Berlino, trionfa "Taxi": l'umanità di Teheran raccontata da Panahi vince l'Orso d'oro
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Il premio è stato ritirato dai membri della famiglia del regista in quanto lui si trova costretto agli arresti domiciliari. Orso d'argento come migliore attrice a Charlotte Rampling
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L'Orso d'oro per il miglior film della 65esima Berlinale è andato a Taxi del regista iraniano critico del regime, Jafar Panahi, costretto agli arresti domiciliari. Il premio è stato preso dai membri della famiglia autorizzati partire. L'Orso d'argento Premio Gran Giuria è andato a El Club del regista cileno Pablo Larrain sugli abusi sessuali nella chiesa. Orso d'argento per la migliore attrice a Charlotte Rampling nel film di Andrew Haigh, 45 anni.
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L'umanità che a Teheran sale sul taxi dell'improvvisato autista Jafar Panahi è piena di slanci e di vita e solo sullo sfondo si sente il rumore del regime. Insomma questa volta con "Taxi", film che trionfa conquistando l'Orso d'oro al Festival di Berlino, il regista perseguitato e di fatto impossibilitato a creare, ci mette la faccia e racconta con poesia la sua città e la sua gente senza affondare la lama. E vince. Il film, applaudito al Berlinale Palast non ha avuto alcuna conferenza stampa in quanto Panahi non ha avuto certo il permesso di lasciare il Paese. E anche a ritirare il premio sono venuti alcuni membri della sua famiglia autorizzati dalle autorità a partire.
"Taxi" è il terzo film che Panahi realizza di nascosto dalle autorità iraniane dopo che gli era stato impedito di fare film nel 2010. Era già successo per "This is Not a Film", che era uscito dall'Iran su una chiavetta USB nascosta in un dolce, e poi per "Closed Curtain" che racconta di due persone in fuga in una casa sul Mar Caspio. In una dichiarazione a "Celluloid" il regista aveva spiegato il perché si sottrae sempre al divieto di creare imposto dal governo iraniano: "Sono un regista. No so fare altro che film. Il cinema è il mio modo di esprimermi e lo stesso significato della mia vita". E ancora: "Il cinema è un'arte che occupa tutto me stesso. Questa è la ragione perché continuo a fare film tra mille avversità. E' perché solo così mi sento vivo".