L'approfondimento, realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, è andato in onda giovedì 4 aprile. Ospiti dell'appuntamento: Paolo De Castro, europarlamentare Pd e Paolo Borchia, europarlamentare Lega
Dalla Pac alla legge sul ripristino della natura: a che punto siamo con il Green Deal? Ce lo siamo chiesti durante l'undicesima puntata di "TOGETHER - Europa2024", il progetto multimediale di Tgcom24 realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo. Ospiti dell'appuntamento: Paolo De Castro, europarlamentare Pd e Paolo Borchia, europarlamentare Lega.
Il contesto - Da quando, cinque anni fa, Ursula von der Leyen diventò presidente della Commissione europea, l'obiettivo di rendere l'Ue il primo continente climaticamente neutrale è rimasto un punto fermo. A cambiare, però, è stato il percorso segnato per raggiungere il traguardo. Dopo le proteste del mondo dell'industria e di quello agricolo e con l'avvicinarsi delle elezioni europee - che si terranno, in Italia, l'8 e il 9 giugno -, infatti, le politiche green più discusse sono state un po' ammorbidite. Un fatto che ha incrementato i malumori dei Verdi, visto anche lo stallo in Consiglio Ue della legge sul ripristino della natura.
Pac e agricoltori - "Dopo l'importante riforma della Pac fatta in epoche bibliche fa - prima del Covid e prima dell'invasione russa dell'Ucraina -, avevamo accelerato in maniera significativa sugli impegni ecologici degli agricoltori. Inoltre, la riforma della Pac entrata in vigore il 1° gennaio 2023, poco più di un anno fa, ha aumentato questi ultimi significativamente. Nel momento in cui è entrata in vigore una riforma già forte, la Commissione ha messo in campo una serie di provvedimenti molto pesanti che vanno ulteriormente ad accelerare il percorso di transizione ecologica. E voglio chiarire subito: non c'è alcun dubbio che la transizione vada fatta. Il tema è come. Sicuramente, non contro gli agricoltori, ma insieme a loro. Questo è stato forse l'errore politico della Commissione: si è data un'accelerazione che non era proporzionata anche al momento di difficoltà che vivevano i nostri agricoltori", spiega De Castro.
"Accelerazione che si è anche comunicata male, ma nessuno si poteva aspettare un crollo dei prezzi dei prodotti agricoli a fronte di un aumento dei costi di produzione. I redditi degli agricoltori europei si sono schiacciati significativamente. I think tank europei parlano di un 12-13% di calo del reddito medio europeo. Tutto questo in un momento in cui gli impegni ecologici aumentavano in maniera significativa, da qui poi le proteste a cui abbiamo assistito in queste settimane", aggiunge.
L'ultima e recente revisione della Pac è "un pacchetto di semplificazione che consiste in una serie di norme che danno agli Stati Membri più flessibilità nell'applicazione delle regole green. Questa presa di coscienza sia da parte europea dia dei vari governi degli Stati Membri hanno stemperato il malcontento. Credo che la situazione stia andando oggettivamente nella buona direzione. Ricordiamo che noi abbiamo bisogno dell'Europa. Gli agricoltori non mettono in discussione l'Europa. E quest'ultima non è loro nemica", sottolinea, inoltre, De Castro.
"La Commissione alcune volte è sembrata un po' dirigistica, con delle regole calate dall'alto. Mi aspetto, nella prossima, che ci sia un signor Commissario per l'Agricoltura, con grande competenza, con grande professionalità, che guardi agli interessi della categoria. Una categoria importante perché ricordiamo che la filiera agroalimentare fa circa 200 miliardi di euro di export, è il primo settore manifatturiero europeo", conclude l'europarlamentare.
La legge sul ripristino della natura - Una legge che continua a far discutere è quella sul ripristino della natura. L'iter legislativo è iniziato a giugno 2022 su proposta della Commissione e, in seguito a diverse modifiche e trattative, si è giunti al 27 febbraio ad avere una approvazione da parte del Parlamento. Questa legge, però, come si anticipava, si trova ora in una fase di stallo perché il via libera definitivo sarebbe dovuto arrivare il 22 marzo con il Consiglio europeo ma alcuni Paesi - Italia, Finlandia, Svezia, Polonia, Ungheria, Austria, Paesi Bassi e Belgio - hanno deciso di opporsi principalmente perché temono che la legge possa avere delle conseguenze eccessivamente negative sull'agricoltura.
"Tradizionalmente, Paesi come Finlandia, Svezia e Paesi Bassi hanno una spiccata sensibilità sul tema dell'ambiente. Questo, assieme all'andamento del voto al Parlamento europeo, che ha spaccato l'aula, ci dimostra in maniera molto chiara come l'impianto della legge sul ripristino della natura sia profondamente divisivo. Evidentemente, non ha messo d'accordo, non ha convinto tanti governi. Si tratta di una legge che si prefissa di promuovere la sicurezza alimentare, tuttavia, una delle problematiche principali risiede nei timori che l'opinione pubblica e i colegislatori hanno dimostrato di avere proprio sul tema della sicurezza alimentare. Per cui, due anni di negoziato non sono riusciti a smussare l'impronta eccessivamente ideologica della legge", afferma Borchia.
"Io, tra lettere e interrogazioni, ormai ho perso il conto delle volte in cui ho chiesto alla Commissione europea che ci venissero detti i costi della transizione ecologica. Perché chiaramente andare a rivoluzionare completamente il modo di alimentare, il modo di produrre di un intero continente, implica degli investimenti molto importanti. Faccio un esempio molto pratico. Poche settimane fa, l'amministrazione Biden negli Stati Uniti ha licenziato il regolamento sulla mobilità elettrica al 2032, un regolamento che, analogamente a quello che cerca di fare l'Unione europea, va a promuovere appunto l'utilizzo dell'auto elettrica. Ma la differenza abissale tra Washington e Bruxelles è data dal fatto che il presidente Biden e la sua amministrazione hanno deciso di non creare un divieto per quanto riguarda le auto a motori tradizionali, quindi le auto a motore endotardico. Credo che questo esempio ci faccia capire in maniera molto chiara qual è la differenza di impostazione tra chi cerca l'ambientalismo in maniera pragmatica e chi invece continua a ostinarsi a cercare un ambientalismo che ha uno stampo ideologico molto forte. Mi auguro che, per quanto riguarda la scadenza elettorale dell'8 e del 9 giugno, chi ci segue da casa si informi, partecipi al dibattito, voti a seconda della propria sensibilità, ma, relativamente alle priorità ambientali, sappia chi ha votato cosa e capisca che ci sono dei costi, delle difficoltà. Soprattutto, penso che non vada dimenticato il presupposto che l'Unione europea è protagonista del 7% delle emissioni di gas serra a livello globale: ci stiamo dotando dell'impianto normativo maggiormente restrittivo a livello globale quando il resto del mondo provvede a inquinare per il 93%", aggiunge l'europarlamentare.
Un'altra normativa che ha fatto parecchio discutere è quella relativa alle case green. "L'idea di base è buona - dichiara Borchia -. Però, la tabella di marcia è assolutamente tragica perché non tiene in conto che i Paesi dell'Unione europea presentano diverse sfaccettature. Ad esempio, il nostro è un Paese che ha una tradizione di proprietà immobiliare parecchio accentuata. In Olanda, invece, vige un modello diverso, c'è meno propensione all'acquisto. Comunque, si tratta di una direttiva che, negoziato dopo negoziato, mese dopo mese, è stata smussata rispetto a quella che era la proposta iniziale da parte della Commissione europea, ma che conserva numerosi problemi. Io avevo fatto dei conti sulla base del numero di immobili presenti in Italia e, per esempio, non ci sarebbero imprese edili a sufficienza per andare a ristrutturare tutto il parco immobiliare del nostro Paese".
A fine puntata, "TOGETHER - Europa2024" si è recata a Europe Experience, a Roma, dove ha incontrato Carlo Corazza, direttore dell'Ufficio del Parlamento europeo in Italia. A proposito del Green Deal, quest'ultimo sostiene: "Dobbiamo completarlo, bisogna raggiungere dei target molto ambiziosi per evitare il surriscaldamento del Pianeta". "Se vogliamo un'Europa più forte, più democratica, dobbiamo partecipare al processo decisionale e quindi la cosa più importante è andare a votare. Più cittadini andranno a votare e più l'Europa sarà legittimata e forte proprio in un momento in cui molti regimi autoritari vorrebbero delle democrazie liberali più deboli e un'Europa più divisa", conclude Corazza ricordando il voto di giugno.