In tour dal 2021, oggi al Piccolo Teatro Grassi di Milano, la regista romana porta in scena ambientalismo e relazioni umane
di Roberto Ciarapica© Ufficio stampa
Con quel titolo che è già una recensione - "Darwin inconsolabile" (un pezzo per anime in pena) - lo spettacolo di Lucia Calamaro (in tour in Italia da oltre un anno e in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano fino a domenica 6 novembre) arriva dritto al cuore, degli spettatori e del problema. In un teatro interamente, innaturalmente, illuminato da una luce fredda, come quella del supermercato (in cui si svolge la prima scena) o di una corsia d’ospedale, Darwin inconsolabile è una specie di saggio - amaro e ironico, brillante e cupo - sulle sempre più precarie condizioni del nostro pianeta e, al tempo stesso, dei suoi abitanti e delle loro relazioni. Una madre-terra che si finge morente, come certi animali braccati dai predatori, per provare a risvegliare l’attenzione dei propri figli-abitanti.
Nella metafora ambientalista di questa famiglia “ego-insostenibile” - composta da una mamma dedita all’arte (Maria Grazia Sughi da applausi) e da tre figli egoisti e distratti (un'ostetrica, Simona, un maestro elementare, Riccardo, e un'artista performativa, Gioia, che indaga il prospettivismo amazzonico e le teorie dell’interspecie, sentendosi più vicina al mondo vegetale che a quello animale) - tutto ruota intorno a un manoscritto, un testo inedito dell’Origine della specie di Charles Darwin citato da Borges in un’intervista a Bioy Casares, quest’ultimo ex amante della madre, oggi depositaria del manoscritto stesso.
Un lavoro in cui Darwin rivelerebbe il prossimo salto evolutivo: quello dall’uomo all’elefante, animale capace di un altruismo sconosciuto. Aspettando questo auspicabile scarto, “di apocalisse in apocalisse… si tira avanti”, confessa Riccardo, sbeffeggiando la cecità dell’essere umano di fronte alla distruzione del mondo. "L'ambientalismo senza rivoluzione è giardinaggio", continua l’unico maschio in scena (il personaggio più riuscito), citando Chico Mendes. “Pensare è meglio di dire, ma talvolta non dire è come non pensare”, è invece la chiosa inascoltata della madre, subito prima di un finale buio. E inconsolabile.