Aveva 86 anni e soffriva da molto tempo di una malattia rara e incurabile
E' morto ad Asiago Ermanno Olmi. Il regista cinematografico aveva 86 anni. Autodidatta e pioniere nel campo del documentario, creò un linguaggio personale e fuori da ogni schema fin da opere come "Il tempo si è fermato", "I recuperanti" e la "Circostanza". Per la prima volta al cinema elevò il dialetto a lingua, nel capolavoro "L'albero degli zoccoli", che vinse la Palma d'oro a Cannes nel 1978.
Nato a Bergamo, il 24 luglio 1931 in un quartiere chiamato Malpensata, ma cresciuto a Treviglio, Ermanno Olmi si trasferisce a Milano molto giovane per seguire i corsi di recitazione dell'Accademia di Arte Drammatica. Il suo talento dietro la macchina da presa lo dimostra quasi subito realizzando una decina di documentari tra il 1953 e il 1961 per il circolo ricreativo dei dipendenti della Edisonvolta, dove lavorava la madre, e dove trova lavoro anche lui per mantenersi agli studi.
In questi e negli altri documentari realizzati in quel periodo si nota già l'attenzione alla condizione degli uomini che lavorano nelle strutture aziendali, un modello interpretativo della realtà che anticipa le caratteristiche peculiari delle future pellicole di Olmi.
Il suo debutto cinematografico è datato 1959 quando Olmi presenta il primo lungometraggio "Il tempo si è fermato", una storia imperniata sull'amicizia fra uno studente ed un guardiano di diga che si dipana nell'isolamento e la solitudine tipici della montagna. Sono questi i temi che si ritroveranno poi anche nella maturità, una cifra stilistica che privilegia i sentimenti delle persone "semplici" e lo sguardo sulle condizioni provocate dalla solitudine. Il grande successo arriva però nel 1977 con quello che molti considerano il suo capolavoro assoluto, "L'albero degli zoccoli", che si aggiudica la Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio César per il miglior film straniero.
Trasferitosi ad Asiago, nel 1982 fonda una scuola di cinema "Ipotesi Cinema" e scopre di soffrire della sindrome di Guillain-Barré, che lo tiene a lungo lontano dai riflettori. Nel 1987 Olmi torna a dirigere una pellicola con il claustrofobico "Lunga vita alla signora!", premiato al Festival di Venezia con il Leone d'Argento. L'anno seguente si aggiudica, invece, il Leone d'Oro grazie a "La leggenda del santo bevitore", basata sull'omonimo racconto scritto da Joseph Roth adattato da Tullio Kezich e dal regista stesso.
Il film, il primo marcatamente internazionale, è girato in inglese, interpretato dall'olandese Rutger Hauer e ambientato a Parigi. Oltre al premio della rassegna lagunare, la pellicola vince quattro David di Donatello.
Nel 1993, trae "Il segreto del bosco vecchio" dall'omonimo romanzo di Dino Buzzati e ne fa un film in cui chiama come protagonista Paolo Villaggio, un evento piuttosto raro per Olmi, che privilegia attori non professionisti.
"Con Il mestiere delle armi", nel 2001, presentato con successo al Festival di Cannes e acclamato a livello internazionale, si aggiudica altri 9 David di Donatello.
Tra i suoi ultimi lavori "Torneranno i prati" (2014), film ambientato nelle trincee sull'Altopiano di Asiago, che ha vinto 8 David di Donatello, un Nastro d'Argento e un Globo d'Oro.
Nel 2003 approda in una Cina senza tempo per raccontare epiche vicende di pirati e di arrembaggi in "Cantando dietro i paraventi", anch'esso acclamato dalla critica, che vede Bud Spencer come unico attore occidentale, insieme a Camillo Grassi, in un cast interamente orientale. Nel 2005 collabora con altri due grandi registi, Abbas Kiarostami e Ken Loach, nel film "Tickets".
Nel 2008 riceve il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia.