INTERVISTA A TGCOM24

La frontiera e il deserto dei Calexico scaldano l'estate: ritorno in Italia con un tour

La band di Joey Burns e John Convertino dal vivo per quattro date. L'intervista

di Luca Freddi
04 Lug 2024 - 12:10
 © Facebook

© Facebook

Joey Burns e John Convertino hanno fondato i Calexico a metà degli anni novanta in Arizona, continuando in questi anni, album dopo album, ad alimentare la loro musica dalla sabbia del deserto che attraversa lo Stato americano e il Messico del Nord. Negli otto album fin qui pubblicati, la frontiera e la polvere suonano in un crossover di folk-alternative country, suoni latinoamericani e ipnotici noir desertici. Joey Burns ha raccontato a Tgcom24 cos'è per loro la frontiera e il senso di comunità che traspare dai loro dischi. Mentre tornano in Italia per un tour che li vedrà il 4 luglio alla Fortezza Santa Barbara di Pistoia nell’ambito di Pistoia Blues Festival, il 5 luglio al Palazzo S. Giacomo a Russi (RA) per il Ravenna Festival, il 15 luglio al Castello Sforzesco di Milano, per terminare il 17 luglio a Udine in Piazza Castello per Folk Est.

La vostra musica, fin dal nome, è sinonimo di frontiera da sempre. Cos'è per voi. E come vedete oggi certe frontiere andando in giro per il mondo a suonare?

Per me la musica è una finestra su molti mondi passati, presenti e futuri. Il nome della band si distingue come gesto spensierato tra due città su entrambi i lati di una linea di confine internazionale e due lingue e culture diverse. Penso che ci sia positività in queste aree del mondo e tra persone e culture. Per me rappresenta l’ottimismo sul fatto che possiamo trovare un modo per colmare le differenze e incoraggiare la curiosità con la diversità. La musica è stata come una medicina per me personalmente e collettivamente con i musicisti e il pubblico. Mi dà la speranza di continuare su questa strada. La frontiera è sia nel regno fisico che dentro ognuno dei nostri cuori. Vedo più somiglianze tra tutti noi quando viaggio per il mondo e sono grato di aver intrapreso questo percorso musicale.

Cormac McCarthy, cantore della frontiera, è stato da sempre una vostra fonte d’ispirazione. Quali altri artisti apprezzate che parlano di questa tematica?

Mi piace il lavoro di Luis Alberto Urrea, che è anche uno scrittore sulla terra tra Stati Uniti e Messico, passato e presente, nonché sulle famiglie che affrontano le più grandi frontiere della vita, il battito del cuore che ci connette e ci modella. Al centro delle storie di scrittori come Charles Bowden, Barbara Kingsolver, Edward Abbey, McCarth e Urrea c'è l'esperienza umana e il cuore universale dell'umanità.

Dai vostri dischi traspare spesso un senso di comunità. Quanto è importante per voi e la vostra musica?

Apprezzo la collaborazione con gli altri. È stato molto importante per dare forma alla nostra carriera e aprirci a molti momenti di ispirazione. È ciò che ci fa andare avanti come band.

Com'è cambiato il vostro modo di fare musica dagli anni 90 a oggi?

Oggi non viviamo nella stessa città e quindi a volte può essere difficile coordinare le idee musicali. Generalmente tendiamo a pianificare il tempo per incontrarci a Tucson per scrivere e registrare idee di tanto in tanto e questo continua a spingerci a fare nuova musica e a prepararci per i tour.

Ovviamente avete un vasto catalogo alle spalle, quindi come decidete cosa suonerete?

E' un'ottima domanda. Cerco di rispolverare vecchie canzoni e di portarle nei prossimi tour così come di dare spazio durante i live per improvvisare idee e musica spontaneamente. Mi piace anche accogliere le richieste del pubblico.

Avete un rapporto molto stretto con l'Italia. Ce lo raccontate?

A essere sincero è un mistero ed è ancora in fase di svolgimento mentre scrivo (attualmente sono in vacanza con la mia famiglia) e le esperienze che abbiamo avuto in passato sono state davvero sorprendenti. Probabilmente potrei scriverne tutto il giorno, ma ora devo guidare con la famiglia per esplorare un agriturismo.

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri