a capo delle truppe di terra dell'operazione Overlord; ma poiché è innegabilmente ambizioso ed esibizionista, Montgomery rischia più volte di far fallire i piani alleati facendo filtrare alla stampa alcuni dettagli che potrebbero compromettere la riuscita dell'invasione e, in definitiva, di tutta la guerra. Essendo il vincitore della campagna d'Africa, però, gli viene perdonato tutto.

La carriera di Montgomery è comunque costellata da una lunga serie di vittorie: dopo l'Africa comanda l'invasione della Sicilia. E dopo lo sbarco in Normandia viene nominato Field Marshal e gli viene assegnato il comando di tutte le truppe inglesi e canadesi sul fronte occidentale. Finita la guerra, Montgomery diventa capo di stato maggiore imperiale, poi comandante militare del consiglio di difesa dell'Unione europea occidentale e, nel 1951, vicecomandante della NATO. In pensione dal 1955, muore a 88 anni nel 1976. Il suo nome, oltre che alle imprese militari, è legato (ma solo in Italia si chiama così) anche a un particolare cappotto in panno. Introdotto dalla Royal Navy per i suoi marinai già alla fine del XIX secolo e ampiamente utilizzato durante la seconda guerra mondiale, il montgomery è munito di un cappuccio e si allaccia grazie a un sistema di asole e alamari. Nel nostro Paese deve la sua notorietà e il suo nome proprio al fatto che il generale Montgomery lo indossava sopra l'uniforme.

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