L'inedito racconto sarà nei cinema italiani il 25, 26, 27 ottobre
Un rapporto speciale tra un padre e un figlio, il loro sentire, il passaggio di testimone. Presentato come evento speciale alla 78esima Mostra del cinema di Venezia arriva un nuovo tributo a Fabrizio De André, "DeAndré#DeAndré - Storia di un impiegato". Diretto da Roberta Lena, arriva nei cinema italiani solo per tre giorni: il 25, 26, 27 ottobre. E' l’omaggio musicale e personale di un figlio all’eredità artistica umana e politica di un grande poeta, testimonianza di un rapporto d’amore profondo. Il film si basa sul racconto di Cristiano De André che ha riproposto al pubblico italiano, in un tour durato due anni, il concept album “Storia di un impiegato”, capolavoro quanto mai attuale del padre. Tgcom24 vi offre una clip esclusiva.
Il film è un percorso musicale e visivo attraverso quei concerti dal vivo, repertori di lotte sociali, memorie storiche, familiari e filmati inediti. Un intreccio di storie dove aspirazioni e aneliti di libertà dell’impiegato, convivono con quelli della vita personale e musicale di Cristiano in un discorso sul nostro contemporaneo. La Sardegna più che uno sfondo è luogo del cuore dove emergono i ricordi del passato e le voci del presente. Una sorta di biografia, attraverso il rapporto, fino ad arrivare a un riconoscimento simbiotico.
L’ALBUM “STORIA DI UN IMPIEGATO” - "Storia di un impiegato" è il sesto disco di Fabrizio De André, pubblicato il 2 ottobre 1973. La storia è quella di un impiegato che, nel 1968, dopo aver ascoltato un canto del Maggio Francese, sente il desiderio di ribellarsi, ma quando ne prende coscienza ormai è troppo tardi, si è escluso da solo. Nei sogni esplode la sua esigenza di libertà ma dopo il primo, un ballo in maschera dove, in un atto di estremo individualismo, fa esplodere tutti i suoi archetipi culturali compreso il padre. Il giudice non lo condanna, bensì̀ lo fa entrare a far parte del gioco del potere. Gli viene offerto proprio quel posto che era stato del padre, dentro al quale però si ritrova ben presto in una spirale di dissoluzione. Il senso di riscatto con cui si risveglia lo porta a compiere un atto estremo, facendogli provare l’esperienza fallimentare della violenza, in un gesto che lo rende addirittura ridicolo: invece del parlamento fa esplodere un’edicola di giornali. Lo sbattono comunque in galera dove con un ricordo d’amore mette a nudo alcune sue frustrazioni individuali. È proprio in carcere che arriva la presa di coscienza del bisogno di una lotta comune a testimoniare un io che diventa noi.