L'artista trapiantato in Giamaica torna dal vivo. Partendo proprio dall'Italia, luogo in cui tutto ha avuto inizio per lui. L'intervista a Tgcom24
di Luca Freddi© ufficio-stampa
Il 2018 è stato un anno di successi per Alborosie, grazie all'uscita di "Unbreakable", disco suonato dai Wailers, storica band di Bob Marley. Nel 2019 l'artista italiano trapiantato in Giamaica festeggia i suoi 25 anni di carriera, celebrandoli con un tour europeo che parte proprio dall'Italia, sua terra d'origine. A Tgcom24 ha raccontato le scelte e il percorso che lo hanno fatto diventare protagonista della black music, conquistando pubblico e critica negli anni.
Vieni presentato spesso come ambasciatore della musica reggae italiana nel mondo. Tu invece come ti senti, dato che vivi da parecchi anni in Giamaica: ancora italiano, giamaicano o cittadino del mondo?
Siamo tutti cittadini del mondo e anche io mi sento cosi. Dopo piu di 20 anni che sono in Giamaica credo di aver acquisito tanto della cultura dell'isola ma ovviamente non rinnego le mie origini: mi sento italiano al 100% ma "mixato" con la Giamaica.
Festeggi 25 anni di carriera, quali sono stati i momenti più duri e difficili e quelli più esaltanti?
La mia prima parte della carriera è stata molto entusiasmante ma in Italia c'erano troppe dinamiche che non mi piacevano. Il passaggio da Stena ad Alborosie è stato duro, ricco di studio e di ricerca interiore ma continua a darmi tante soddisfazioni.
Ma se fossi rimasto in Italia, invece, come pensi sarebbe stata la tua carriera?
Non sono rimasto in Italia proprio perché pensavo che non ci sarebbe stato un futuro artistico che mi avrebbe soddisfatto pienamente.
Apprezzo moltissimo chi riesce a rimanere fedele a se stesso, come hai fatto tu durante la carriera, mantenendoti fedele a sonorità classiche del reggae. E' stata una scelta difficile visto il mercato e i mescolamenti contemporanei del reggae con sonorità diverse e lontane?
Il reggae è una musica che mette in unico contenitore tante componenti tra cui anche molto di quello che si sente adesso. E' un genere fuori moda che può avere dei momenti di crisi ma che non morirà mai.
Nel tuo ultimo disco "Unbreakable" sei riuscito a riunire e collaborare con i Wailers. Come è stato? Qual è stato il valore aggiunto che ha portato nella tua carriera?
Suonare con i Wailers è stato il coronamento di un sogno ma soprattutto come produttore. Ho capito un po di trucchi che adesso potrò applicare: sono un enciclopedia vivente del reggae.
Parliamo del tour con cui arrivi in Europa e in Italia. Come sarà lo show? Che caratteristiche avrà rispetto agli ultimi concerti in Italia (scaletta e band sul palco)?
Per il tour italiano insieme al mio team ho pensato ad uno show nuovo e ho inserito in scaletta dei momenti che potessero celebrare questi 25 anni di musica e sono sicuro che il mio pubblico apprezzerà il nostro sforzo.
A cavallo con il 2000 l'Italia esplodeva letteralmente di musica reggae e suoni giamaicani nostrani. Da parecchi anni la scena è scomparsa. Cosa è successo per te e come ha visto questo cambiamento italiano dalla Giamaica?
La scena è un in un momento di crisi perché dalla Giamaica non arriva la spinta sufficiente e perché le mode attuali sono cambiate. Ma è un momento che sicuramente passerà.
Ecco le date italiane del suo tour:
8 marzo – Live Music Club – Trezzo sull’Adda (MI)
9 marzo – Centro Sociale Rivolta Marghera – Venezia
13 marzo – Auditorium Flog – Firenze
14 marzo – Teatro della Concordia – Venaria Reale (TO)
15 marzo – Campus Music Industry – Parma
16 marzo – Mamamia – Senigallia (AN)
29 marzo – Orion – Ciampino (ROMA)
30 marzo – Industrie musicali – Maglie (LE)