Dal 10 al 27 gennaio, arriva al teatro Manzoni di Milano la pièce di Florian Zeller tra dramma e qualche risata amara
di Massimo Longoni© tommaso-le-pera
Il teatro Manzoni di Milano apre il 2019 con uno dei più importanti testi di prosa degli ultimi anni: "Il padre", di Florian Zeller. Una piece nella quale si racconta il dramma del morbo di Alzheimer. Protagonisti dello spettacolo, in scena dal 10 al 27 gennaio, sono Alessandro Haber e Lucrezia Lante della Rovere, con la regia di Piero Maccarinelli.
Andrea è un uomo molto attivo, nonostante la sua età, ma mostra i primi segni di una malattia che potrebbe far pensare al morbo di Alzheimer. Anna, sua figlia, che è molto legata a lui, cerca solo il suo benessere e la sua sicurezza. Ma l’inesorabile avanzare della malattia la spinge a proporgli di stabilirsi nel grande appartamento che condivide con il marito. Lei crede che sia la soluzione migliore per il padre che ha tanto amato e con cui ha condiviso le gioie della vita. Ma le cose non vanno del tutto come previsto: l’uomo si rivela essere un personaggio fantastico, colorato, che non è affatto deciso a rinunciare alla sua indipendenza...
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La sua progressiva degenerazione getta nella costernazione i familiari, ma la sapiente penna di Zeller riesce a descrivere una situazione che, seppur tragica per la crescente mancanza di comunicazione causata dalla perdita di memoria, viene affrontata con leggerezza e con amara e pungente ironia. Tutto a poco a poco va scomparendo: i punti di riferimento, i ricordi, la felicità della famiglia. La perdita dell’autonomia del padre, Andrea, progredisce a tal punto che Anna è costretta a dover prendere decisioni al suo posto e contro la sua volontà. La forza di questa pièce consiste nel saper raccontare col sorriso e con ironia, delicatezza e intelligenza, lo spaesamento di un uomo la cui memoria inizia a vacillare e a confondere tempi, luoghi e persone. Con grande abilità l’autore ci conduce a vivere empaticamente le contraddizioni in cui il nostro protagonista incappa, il quale perdendo a poco a poco le sue facoltà logico-analitiche e non riuscendo più a distinguere il reale dall'immaginario, ci coinvolge con grande emozione in questo percorso dolorosamente poetico.
Lo spettacolo arriva al Manzoni dopo oltre 200 repliche. "Il testo è uno dei più importanti della drammaturgia europea di questi anni - spiega il regista -. Fa parte di una trilogia che comprende 'La figlia' e 'La madre'. Alessandro e Lucrezia hanno subito sposato il tema dello spettacolo. Il testo è stato scritto in modo da arrivare sul pubblico, che viene messo nella condizione del malato di Alzheimer". "Siamo degli attori che quando scegliamo di passare degli anni all'interno di un viaggio teatrale importante, deve essere per un testo che ne valga la pena. Questo in particolare ha la grandissima capacità di non essere mai retorico".
"Abbiamo debuttato quasi tre anni fa - spiega Haber -. Inizialmente abbiamo fatto 40 date perché non lo voleva nessuno, perché non era il classico autore rappresentato nei nostri teatri. E poi l'argomento era, secondo molti, respingente. Ci vuole testa, sensualità, passione. Ma io questo mestiere lo faccio per me, per piacere mio. Ma se so che piacerà a me so che piacerà anche al pubblico. Ho fatto tante cose belle ma questa forse è una delle più belle che ho mai fatto nella mia vita".
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