AL MANZONI DAL 4 AL 16 GENNAIO

Con Salemme va in scena la "napoletanità": "Ridere, anche dietro una FFP2, ci rimette in contatto gli uni con gli altri"

Al Teatro Manzoni di Milano, dal 4 al 16 gennaio, "Napoletano? E famme 'na pizza'" 

di Antonella Fagà
03 Gen 2022 - 09:34
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© Federico Riva
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"Essere napoletani è una vera impresa". Ne è convinto Vincenzo Salemme, che, nella sua "casa milanese", come la definisce lui stesso, ovvero il Teatro Manzoni di Milano, dal 4 al 16 gennaio, con "Napoleteno? E famme 'na pizza'", porta in scena proprio la napoletanità, con tutti i suoi clichè e luoghi comuni. Uno spettacolo con cui l'attore, commediografo, sceneggiatore e regista torna a far ridere il pubblico: "Ridere ristabilisce un contatto tra gli esseri umani, soprattutto in un periodo difficile e di distacco come questo... E anche dietro le mascherine FFP2 è un grande gesto di comunicazione", spiega l'artista: "La risata è forse il modo più bello di manifestarsi da parte di Dio".
 

"Napoletano? E famme ‘na pizza!'" è uno spettacolo che nasce dal libro scritto da Salemme uscito con lo stesso titolo agli inizi di marzo. Titolo che fa riferimento ad una battuta di un personaggio di una sua commedia teatrale,  che chiede al fratello di dimostrare la sua presunta napoletanità facendogli una pizza.
"E sì, perché ogni buon napoletano deve saper fare le pizze, deve saper cantare, deve essere sempre allegro, amare il caffè bollente in tazza rovente, ogni napoletano che si rispetti deve essere devoto a San Gennaro, tifare Napoli, amare il ragù di mammà... e via così con gli stereotipi che rischiano di rendergli la vita più simile ad una gabbia che ad un percorso libero e indipendente", racconta Salemme: "Ma, allora, io che sono nato in provincia, a 30 km da Napoli, posso dichiararmi napoletano doc? Io che da bambino avevo paura di Napoli perché il proverbio recitava: “Vedi Napoli e poi muori!”, io che per recitare il teatro napoletano ho dovuto imparare a nascondere l’accento del mio paese, Bacoli, io che ho una casa a Roma, posso dichiararmi napoletano a tutto tondo? Questa è la domanda che ha ispirato lo spettacolo".

"Napoleteno? E famme 'na pizza'" fonde le due opere precedenti di Salemme, 'Una festa esagerata' e 'Con tutto il cuore'.

"Il filo conduttore è la napoletanità, dal caffè alla pizza. Ci si interroga su quanto tutte queste tradizioni e questa cultura così prepotente a volte possano diventare una prigione", spiega Salemme che è regista, autore oltre che interprete della commedia. "Ed è proprio da questa prigione che bisogna fuggire.  Io auguro a tutti i giovani che sono nati a Napoli di sentirsi liberi senza per forza dover rinnegare le proprie tradizioni. La napoletanità non deve trasformarsi in un guscio, una corazza, non deve impedire di comunicare con altre culture. Essere napoletani non è un deterrente e non deve essere un motivo di chiusura".

Prigione dalla quale Salemme stesso ha cercato di evadere fin dall'inizio del suo percorso artistico: "Un filosofo mille anni fa diceva che noi siamo nani che camminano sulle spalle di giganti. Per me questi giganti sono Totò, Eduardo, Peppino, Troisi...Ma il cinema negli anni Sessanta era un linguaggio universale e sono cresciuto con una cinematografia che non era solo Totò. Io sono italiano e europeo. C'è la tradizione napoletana, c'è Troisi, ma credo di avere assorbito anche altro. Non credo che incontrare altre culture significhi tradire la propria. Mi piace anche Woody Allen. Per me il punto di riferimento della comicità ad esempio sono Stanlio e Ollio".

E se bisogna trovare un difetto dell'essere napoletani allora Salemme non ha dubbi: "Non mi piace quando la cultura napoletana si auto celebra". 

Da gennaio, il tour ripartirà con regole più rigide e l'obbligo d'indossare la mascherina FFP2, ancora a causa del covid. "In uno dei miei ultimi spettacoli ho fatto un selfie con il pubblico e la metà la indossava...", racconta Salemme: "Ho già fatto venti spettacoli, tutti con la mascherina. Il primo giorno quando ho sentito una risata fragorosa, seppur dietro le mascherine mi sono commosso. Perché devo confessare che in questi due anni il pubblico mi è molto mancato e ho avuto paura di non esistere più". 

La riapertura dei teatri, pur con le necessarie limitazioni, è stata quindi un sollievo per Salemme: "Siamo 6 tra attori e attrici più 7 tecnici, una ventina di famiglie che si fermano. Per cui il pensiero ce l'ho avuto per tutta la pandemia, tanto che nello spettacolo faccio entrare con un escamotage anche una parte dei tecnici", racconta l'artista campano. 

La pandemia si è abbattuta anche sul cinema, i cui incassi in Italia sono colati a picco durante il Natale. La soluzione per risollevare il cinema? Salemme spiega che bisognerebbe prima capire perché si è spenta la luce tra i film e gli spettatori... "Mi preoccupa tanto. Amo il cinema e una vita senza il cinema è molto più triste".

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