Beppe Carletti: "Ragazzi fate musica per passione, come me e Augusto"
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Il tastierista, unico membro originale della formazione storica dei Nomadi, si racconta a Tgcom24 mentre esce il cd: "Il sogno di due sedicenni è diventato realtà", con 12 brani di Augusto Daolio rivisitati
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"Con Augusto ho vissuto 30 anni, e ci tengo a dire 'vissuto' e non solo suonato e mi ritengo molto fortunato ad essergli stato accanto...". Beppe Carletti, unico membro rimasto della formazione originale dei Nomadi, ricorda così a Tgcom24 il suo compagno e amico Augusto Daolio, scomparso nel 1992. A lui è dedicato "Il sogno di due sedicenni è diventato realtà", cd appena uscito, con 12 brani interpretati da Daolio stesso ma rivisitati in chiave moderna.
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I due sedicenni sono loro, Beppe Carletti, tastierista, e Augusto Daolio, cantante. Sembra di vederli in quel lontano 1963, quando fondarono i Nomadi, giovani, sognatori e pieni di passione: "Io e Augusto abbiamo condiviso una passione, la musica, e abbiamo avuto la fortuna di poter vivere di questo, che non è da tutti. Siamo partiti dalle balere, senza la pretesa di diventare ricchi e poi è arrivato il successo, ma non l'abbiamo cercato. Io lo auguro di cuore a quelli che fanno musica e ai ragazzi dico sempre di non cercare la fama, ma di suonare e cantare per passione...".
Come è nato questo disco, sia tecnicamente, sia emozionalmente?
Emozionalmente è nato dal fatto che voglio che Augusto venga sempre ricordato. La sua era una voce straordinaria, una tra le più belle, tecnicamente aveva un'estensione vocale che faceva paura. Sono andato nel cassetto dei cd e ho pescato canzoni che avevano avuto poca visibilità, brani fino ad ora un po' trascurati dal grande pubblico e li ho recuperati. La mia intenzione era dare nuova aria alla voce di Augusto, dargli quello che in quei tempo non era stato possibile per via delle poche disponibilità e della qualità delle macchine. Con le nuove tecnologie credo di essere riuscito a fare un bel lavoro e la voce di Augusto ne è uscita fresca e libera. Sono molto soddisfatto. Abbiamo cercato di enfatizzare quello che c'era già e con le nuove macchine abbiamo dato nuovi colori alla voce e agli strumenti e l'operazione credo sia riuscita.
Francesco Guccini ha detto di recente che è stato fortunato a vivere in quegli anni, una sorta di età dell'oro... sei d'accordo?
Assolutamente sì. Siamo nati e vissuti in un periodo bellissimo, in cui c'era tanto da costruire, tanto da fare insieme e c'era la voglia di vivere la vita senza tante pretese, senza avere granché. La libertà si respirava nell'aria ed era la libertà di divertirsi e di vivere seguendo i propri sogni.
Cosa ti accomunava di più ad Augusto?
Abbiamo vissuto insieme da quando avevamo 16 anni, siamo rimasti sempre nel nostro paese, e questo ci ha aiutato a vivere con i piedi per terra e a portare avanti dei valori che purtroppo è difficile mantenere se si vive in una metropoli. Questo ci ha aiutato tantissimo. Uscivamo la sera e tornavamo alle 4 del mattino , ma eravamo sempre lì, nel nostro paese...
Qual era quindi il sogno e quale la realtà di questi due ragazzi?
Il sogno è ciò di cui abbiamo vissuto, ovvero la musica. La realtà è stato il successo che abbiamo ottenuto.
Cosa manca alle canzoni di oggi, alla musica di adesso?
Manca la credibilità, perché i cantanti adesso cercano esclusivamente il successo e si piegano facilmente, accettano certe condizioni pur di fare soldi e diventare famosi. Bisogna fare musica per passione, lo ripeto, perché solo così si è credibili davanti alla gente. La credibilità si ottiene credendo moltissimo in quello che si fa. Delle canzoni di adesso resterà pochissimo.
Chi sono i Nomadi oggi rispetto a quelli del passato e cosa ti manca di più di quel periodo?
La spensieratezza... negli anni 60 partivi con un furgone, caricavi tutti gli strumenti e andavi ... Adesso cantare è diventato più mestiere anche per noi... perché tutto sta andando verso quella direzione. Tuttavia ribadisco una cosa, penso che tutti i ragazzi che sono passati dal gruppo hanno portato qualcosa, i ragazzi di adesso che sono nel gruppo a volte li vedo più nomadi dei nomadi... sono diventati una famiglia, perchè sono stati contagiati dallo spirito che ha da sempre animato la nostra formazione, ovvero il nostro essere terra e terra, molto semplici e coerenti. Nella coerenza io credo tantissimo. Certo alcuni di loro potrebbero essere miei figli, ma il confronto generazionale è molto importante e questo ha portato nuova linfa nel gruppo, freschezza... è l'evoluzione. Questo non toglie che ho cantato "Vagabondo" almeno 20mila volte e non mi stanco mai di cantarla, la ricanterei altre 20mila volte!
Con la vostra musica avete sempre trasmesso un messaggio di impegno e denuncia sociale, è così anche oggi?
Adesso ci sono i rapper che fanno un po' di denuncia... ma non so quanto potrà rimanere di una canzone rap, perché non sono vere canzoni. Il rap nasce in America non fa parte della nostra cultura e della nostra storia. "Dio è morto" sono 48 anni che la gente la ascolta, una canzone rap di adesso... Negli anni '60 c'era la guerra in Vietnam e si pensava che la musica potesse fermarla, ma la musica non può farlo, non cambia il mondo, lascia però dei segni e quindi ha un senso. Di recente abbiamo fatto un album con canzoni sociali, c'è una canzone ad esempio, "Io come te", che parla del colore della pelle del fatto che siamo tutti uguali...Non ci sono riferimenti a quanto sta succedendo adesso, anche se si possono trovare. Per noi cantare significa ancora questo, con la musica vogliamo dare un messaggio lasciare un segno.