È nelle librerie "Il diavolo mi ha venduto l'anima", l'autobiografia della cantante dei Lacuna Coil. Tgcom24 ne ha parlato con lei
di Massimo Longoni© Ufficio stampa
È una delle cantanti metal più famose al mondo ed è italiana. Due eccezionalità al prezzo di uno per Cristina Scabbia, cantante dei Lacuna Coil che in "Il diavolo mi ha venduto l'anima" (Sperling & Kupfer) racconta un pezzo importante della sua vita. Non chiamatela autobiografia, perché il libro in questione è qualcosa di diverso e, in qualche modo, di più. "In realtà è una serie di racconti - spiega la cantante -. Volevo parlare ai lettori come farei se fossi in un bar a caso, al bancone con uno sconosciuto, per raccontare un po' come sono arrivata a fare quello che faccio. Volevo che fosse sì la mia storia ma anche qualcosa di motivante per tutti quelli che hanno un sogno, hanno paura di buttarsi, di provarci".
Classe 1972, milanesissima, milanistissima e fieramente attaccata alle sue radici di ragazza di periferia (anche dopo il successo ha acquistato casa nel quartiere in cui è cresciuta), Cristina Scabbia dal 1999 (anno di pubblicazione di "In a Reverie", album di esordio dei Lacuna Coil) a oggi, si è guadagnata uno spazio riservato a poche nel mondo del metal, tradizionalmente dominato da personaggi maschili. E se lo è guadagnato a suo modo: senza scandali, senza puntare su estetica o provocazioni, ma con il lavoro, la voce e la serietà. Un atteggiamento che emerge anche dalle pagine di questo libro, costruito in maniera anomala rispetto a una classica autobiografia. Più che esporre la propria vita in un racconto cronologico Cristina porta all'interno del proprio mondo, ricordando qualche momento decisivo della propria carriera ma soprattutto disegnando spaccati della sua vita di famiglia, aprendo il proprio cuore su momenti dolorosi e privati ma anche dando consigli pratici di vita quotidiana come si farebbe con un amico.
Come mai questo era il momento giusto per scrivere questo libro?
Ormai era qualche anno che mi corteggiavano per fare qualcosa del genere ma non trovavo mai la chiave giusta, anche perché l'autobiografia dei Lacuna Coil esiste già e ricopre più di metà della mia vita. Quindi mi sono detta: cosa posso raccontare? In effetti non ho mai raccontato come mi sono avvicinata la musica, come gestisco le pressioni, la popolarità e la normalità alla vita di tutti i giorni. E comunque vero che è un racconto anomalo: il ragazzo che mi ha aiutato a riordinare tutti i ricordi mi ha detto che l'autobiografia meno "sborona" alla quale abbia mai lavorato.
È stato difficile capire cosa mettere e cosa escludere da questo libro?
Sì, proprio perché ci sono dei momenti che per me sono sacri e che non sacrificherei mai per magari metterci quelle frasi che poi acchiappano il lettore che è alla ricerca di gossip, di nomi grossi. Queste cose non le ho mai fatte e non fanno per me. Però è stato difficile più che altro come tempistica, perché l'ho dovuto mettere insieme fra un video e l'altro, una registrazione e un altro lavoro. Parlavo di cose che stavo facendo, magari mi stavo recando a fare un video in Svezia e scrivevo sull'aereo. Poi tornavo a casa e magari, dopo una giornata di registrazioni, a letto buttavo giù delle idee sul cellulare. È stato difficile più che altro mettere insieme i ricordi che a volte andavano molto indietro e altre erano piuttosto ravvicinati
Un andare avanti e indietro nel tempo che si riflette nella struttura del libro...
Non volevo che fosse un pipone, ma una cosa fresca, che si leggesse velocemente. Il mio desiderio era fare entrare i lettori nel mio mondo senza proprio fare il tomone "so tutto io".
E allora entriamo nel tuo mondo. Racconti che il tuo primo approccio con il mondo musicale è stato come corista per produzioni dance. Ma già all'epoca amavi il metal?
No! A casa mia, nonostante io sia l'ultima di quattro fratelli e i miei fratelli ascoltassero musica, di metal in realtà non ce n'era. C'era del rock, magari che un po' più pesante, c'erano gli Ac/Dc. Però i miei ascolti erano veramente super vari perché andavano dalla musica elettronica al dark degli anni 80, ascoltavo i Genesis, Jean Michel Jarre, Led Zeppelin, Guccini... veramente di tutto e di più, ma di metal non ce n'era.
Qual è stata la scintilla che ti ha fatto innamorare di questo genere?
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Mi sono avvicinata al metal a fine 1993, quando un'amica mi ha portato in un locale milanese che si chiamava Midnight, che adesso non c'è più. Lì la musica che faceva da sottofondo alle serate era metal e mi sono innamorata più della parte dark di questo tipo di musica: gruppi come i Type o Negative e i Paradise Lost, poi sono andata più sul classico con Iron Maiden, Helloween, mentre poco prima avevo ascoltato in Metallica perché all'epoca erano tra i gruppi più conosciuti. Avevo già avuto una piccola infarinatura, quel paio di canzoni che ti fanno ti fanno girare la testa e dire "ma questo è bello! Cos'è?". E ho scoperto che c'era un altro genere musicale che non conoscevo che mi provocava veramente mi procurava delle bellissime sensazioni. Perché a me la musica deve emozionare.
Così hai iniziato a esplorare?
Ho cominciato a fare un po di ricerca perché ai tempi non c'erano le piattaforme streaming o YouTube, dovevi andare a tu a cercare la musica che volevi. Mi sono fatta prestare cd e cassette dei miei amici, ho cominciato ad ascoltare la musica di questo locale e ho scoperto delle band che non conoscevo prima e mi sono completamente innamorata di questo genere musicale.
Al punto che poi quando ti è arrivata l'offerta di cantare in una band metal l'hai presa al volo...
Sì, perché mi piaceva. Quello che facevo prima era comunque in solitaria, non avrei mai pensato di farne una carriera. Io ho sempre amato cantare, l'ho scritto anche nel libro, ma non ho mai sognato di fare la rockstar. È una cosa che mi è un po' capitata nella vita, perché non erano le mie intenzioni essere sotto i riflettori o sgomitare, non sono una persona egocentrica che ha bisogno di stare al centro dell'attenzione. Semplicemente amavo follemente cantare e quando ho incontrato il gruppo giusto con il quale lavorare e che scriveva comunque musiche che mi piacevano tantissimo ho deciso di partecipare, era come andare in giro con una seconda famiglia. E di fatto lo è diventata: ormai ho passato più tempo con i Lacuna Coil che con la mia famiglia di sangue.
Nel libro parli più volte della tua mania del controllo: anche questa ti ha permesso di evitare lo stereotipo della rockstar maledetta?
In questi anni soprattutto di tour americani ne ho viste veramente di ogni. Però una cosa che mi ha sempre contraddistinta è stata il non abusare di certe sostanze. Senza che questo fosse un rifiuto da anti rockstar oppure per fare quella che adesso si definisce "straight edge" anche se forse lo ero senza neanche capirlo. Per me questa scelta era dettata da altre cose: per esempio non esageravo nell'alcol perché per me era fondamentale avere la voce in forma per il giorno dopo, per rispetto di quelli che sarebbero venuti allo show. La mia mania del controllo poi è finalizzata al fare le cose come preferisco io. Perché mi piace presentarmi al 100%, con i miei pregi e i miei difetti. E quindi l'unico modo per farlo è controllare da vicino quello che fai e quello che dici. In questo modo non hai rimpianti. È lì che scatta la mia mania del controllo, che a volte mi fa stancare molto, perché occuparsi di tutto da vicino è stancante, a volte sarebbe più giusto delegare, però a me piace dare una rappresentazione reale di me e quindi preferisco stancarmi ma lo faccio.
"Angeli custodi" è un capitolo particolare di questo libro: racconti un periodo doloroso della tua vita, quello della perdita dei tuoi genitori. Perché hai voluto rendere pubblico un momento così privato?
È stato difficile perché forse quella è proprio la parte più privata e delicata della mia vita in generale. I miei genitori erano le persone che amavo proprio di più nell'universo. Eravamo sempre in contatto, ci sentivamo tutti i giorni nonostante la distanza e ho cercato per quanto ho potuto di stargli più vicino possibile. Però volevo che questo capitolo fosse non solo un omaggio d'amore nei confronti dei miei genitori, ho voluto che venisse raccontato questo amore profondissimo e spero che in qualche modo aiuti tutti coloro che stanno attraversando questo momento che prima o poi dobbiamo affrontare tutti, è il ciclo della vita. Volevo che aiutasse chi sta soffrendo per una situazione simile e far capire che l'importante è viversi al massimo il presente per non avere rimpianti ed è importante dire tutto quello che si pensa, circondarsi di amore e rispettare la famiglia, soprattutto se la famiglia ci ha circondati di amore.
Scrivere quel capitolo ti è servito anche a razionalizzare quel dolore?
Sono cose che non si superano, diventano parte di te. Capisci che le devi accettare, perché sono avvenimenti che non puoi controllare, sono al di là del tuo potere, e capisci che devi semplicemente portare il ricordo, devi onorare ogni giorno attraverso le scelte che fai, e che tu sei quello che sono i tuoi genitori. Porti avanti la legacy e vai avanti fiero.
Per concludere: davvero nella tua vita non ci sono momenti trasgressivi che avrebbero dato pepe al racconto?
Di cose assurde nella mia vita ce ne sono state talmente tante... ma tante le voglio anche tenere segrete perché secondo me non è neanche giusto raccontarle tutte o mancare di rispetto a persone che potrebbero venire citate ma non cito e alcuni ricordi insomma vanno protetti e alcuni insomma che è possibile condividere vanno detti ma la "normalità" forse oggi è la cosa più speciale che ci sia, in un mondo in cui tutti sgomitano per fare i particolari io faccio già una vita particolare non ho bisogno di essere esagerata anche nella vita di tutti i giorni.