Con lui scompare una delle figure centrali della musica mondiale
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La morte del maestro Claudio Abbado segna la perdita di una delle figure centrali della musica e della cultura non soltanto italiana, ma mondiale. Era nato a Milano nel 1933 in una famiglia in cui si respirava musica: il padre, insegnante di violino al conservatorio, la madre pianista. Da ragazzo perfezionò la preparazione con due giganti dell'arte: per il pianoforte il sommo Friedrich Gulda, per la direzione d'orchestra Antonino Votto.
Ma il nome di Abbado si lega in maniera forte alla storia del Teatro alla Scala. Nel tempio musicale milanese il maestro porta una ventata di innovazioni. A soli 35 anni ne viene nominato direttore: le sue scelte svecchiano di colpo i cartelloni. La musica contemporanea diventa protagonista con le musiche di Berg, Stravinskij, Schoenberg. Il teatro milanese commissiona opere ad autori d'avanguardia come Stockhausen. I cicli integrali su Beethoven e Brahms trasformano i classici in autori da riscoprire nella loro interezza e nelle loro sfumature meno conosciute.
Ad Abbado nel '72 si affianca Paolo Grassi, già fondatore del celebre Piccolo e innovatore insieme a Strehler della prosa. Comincia una nuova stagione, che comprende i concerti a prezzi popolari per studenti e operai. Negli anni Ottanta passa all'Opera di Vienna, ai Wiener Philharmoniker, poi dal 1991 ai Berliner Philharmoniker. Grandi orchestre, senza mai dimenticare le orchestre giovanili: Abbado ne ha fondate diverse dagli anni Settanta a oggi con la sua "Mozart". Era malato da tempo. Quando, pochi mesi fa, il presidente Napolitano lo nominò senatore a vita per gli altissimi meriti culturali, il maestro si doleva di non poter frequentare Palazzo Madama quanto avrebbe voluto: la malattia non glielo permetteva più.
Spirito di finezza, spirito di geometria. Sotto la sua bacchetta, le composizioni balzavano anche nei minimi dettagli. Ma soprattutto generavano un inesauribile senso di stupore. Il fluire della musica, l'incessante sovrapporsi di melodie e delle armonie, l'incastro del contrappunto, nota contro nota, rivelavano segreti passo passo. Perciò seguire una sinfonia diretta da Abbado diventava quasi come entrare in un palazzo delle meraviglie: scaloni, porticati, terrazze, colonnati e vetrate piene di luce. Architetture grandiose. Prospettive infinite. Anche la musica più ascoltata e consumata rivelava guizzi inattesi, si apriva a sorprese non previste. Se la musica è una “matematica con il cuore”, ascoltare una composizione diretta da Abbado poteva suscitare una sensazione strana: come quando si scruta un frattale e ci si perde in una geometria senza fine, fatta di mille increspature che ne generano altre mille.
Ogni spettatore rimaneva abbacinato nella sua singolarità. La fascinazione però era di massa. Lo dimostrano anche le vendite dei dischi. Abbado risulta tuttora in testa nelle hit parade che, negli ultimi mesi, hanno registrato il nuovo boom della classica. Mentre i cd pop e rock soffrono, la musica considerata “difficile” vive una nuova primavera oggi. Anche grazie ad Abbado. Ma soprattutto lui era un vanto per l'Italia, per una penisola che sulle mappe appare spersa fra i continenti. Il Maestro per tutta una vita ha dimostrato che il nostro Paese ha ancora molto da insegnare in quanto a raffinatezza, serietà e precisione.