Dal 13 febbraio esce in Italia il secondo film del regista coreano, targato 2003
Lo straordinario successo agli Oscar di "Parasite" ha sdoganato finalmente il cinema di Bong Joon-ho. Così ora si pesca dal suo passato e arriva al cinema dal 13 febbraio l'inedito "Memorie di un assassino", uscito nel 2003 (e che Tarantino definì "un capolavoro"), un intreccio di generi e toni, dal thriller al ritratto sociale (come "Parasite"). Il "dramma investigativo molto realistico", come lo descrive lo stesso regista, è basato sulla vera vicenda che ha circondato la prima serie di omicidi seriali documentata in Corea del Sud. Tgcom24 vi offre una clip esclusiva.
In un piccolo villaggio, nel 1986, viene trovata una giovane donna brutalmente assassinata. Partono le indagini da parte della più inetta e confusa polizia locale ancora ammantata dai metodi spicci del recente regime che vive ancora nel dna di tutti i poliziotti. Le cose si complicano quando gli omicidi si susseguono e si capisce che ci si trova di fronte a un serial killer. Due poliziotti locali, tanto brutali quanto impreparati, indagano con mezzi poco ortodossi sugli omicidi. Si unirà a loro un terzo detective, in arrivo direttamente da Seul. Penserà di poter risolvere il caso ma, fra errori e false piste, verrà trascinato negli abissi di un’indagine senza apparente risoluzione.
La trama è ispirata alla storia vera del primo omicida seriale della Corea del Sud: un uomo che commise i suoi crimini fra il 1986 e il 1991, spesso associato allo statunitense killer dello zodiaco (durante le indagini vennero interrrogati 3000 sospettati, parteciparono 300mila agenti, nessuno fu arrestato). "Memorie di un assassino" è il secondo film di Bong Joon-ho, per la rivista inglese Sight&Sound "uno dei film chiave del primo decennio del XXI secolo", e premiato nel 2003 per la sceneggiatura al Festival di Torino. Il regista sudcoreano poi impressionò i critici con il notevole "The Host" per poi dirigere "Madre", successivamente il suo primo film in lingua inglese, "Snowpiecer", "Okja" per Netflix, e infine arrivare a "Parasite".
Il regista ha spiegato che il film "è un dramma investigativo molto realistico e decisamente coreano. Non ci sono così eleganti detective in stile FBI con giacche di pelle e occhiali da sole scuri come quelli che si vedono di solito nei film americani. L'abbinamento di un poliziotto cittadino e un poliziotto di campagna potrebbe sembrare a prima vista una scelta convenzionale, ma persino l'investigatore che viene dalla capitale non corrisponde all'immagine di un detective di città che ama i rompicapi". Bong Joon-ho ha poi chiarito: "Non è insomma un thriller classico che mette insieme tutti i tasselli di un puzzle come è nel più tradizionale dei film hollywoodiani, ma piuttosto è descritta in modo molto realistico la rabbia e la follia di questi due investigatori che vogliono disperatamente catturare l'assassino, ma non riescono a farlo".
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