Francesca Pennini e i suoi danzatori mettono in scena il balletto romantico per eccellenza, la "Sylphide", attualizzandolo in "Sylphidarium", e rompendo i limiti classici con la risata ironica propria dei grandi filosofi del '900. Il 14 e il 15 novembre a Milano
di Luisa Indelicato© ufficio-stampa
Cosa accomuna i grandi pensatori del '900 come Michel Foucault, Jacques Deridda, Gilles Delueuze alla danza contemporanea? Apparentemente niente. Ma parlando con la coreografa ferrarese, Francesca Pennini, che nel 2007 ha fondato la compagnia Collettivo cinetico, sembra quasi che il balletto sia naturalmente il braccio "armato" della filosofia. Può sembrare un gioco di parole raffinato ma non c'è stato mai niente di così divertente, ironico e popolare. E lo si potrà vedere a Milano, il 14 e il 15 novembre, alla Triennale Teatro dell'Arte dove va in scena Sylphidarium.
Un progetto coreografico ma anche musicale che riprende gli schemi classici, li ribalta e ci mette dentro arte, teatro e danza contemporanea. Un metodo d'approccio ben lontano dagli stereotipi statici sulla danza classica e che appartengono più alla filosofia postmoderna. A Tgcom24 ne ha parlato direttamente la coreografa, Francesca Pennini. "Lo spettacolo riprende il balletto classico per eccellenza la Sylphide, del 1832, ma anche la sua evoluzione ne Les Sylphides, del 1909. Vuole essere una sorta di anatomia anche storica di questi due balletti presi con una certa distanza e ironia. Partendo anche dalle innovazioni tecniche come le scarpette a punta, che erano state pensate per dare questo senso di innalzamento del corpo verso il cielo. Maria Taglioni, figlia del corografo, era la prima ballerina romantica e sul suo corpo e anche sulla sua anatomia è stato costruito".
Come lo innovate?
Il balletto e il gioco che facciamo è una sorta di ribaltamento in orizzontale di questa tensione allo spirituale all'alto a questi corpi delle ballerine classiche quasi impalpabili. Il sottotitolo del lavoro infatti è Maria on the ground e tutto il lavoro viene fatto sulla terra sia da un punto di vista sonoro sia da un punto di vista fisico. Restituendo un senso a questi corpi gravitati, muscolari, affaticati, con un'energia però che si spende".
Collettivo cinetico vuole rompere con la tradizione?
Sì, ma non in senso di protesta. Più in senso critico, privo di giudizio. Quando mettiamo le mani nel balletto lo prendiamo come qualcosa di esterno a noi, così come per qualsiasi altra disciplina e questo è un po' un atteggiamento che ti permette di vedere le cose da un'altra angolatura, un po' come sentirsi sempre abusivi. Ad esempio in scena, non ci sono ballerini classici, viene comunque usato un linguaggio con la consapevolezza che non ti appartiene quindi non dandolo per scontato. E' il nostro metodo di approccio.
Un percorso segnato dalle tue origini?
Io ho avuto una formazione abbastanza tradizionale come danzatrice con un percorso un po' selvaggio, tra accademia, arte e ginnastica. La curiosità è sempre verso l'esterno, nel senso che il mio interesse è sempre stato quello di lavorare con persone che non condividevano il mio background in modo da dover spingere entrambi a costruire un nuovo linguaggio comune, ad arricchirsi a vicenda. I nostri danzatori, che sono a tutti gli effetti dei danzatori, non vengono tutti da un percorso tradizionale, ma tutti hanno in comune questo non sentirsi comodi nel linguaggio che portano, non ne sono proprietari ma custodi.
Come vi siete incontrati?
Le collaborazioni più fortunate in maniera accidentale: alcuni di loro sono adolescenti incontrati nei laboratori scolastici che si sono innamorati del teatro e che sono cresciuti piano, piano, progetto dopo progetto; altri, ad esempio, tra quelli che sono presenti a Sylphidarium, amici di infanzia musicisti che sono diventati danzatori; oppure tecnici chiamati per altri lavori che sono finiti in scena dopo aver partecipato alle fasi di training della compagnia; piuttosto che miei compagni di danza di infanzia ritrovati dopo i percorsi all'estero di anni.
Nonostante la danza sia un territorio d'élite, Collettivo cinetico è sempre più conosciuto...
E' necessaria una lotta affinché la danza, che vive sotto tantissimi stereotipi dai non addetti al settore, venga liberata. Perché credo fermamente che possa parlare un linguaggio trasversale, partendo dal fatto che tutti abbiamo un corpo. Quindi la danza è molto contemporanea, nel senso di immersione nel presente: dalla tecnologia alla verità della condizione fisica delle persone attuali. Sicuramente non è facile da interpretare come la prosa, ma una volta aperta la breccia può essere un'arte popolare grazie alla sua capacità di essere diretta.
Qualcosa che riguarda anche gli addetti ai lavori, no?
Penso che sia importante anche per gli artisti riuscire a dialogare con un pubblico che è ampio. Non bisogna dare per scontato un linguaggio condivisio che dialoga soltanto con i colleghi e che quindi non fa che alimentare una condizione dii nicchia. Bisogna dialogare con tutti.
Parafrasando Pasolini, che diceva che tutti possono leggere Hegel, qual è per te il valore "umanistico" della danza?
All'inizio del 900 Rudolf Laban diceva che ogni uomo è un danzatore perché il movimento va oltre i codici della danza. E la danza contemporanea in particolare, che vive dell'uscita dai codici, non solo può dialogare con i corpi di tutti, ma arricchire anche solo da un punto di vista di sguardo e connessione fisica nella vita quotidiana. Connettendo la pratica della scena alla vita quotidiana si impara a relazionarsi con lo spazio come in un gioco. Secondo me è una risorsa anti-noia e di risveglio di una percezione del mondo attraverso i parametri della scena che è una risorsa importante della sensibilità.
Da cosa ti lasci ispirare?
Di solito a spingermi è la curiosità di qualcosa che non conosco e vorrei conoscere e quindi un progetto diventa un espediente di approfondimento di un ambito o di un argomento. Generalmente lo studio è molto filosofico. I prospetti di filosofia mi aiutano a pensare e a connettere, quindi la risorsa principale da cui attingo è cerebrale prima di passare alla pratica. Mi lascio ispirare dalla filosofia contemporanea: Michel Foucault, Jacques Deridda, Gilles Delueuze.
Il prossimo lavoro?
Abbiamo appena debuttato con Benvenuto umano che è un lavoro che ha chiuso un progetto decennale sulle eterotopie e dopo questo primo blocco decennale (Collettivo cinetico nasce nel 2007, ndr) stiamo proseguendo una ricerca legata al corpo dello spettatore, una ricerca sullo sguardo e sul meccanismo della fruizione.
Anche la musica in Sylphidarium è importante?
La musica originale di Francesco Antonioni è un elemento fondamentale dello spettacolo. La collaborazione è stata una grandissima risorsa per questo lavoro che è a tutti gli effetti un lavoro di danza e musica. E' stato un dialogo costante, un rimbalzo costante di materiale grezzo coreografico e musicale, in alcuni parti è stata creata la musica sulle coreografie come se fosse una musica da film e in alcuni casi l'inverso. Ci siamo nutriti a vicenda e spostati a vicenda un po' più in là rispetto a dove eravamo. Le musiche di Francesco sono un elemento estetico concettuale fortissimo e anche energetico perché ha avuto il pregio, non scontato per un compositore di musica contemporanea complessa e raffinata, di essere anche estremamente energica e godibile pur nella complessità sia ritmica sia di sfumature.
Sylphidarium ha ricevuto una doppia candidatura ai Premi Ubu sia come miglior spettacolo del 2017 sia come migliori musiche originali.
Collettivo cinetico continua il suo tour con altri balletti per l'Italia e l'Europa: clicca qui per vedere quando e dove.