Basato sugli scritti e sulle memorie dell'uomo sopravvissuto a ben cinque campi di concentramento
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"Il cacciatore di nazisti" - L'avventurosa vita di Simon Wiesenthal approda al Teatro Franco Parenti di Milano dal 18 al 22 gennaio. A cavallo tra un avvincente thriller di spionaggio e l’indagine storica, rivissuta con umana partecipazione e un tocco di caustico umorismo ebraico, lo spettacolo racconta la storia di un uomo che, dopo essere sopravvissuto a cinque diversi campi di sterminio, dedica il resto della sua esistenza a dare la caccia ai responsabili dell’Olocausto. Il testo e la regia sono firmati da Giorgio Gallione mentre in scena c'è Remo Girone.
La vita di Wiesenthal, ironicamente apostrofato come “il James Bond ebreo”, ha dell’incredibile: con il suo lavoro di ricerca e investigazione è riuscito a consegnare alla giustizia circa 1.100 criminali nazisti tra cui: Karl Silberbauer, il sottoufficiale della Gestapo responsabile dell’arresto di Anna Frank, Franz Stangl, comandante dei campi di Treblinka e Sobibor e Adolf Eichmann, l’uomo che pianificò quella che Hitler amava definire “la soluzione finale”.
Il processo ad Eichmann fu uno dei più importanti del secolo scorso.
Iniziato nell’aprile del 1961 a Gerusalemme, terminò otto mesi dopo con la condanna a morte per impiccagione dell’imputato per “crimini contro l’umanità”.
Lo spettacolo si apre nel 2003, in quello che idealmente è l’ultimo giorno di lavoro di Wiesenthal al Centro di documentazione ebraica da lui fondato: prima di andare in pensione, l’uomo ripercorre per ellissi ed episodi emblematici cinquantotto anni di inseguimento dei criminali di guerra nazisti, responsabili della morte di più di undici milioni di persone, di cui sei milioni di ebrei.
Lo spettacolo di Giorgio Gallione, basato sui libri dello stesso Wiesenthal e affidato all’interpretazione di Remo Girone, si interroga non solo sulla feroce banalità del male, ma anche sulla sua genesi.
Un modo per reagire a quella che Simon Wiesenthal ricorda come la più cinica delle armi psicologiche utilizzate dalle SS contro i prigionieri dei Lager: “Il mondo non vi crederà. Se anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere creduti”.
Così Il cacciatore di nazisti diventa un tentativo epico e civile per combattere la rimozione della memoria e l’oblio.
“Non dimenticate mai, mi fido di voi!”, è l’esortazione che Wiesenthal scopre nel messaggio lasciato dalla piccola Sara, protagonista di una delle tante vicende narrate nello spettacolo, e che lui stesso rivolgerà al pubblico a fine spettacolo.