Dal Carcano di Milano è partita la tournée del nuovo adattamento del capolavoro di George Orwell 1984
di Roberto Ciarapica© Ufficio stampa
Che cos’è la verità oggi? Su questa domanda, che nasconde (neanche troppo) un’inquietante risposta, poggia e si muove il nuovo adattamento del romanzo di George Orwell, 1984, sempre in cima alle classifiche mondiali dei libri più letti. La nuova versione teatrale del libro che nel 1948, al tramonto dei totalitarismi, profetizzò il concetto di Grande fratello, è quella di Robert Icke e Duncan Macmillan, già apprezzata a Londra e a Broadway e ora in Italia grazie alla traduzione e alla regia di Giancarlo Nicoletti (dopo il debutto al teatro Carcano di Milano - dal 20 al 24 novembre - va ora in tour in Italia: da Mestre a Torino, a Palermo).
In questa nuova versione i registi immaginano un futuro lontano (il 2050) in cui un gruppo di storici trova un manoscritto del 1984, in cui si parla di un mondo dispotico, apparentemente seppellito dalla Storia; un mondo diviso in tre superstati in guerra tra loro. L’Oceania, la cui capitale è Londra, è governata dal Grande Fratello, un’entità indefinita a capo del Partito Unico. Lo spettacolo segue fedelmente, per lunghi tratti, il romanzo, le vicende di Winston Smith e della sua amata Julia, unici esseri pensanti in un pianeta disumanizzato, in cui tutto è permesso eccetto pensare, eccetto amare, eccetto vivere. In uno scenario alienante, intrappolati dentro una specie di eterno presente - sospeso tra un passato cancellato e un futuro già scritto - Winston e Julia lottano disperatamente per conservare l’ultimo soffio di umanità.
Il punto di vista nuovo, quello degli storici/posteri che dal 2050 osservano e giudicano il mondo truce raccontato in 1984, serve ai registi per rispondere alla domanda iniziale: che cos’è la verità oggi? Cosa c’era di vero nel romanzo di Orwell? Dopo due ore di spettacolo (con protagonisti Violante Placido, Ninni Bruschetta e Woody Neri) la risposta arriva in faccia agli spettatori come un pugno, rivelando (se mai ce ne fosse bisogno) l’esattezza delle profezie di Orwell, che nei totalitarismi di inizio Novecento vide il seme delle future “dittature”, quelle mediatiche e digitali di oggi, in cui la privacy è un’illusione e il Grande Fratello un algoritmo che tutto vede e tutto sa.
Nota a margine. A dispetto del notevole sforzo scenografico e dell’indubbia bravura di tutti gli attori, la messa in scena di un testo “cerebrale”, immaginifico, surreale e iperrealistico, distopico e verosimile al tempo stesso, in cui si tortura con l’immaginazione (un testo che mise a dura prova anche grandi registi e star di Hollywood come Richard Burton), resta un’impresa (quasi) irrealizzabile. Un applauso al coraggio di chi, come Icke, Macmillan e Nicoletti, si mette in gioco per esplorare quel quasi.