Esce venerdì 18 settembre il nuovo album della cantautrice savonese, nei cui testi si racconta senza veli come mai prima d'ora. Tgcom24 ne ha parlato con lei
di Massimo Longoni© Ufficio stampa
Dopo una serie di singoli, da "Vento sulla luna" a "Tsunami" passando per "Houseparty", esce il 18 settembre "Nuda", il nuovo album di Annalisa. Un lavoro in cui la cantautrice savonese si spoglia di maschere e filtri e si racconta apertamente, fragilità e difetti compresi. "In un mondo in cui la comunicazione è sempre più filtrata - spiega lei a Tgcom24 -, io non voglio più nascondere una sfera di me che è molto importante".
Un lavoro composto da 13 tracce, divise in un lato A e un lato B che caratterizzano due stili e due mondi della cantautrice che però conferma anche in questo disco di aver trovato una propria cifra stilistica perfettamente riconoscibile anche all'interno di un percorso evolutivo. Un album che mette i testi e il racconto di sé davanti al suono. All’interno alcuni ospiti, amici stimati che ha incontrato nel corso della sua carriera: da Rkomi a J-Ax, per passare ad Achille Lauro e a Chadia Rodriguez. Tutte le canzoni sono state scritte da Annalisa con la collaborazione di alcuni tra gli autori più importanti in questo momento e la produzione è stata divisa tra Michele Canova, Dardust e d.whale (Davide Simonetta).
Questo disco arriva dopo quasi due anni di lavoro, prolungati ulteriormente dal lockdown degli scorsi mesi che ha fatto slittare l'uscita inizialmente prevista in primavera. Come è cambiato in corso d'opera?
La prima canzone che ho scritto di questo album è stata "Bonsai", che è nata alla fine del 2018. Poi c’è stato un lavoro intensivo in studio di scrittura e di approfondimento. A un certo punto tutto questo ha dato i suoi frutti e il disco c’era già ma non è potuto uscire. Alla fine devo dire che è stata quasi una fortuna perché questa ulteriore attesa mi ha fatto venire voglia di approfondire delle cose, di riaprire delle tracce…
“Bonsai” è tra l'altro un elenco di difetti: sono tutti tuoi o hai pescato anche dall'immaginario?
Tutta roba mia! Quella è una canzone che ha dato il via a tutta una serie di spunti. Questo elenco di difetti mette a nudo una serie di contraddizioni, di fragilità che fanno parte di me come di tantissimi altri. E credo che alla fine accomuni tante persone.
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L’anno scorso hai pubblicato “Avocado Toast” che sembrava l’inizio del percorso che avrebbe portato all’album. Come mai quel brano alla fine non è inserito nel disco?
In realtà “Avocado Toast” era un appetizer (ride). Alla fine l’idea è sempre stata quella, anche il fatto di farla uscire molto prima di quando sarebbe dovuto uscire il disco. L’ho sempre vissuto come un episodio a sé stante.
Nel periodo del lockdown è entrata qualche canzone al posto di qualcun'altra o hai semplicemente messo mano a quelle che già erano previste?
Ho principalmente rimesso mano a quelle che già erano. Ne sono nate altre ma queste verranno buone in futuro… Un brano su cui ho lavorato tantissimo è "N.U.D.A.". Anche se il concetto è stato da subito quello, ho sentito l’esigenza di dire altro. Alla fine la musica credo debba raccontare la realtà, sia quella che vediamo intorno a noi sia la nostra interiore. È innegabile che in questi mesi abbiamo vissuto delle cose che ci hanno stimolato a farci qualche domanda in più. Sono davvero contenta perché se penso al disco che sarebbe uscito a marzo e lo confronto con quello che uscirà alla fine, il secondo mi piace molto di più. Mi piace guardare il bicchiere mezzo pieno.
Sei una persona ottimista?
Sono ottimista e mi sforzo anche tantissimo di esserlo e mi piace che sia così.
Questo è un disco in cui ti apri particolarmente, mostrando anche il tuo lato più fragile. Corrisponde a un cambiamento nella tua vita o sentivi solo il bisogno di rendere la tua musica più “sincera” possibile?
È una necessità mia di sempre che si rispecchia in quello che faccio in musica. Mi sono sempre molto interrogata su come mi vedessero gli altri, sulla percezione di quelli che incontro. Quindi cerco di andare sempre più a fondo in questa direzione. Con ‘Bye Bye”, anche in maniera grintosa, dicevo: “Non vi accontento più, ora faccio quello che voglio”. E non era una questione artistica ma personale. Ora ho voluto mettere a nudo quella sfera di fragilità che ci sono e non voglio nascondere. È anche tutto legato al nostro modo di comunicare, legato al mostrarsi, ai social.
Dove tutto è molto filtrato...
In realtà sono una fetta anche piccola di quello che siamo. Non credo rappresentino il falso, in fondo le scelte che uno fa dicono molto, a volte dice più quello che non vedi di una persona che quello che mostra. A me piace raccontare queste cose.
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La parte meno “glam” della vita?
Sì. Perché se uno vede postare posti meravigliosi, colori, sorrisi… è bello, una figata. Ma non può esserci solo quello, altrimenti mi viene da pensare che sono sfigata io. In realtà siamo tutti così, ma in quel contesto viene mostrata una fettina del nostro mondo.
Presentando l’album hai detto di voler presentare quello che siamo quando “si tratta di smontare quella farsa che il più delle volte siamo”. All’inizio della tua carriera, per difenderti da questo nuovo mondo che stavi affrontando, ti è capitato spesso di nascondere la tua vera essenza?
In realtà non mi sono mai limitata da questo punto di vista. Non mi sono mai nascosta più di tanto. Però ho fatto fatica a essere libera e a vivere tutte queste fasi con una naturalezza quotidiana. All’inizio per me tutto era una prova per la quale cercavo di essere all’altezza, con un carico di tensione che puoi immaginare. Poi crescendo ho imparato a lavorarci.
Il disco è diviso in una parte A, dove ti senti più a casa, e una parte B più sperimentale. E' una progressione che rappresenta la direzione in cui ti stai muovendo artisticamente?
No, in realtà i pezzi sono nati mischiati, non in quell'ordine cronologico. Però ho voluto dividerli secondo la loro natura. Se vogliamo usare una metafora, il lato A è il soggetto a fuoco nella foto, il lato B sono tutti quei dettagli che restano in secondo piano ma che conoscendoli danno uno spessore maggiore e un senso a ciò che stai guardando.
Da un punto di vista musicale qual è la crescita maggiore che caratterizza questo lavoro rispetto a “Bye Bye”?
C’è una libertà sempre maggiore dal punto di vista della scrittura. Al suono in qualche modo bisogna pensarci ma prevale l’attenzione al contenuto. Sono più concentrata sul linguaggio che non sulla costruzione della frase. Ogni scelta dal punto di vista sonoro è puntata a dare valore a questo e non il contrario. Insomma non siamo mai partiti da un beat figo per inventarci un pezzo.
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E da questo punto di vista le collaborazioni che valore aggiunto portano alle canzoni?
Nascono per dare forza a un concetto e a un lato di me. Tutti gli ospiti rappresentano un punto di incontro tra qualcosa di loro e di mio. Con Chadia ci unisce un po’ di individualismo che lei mostra molto, io meno, ma è anche parte di me.
Il punto di contatto con Lauro invece qual è?
Questo gioco in musica, la provocazione un po’ allusiva è la sua bandiera. Ce l’ho anche io in piccola parte e quindi ho approfondito questo altro alto.
E con Ax?
Con lui invece il terreno comune è la voglia di abbattere le etichette e gli stereotipi, vivendo ogni aspetto della vita con la propria personalità e sensibilità, senza che debba esserci un giusto e uno sbagliato.
Il disco si chiude con il brano "N.U.D.A." in cui parli del privarsi estremo di filtri e costruzioni, lo stadio finale del passaggio da umani ad animali. Quanto è forte la tua parte animale?
In realtà tende a emergente sempre di più . Questo volersi mettere a nudo e tirare fuori la parte più istintiva, legata alle manifestazioni anche tattili che abbiamo e che sento sempre di più di vivere. Questa cosa è molto presente in me anche se devo ancora imparare a fidarmi del mio istinto. Onestamente lui non sbaglia quasi mai ma spesso sono io che lo frego poi con il troppo ragionamento. Che puntualmente mi porta a sbagliare.
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