IN TOUR IN ITALIA E GERMANIA

Any Other torna con il nuovo album: "Uso la musica come una porta comunicativa"

La cantautrice pubblica "Stillness, stop: you have a right to remember" e si racconta a Tgcom24

di Luca Freddi
17 Feb 2024 - 12:59
 © Ludovica De Santis

© Ludovica De Santis

Dopo sei anni dal precedente "Two, Geography", torna Any Other con il suo terzo disco "Stillness, stop: you have a right to remember", uscito per 42 Records. Un album maturo, intriso d'intimismo e arrangiamenti sofisticati, sorta di seduta di psicoterapia col proprio io interiore. Otto tracce delicate frutto di un talento raro, con uno stile etereo e uno stile malinconico, originale e schivo rispetto alla scena indie italiana su coordinate che a spanne stanno dalle parti di Aldous Harding, Sufjan Stevens, Angel Olsen. A Tgcom24 Adele Altro, nome dietro al progetto, ha raccontato il suo percorso fino a qui e il nuovo album il cui titolo fa riferimento alla rimozione dei ricordi quando si subisce un trauma.

© Tgcom24

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Come si è evoluta la tua musica dall'esordio di "Silently. Quietly. Going Away” fino a qui?
n questi nove anni che ci sono tra SQGA e Stillness, stop sono successe davvero un’infinità di cose, tra cui diventare una musicista a tempo pieno. Più che la musica, direi che è cambiato il mio modo di farla – molto più consapevole e con molta più esperienza. Suono più strumenti, conosco meglio quello che faccio, ho più consapevolezza. Però credo che il “cuore” del far musica sia rimasto lo stesso, invariato, per me: ovvero usare la musica come una porta comunicativa per me e per gli altri.

Raccontaci il significato del titolo del disco
Il titolo è stato un po’ un monito che mi sono data ancora prima di finire il disco stesso. A un certo punto ho sentito il bisogno di fermare il caos che avevo nella testa, perché facendo terapia mi sono accorta di aver perso diversi ricordi, sia positivi che negativi. La cosa non mi andava giù, quindi era giusto per me fermarmi, darmi uno stop, per dedicarmi e prendermi cura di questi vari pezzetti di me che non volevo perdere.

© Ufficio stampa

© Ufficio stampa

Emozioni, difficoltà, crescita emotiva. Nei testi hai scelto di parlare di te...
Nei testi parlo sempre di me, o comunque sempre di intrecci che hanno a che fare con la mia vita. Inevitabilmente quindi tocco argomenti molto personali, che però penso siano anche trasversali: siamo tutti persone, quindi esperienze che ci fanno sentire magari isolati in realtà sono spesso molto comuni.

Il tuo percorso musicale sembra fare contento Stanis LaRochelle di Boris che lamentava la troppa italianità di opere prodotte nel nostro Paese. A parte gli scherzi, è un suono così lontano geograficamente, ma anche temporalmente. Così distante da quello che succede ultimamente in Italia come sonorità e che sembra anche prenderne le distanze con il mondo indie italiano attuale. Che ne pensi? Da cosa nasce?

Personalmente non sono domande né confronti che mi pongo mentre faccio un disco. Ma nemmeno dopo averlo fatto. Sicuramente ho un modo mio di fare le cose, ma in realtà ci sono tantx artistx in Italia che fanno di testa propria e lavorano in modo personale e che operano al di fuori della categoria "indie", di cui anche io mi sento di far parte fino a un certo punto. Per quel che mi riguarda, cerco di ascoltare il più possibile quello di cui sento il bisogno a livello artistico, magari anche in modo istintivo.

E invece per la lingua che usi, ti fa sentire più a parte in un mondo musicale italiano che vive prevalentemente sul suo idioma o più connessa con il mondo circostante extra italiano?
Anche qui, ti dirò, è una questione molto spontanea. Molto banalmente, mi sono formata ascoltando musica fatta in inglese, quindi inevitabilmente per me quella è diventata la lingua familiare con cui scrivere canzoni. Alla fine si tratta solo di un elemento che compone il tutto (un po’ come suonare la chitarra invece del pianoforte), quindi non necessariamente mi "colloca" in un posto invece che in un altro.

Suoni da tanti anni con Colapesce e in più poi ultimamente accompagni dal vivo anche il progetto Colapesce Dimartino. Cosa ti ha dato questa esperienza, anche se lontana dal tuo mondo sonoro? Ti ha portato difficoltà, anche tempistiche, stare dietro a loro mentre lavoravi a questo nuovo album?
Sicuramente lavorare con altri artisti, anche di dimensioni diverse, è una cosa che fa imparare molto, e che mi permette di vedere contesti lavorativi ai quali magari non accederei solo con Any Other. Quindi banalmente mi permette di fare esperienza nel senso più immediato che ci sia. Poi dal punto di vista dell'organizzazione, credo che in questo lavoro sia inevitabile correre sempre di qua e di là - quindi negli anni è capitato di dover gestire più cose insieme, ma è normale e in parte è anche il bello.

Il tour

  Per la promozione dell’album Any Other ha già inaugurato un tour con una band di cinque elementi e registrato il primo sold out a Milano. Sarà dal vivo poi il 17 febbraio allo sPAZIO211 a Torino, il 23 a Musici Per Caso a Piacenza, il 29 al Locomotiv a Bologna, l’1 marzo a Officina degli Esordi a Bari, il 2 all’Angelo Mai a Roma, l'8 marzo una seconda data allo Spazio Teatro 89 a Milano, il 9 al Colorificio Kroen a Verona, il 10 marzo allo Spazio Marte a Cesena. Con il nuovo album tornerà anche in tour in Europa. Al momento sono già annunciate le date in Germania, organizzate da Brighter Agency: gli appuntamenti tedeschi in programma sono il 12 aprile a Heppel & Ettlich a München, il 13 a Bedroomdisco Kirchenkonzert a Darmstadt, il 14 a Bumann & SOHN a Köln, il 15 a Kantine am Berghain a Berlino, il 16 a Die Hebebühne a Hamburg e il 18 a Feinkostlampe ad Hannover.

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