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Il divo ha presentato in anteprima Fuori Concorso al Festival il nuovo kolossal di cui è regista e produttore oltre che protagonista
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A Cannes 77 arriva in prima mondiale fuori concorso "Horizon, An American Saga" con Kevin Costner che torna a cavallo in un vero western. Diviso in quattro capitoli, segue varie trame sulla violenta frontiera in cui gli europei stabiliscono insediamenti sulla terra dei nativi americani, un tema a lui decisamente caro e che ha esplorato con successo in "Balla coi lupi" e "Open range". Proprio come Francis Ford Coppola con "Megalopolis", anche Costner insegue il progetto da decenni, ne ha scritto la sceneggiatura nel 1988 ma gli Studios la rifiutarono. Non si è dato per vinto e ha ipotecato il suo ranch per produrlo. E, sempre come Coppola, non è ottimista per il futuro dell'America: "Una volta era una promessa per chi arrivava, ora non lo è più".
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"Horizon, An American Saga" arriverà in sala con la prima parte il 4 luglio e la seconda il 15 agosto. Qui c'è un ritorno al passato, al western dei carri in fila indiana verso il nulla, al Gran Canyon da attraversare, al forte pieno di soldati e soprattutto all'incontro-scontro pieno di violenza e incomprensioni dei coloni con i pellerossa. La saga omaggia il più classico dei generi del cinema americano e Costner è sempre stato interessato a ritrarre l'America, le sue origini, i suoi difetti e le sue leggende attraverso questo genere. Per lui, fin da Balla coi lupi, il western è il genere preferito per esprimere il suo impegno politico e ambientale. "C'era un non detto all'epoca: se si era abbastanza duri, cattivi e ingegnosi - dice Costner - potevi ottenere ciò che volevi in America, vale a dire camminando sulla testa delle persone". E questo appunto in riferimento alle comunità indigene che vivevano lì e la cui vita è stata sconvolta dai coloni. Tutto si svolge in un periodo di quindici anni prima e dopo la Guerra Civile, mentre l'espansione verso ovest è piena di insidie che si tratti di natura o scontri con i popoli indigeni che vivevano su queste terre e della determinazione spietata di coloro che cercavano di colonizzarli.
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Al fianco di Costner troviamo tra gli altri Sienna Miller, Sam Worthington e Jena Malone. Di stanza a Fort Gallant, c'e' Sam Worthington che veste i panni di un soldato idealista, mentre Sienna Miller è Frances Kittredge una pioniera forte, resistente e materna che è stata portata a malincuore nell'insediamento di Horizon da suo marito da sempre alla ricerca di una vita migliore. Infine Jena Malone è Ellen che vive in una piccola città mineraria chiamata Watts Parish dove dopo molte difficoltà è riuscita a stabilirsi e trovare anche un brav'uomo, Walt.
"Horizon" è allo stesso tempo una saga western, declinata alla violenza, che da una parte omaggia il più classico dei generi del cinema americano e, dall'altra, offre a Costner la possibilità di esprimere il suo impegno politico e ambientale. "La tanta violenza presente nel film -spiega Costner, 69 anni -, era necessaria per sopravvivere. Non c'era legge e niente per proteggerti tranne il tuo istinto. C'erano allora molti pericoli. E bisognava conoscere le cose più basilari, come saper fare il fuoco. Non dimentichiamo poi che l'America è un Paese ancora molto giovane - sottolinea - e che questo film è ambientato duecento anni fa. Era una terra ancora vergine".
Poeta maledetto, divorato da un'energia rivoluzionaria che ondeggia al servizio di molti, "Limonov" dal best seller omonimo di Emmanuel Carrere sullo scrittore e militante morto nel 2020 dopo una vita avventurosa, è arrivato in concorso al Festival come trascinato da una furia iconoclasta con la trasposizione del regista russo Kirill Serebrennikov. Il dissidente che torna per la quarta volta in competizione per la Palma d'oro e lo fa con il suo primo film in inglese, porta una ballad epica percorrendo la Storia del dopoguerra fino a oggi, da Stalin a Putin, smontando gli stereotipi dell'intellettuale dissidente russo che si rifugia tra Parigi e New York e richiamando personaggi rivoluzionari della cultura come David Bowie e Lou Reed. L'attore inglese Ben Wishaw è il camaleontico Eduard Limonov cui sta stretto il destino di operaio nato a Dzerzhinsk, sul confine ucraino, all'epoca tutto Urss, perchè è la poesia, la scrittura il suo pane quotidiano, una urgenza fagocitante. Ma è solo l'inizio di una storia, con una colonna sonora da urlo, che letteralmente cavalca tra le epoche trascinando poi lo spettatore nella New York degli anni 70-80, nell'underground di sesso droghe e punk per poi riportarlo in Europa e poi di ritorno in Russia nell'ambiente para rivoluzionario, pronto a diventare leader della neo-bolscevica nazionalista Altra Russia, avversario di Putin, detenuto. Innamorato pazzo della giovane modella Ekaterina Volkova (Viktoria Miroshnichenko), formerà con lei una coppia dannata dell'arte della Grande Mela ritratta da Serebrennikov come un set di Helmut Newton.